Delirio e coscienza
Il delirio può essere inteso come una costellazione di caratteristiche che possono essere organizzate in segni oggettivi e sintomi soggettivi.
“Affrontare un fatto terrificante, così com'è, ossia il delirio, nella sua angosciosa volatilità, nel suo contenuto elusivo, apre un orizzonte temporale tra il significato ed il nulla.” J.M. FitzGerald
Comprendere il contenuto del delirio può rivelare una comprensione superiore della sua fenomenologia generale, in particolare se si vuole migliorare l'attuale resoconto scientifico dei processi neurocognitivi che vengono meno quando subentra il fenomeno del delirio.
In teoria, il delirio può essere inteso come una costellazione di caratteristiche che possono essere organizzate in segni oggettivi e sintomi soggettivi.
L'Ego o Io, rappresenta il luogo di tutte le esperienze ed è il fulcro di ciò che si considera essere una componente chiave della nostra coscienza.
Per comprendere il legame tra le diverse caratteristiche del delirio si potrebbe procedere ad una descrizione concettuale dell'Io.
Nell'opera “L'Io e l'Es”, Freud riassume e sviluppa il concetto di Io; questo è stato teorizzato da Freud come senso dell'Io e come entità che consente all'uomo di interagire con il mondo esterno dell'ambiente ed il mondo interno della psiche.
L'Io non deve essere concepito come un'entità psicologica corpuscolata, ma come un complesso di processi psicologici che hanno dimensioni sia consce che inconsce.
L'Io è quindi un insieme coerente e appartiene ad un gran numero di funzioni psicologiche interrelate come, ad esempio, la cognizione esecutiva, l'omeostasi psicologica, linguaggio e impegno sociale, relazione evolutiva tra identificazione e archetipo del Sè.


Le priorità finali dell'Io sono quelle di “significare” il soggetto attraverso la coesione ed il significato, vale a dire che la psiche può sopportare sofferenze intollerabili indipendentemente dalla distanza dal processo di simbolizzazione.
Il più comune stato alterato di coscienza incontrato nella società è purtroppo patologico e si traduce nella parola “delirio”.
Per comprendere l'esperienza del delirio, la sua relazione con il sogno e la sottostante neurobiologia evolutiva derivata che li collega entrambi, è imperativo che l'agente psicologico dell'esperienza, l'Io, sia chiaramente compreso.
A tal fine è necessario un resoconto di ciò che viene vissuto sia dall'Io del paziente che dal professionista. La forma unitaria del delirio è quindi incoraggiata dalla separazione concettualmente contraffatta di due luoghi dell'esperienza.
L'esperienza del delirio è da tempo codificata in modo sistematico ed investigata attraverso la lente di strumenti e teorie scientificamente derivate.
Quando si analizzano pazienti con delirio si è riscontrato un rischio significativo di risultati clinici tragici e sfavorevoli che oscillano tra i focolai di morbilità e mortalità elevate.
Ma nonostante le sue vaste implicazioni per i pazienti e le componenti identificabili della sua eziologia, è mal riconosciuto e peggio ancora mal diagnosticato nella pratica clinica.
Il delirio è infatti un'entità fenomenologica complessa che è unica come la psiche che la sperimenta.
Tuttavia, le concettualizzazioni moderne del delirio sono state influenzate dagli strumenti utilizzati per valutare, rilevare ed analizzare la sua natura complessa e transitoria.
Gli studi che analizzano la fenomenologia del delirio sono stati in precedenza basati su metodi cross-section e hanno quindi presentato un'immagine statica del delirio.
Tuttavia, dato che il delirio è una condizione fluttuante e reversibile, un'analisi accurata della sua fenomenologia deve tenere conto di queste caratteristiche chiave.
Pertanto, la caratterizzazione accurata della sua natura deve basarsi su un'analisi longitudinale di essa, piuttosto che trasversale.
I disturbi dei domini cognitivi nel delirio sono stati organizzati in cognizione generale (attenzione, orientamento, labilità affettiva, memoria a breve termine e memoria lungo termine), e disfunzioni cognitive superiori (disturbo del linguaggio e del pensiero).


Sebbene l'analisi statistica abbia indicato un'organizzazione approssimativa tra cognizione generale e superiore, questi termini sono comunque molto vaghi e non sono isomorfi con i substrati neurobiologici chiaramente definiti.
In altre parole, le categorie della cognizione generale e della cognizione superiore riflettono i resoconti incompleti della cognizione, piuttosto che il riflesso di prove empiriche raccolte dalla neuroscienza contemporanea e integrate in una raffinata teoria della disfunzione cognitiva del delirio.
Pertanto, una delle componenti chiave della ricerca futura dovrebbe essere il riesame di questi domini cognitivi in termini di coscienza primaria e secondaria, nonché lo sviluppo di valutazioni basate sui processi all'interno di quelle specifiche forme di coscienza.
Tratto da “PcyhologyToday”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)