Dipendenza e attaccamento ansioso
Secondo delle recenti ricerche la presenza di un attaccamento ansioso, che innesca una particolare sensibilità al dolore di sentirsi rifiutati, si pone come fattore di rischio per la messa in atto di comportamenti autodistruttivi come la dipendenza e i disturbi del comportamento alimentare.
L’attaccamento ansioso, in cui si sviluppa un’ansia rispetto ad un possibile abbandono, solitamente si instaura quando le figure genitoriali di riferimento si comportano in modo incoerente e imprevedibile.
I bambini che presentano questo stile specifico di attaccamento hanno infatti significative e maggiori probabilità di sviluppare un’ansia da separazione.
Essi soffrono frequentemente di paure persistenti, derivanti da esperienze infantili di negligenza o abuso. Le persone con attaccamento insicuro sono infatti suscettibili ad esperienze di rifiuto, critica e disapprovazione.
L’interiorizzazione di una figura di riferimento scostante ed incoerente genera la messa in atto di atteggiamenti disfunzionali che si ripercuotono sul Sé; molto spesso persone con questa tipologia di attaccamento possono infatti asserire “Io non valgo niente se una persona che amo non mi ama”.
Questi modelli di pensiero distorti generano una maggiore vulnerabilità ed angoscia che a loro volta si pongono come fattori di rischio per i comportamenti autodistruttivi quali la dipendenza e i disturbi del comportamento alimentare.
L’attaccamento è un sistema innato che motiva un neonato a cercare la prossimità di un caregiver, soprattutto in situazioni pericolose e incerte.
La difficoltà iniziale di attaccamento e l’esperienza di abbandono e abuso dei bambini interferiscono con la maturazione del sistema cognitivo; un senso di vulnerabilità mantiene la mente di una persona in stato di allerta per le minacce e la necessità di protezione, interferendo così con la regolazione delle emozioni.
Nel tempo, le interazioni con i propri caregiver sono pensate come modellanti gli stili di attaccamento: abbiamo quello ansioso, in cui le persone hanno richieste eccessive di attenzione e cura, o evitante, quando vengono negati i bisogni di attaccamento e indipendenza.
Le persone ansiose sono molto attente rispetto ai segnali di disponibilità o di mancanza di disponibilità da parte delle figure di riferimento.


Al contrario, lo stile evitante è caratterizzato da una soppressione dei pensieri ed emozioni correlati all’attaccamento.
Gli individui evitanti si focalizzano sul distanziamento (distacco emotivo) come strategia per la regolazione delle emozioni; questi comportamenti sono reazioni naturali alla perdita o alla mancata disponibilità di una figura di attaccamento, ma una volta stabilite come strategie di coping abituali, contribuiscono a difficoltà psicologiche e sociali.
Le abitudini mentali acquisite nell’infanzia vengono successivamente messe in atto nei rapporti adulti; in tal senso, i partner tendono a essere trattati come le proprie figure di attaccamento.
Attraverso il potere della proiezione, le interazioni interpersonali iniziano a conformarsi alle loro aspettative e alle loro esperienze interne.
La ricerca mostra che nella misura in cui gli individui sperimentano il rifiuto durante i loro anni formativi, sviluppano l’aspettativa ansiosa che altri li rifiuteranno.
Questa reazione è nota come sensibilità al rifiuto, ossia tendenza a percepire anche eventi ambigui nelle situazioni interpersonali, ad esempio il partner sembra momentaneamente poco attento, come indicatori di rifiuto che innescano rapidamente reazioni difensive automatiche come la rabbia e il ritiro.
Dal momento che i soggetti con attaccamento insicuro dubitano della disponibilità e del supporto degli altri, utilizzano altre tattiche per attenuare e controllare gli effetti negativi.
Una strategia compensativa è l’attaccamento a obiettivi “non umani”, come ad esempio oggetti, coperte nel caso dei bambini, intensa religiosità e materialismo.
In altre parole, sostituiscono i rapporti con gli oggetti a quelli con le persone; ad esempio, gli adolescenti che valorizzano il successo materiale riferiscono di avere madri scarsamente presenti.
Adottano cioè valori materialistici per far fronte alla solitudine; il comportamento annesso a questo ”aggrapparsi” è stato collegato ad un attaccamento ansioso, in cui le persone acquisiscono una grande quantità di beni materiali che sovraccaricano le loro vite e causa seri disturbi.
Tuttavia, tale perseguimento di scopi estrinseci può ampliare ulteriormente la propria solitudine.
L’attaccamento ansioso è inoltre correlato all’abuso di sostanze; ad esempio, tra gli studenti universitari questo è risultato associato all’abuso di alcool per fronteggiare lo stress.
Gli individui evitanti, che tentano invece di “staccarsi” dalle loro lacune emotive e psichiche, possono utilizzare le droghe come mezzo per evitare emozioni dolore e presa di coscienza di esse.
L’ansia dell’attaccamento contribuisce anche al disturbo alimentare e all’assunzione alimentare impulsiva.
Le preoccupazioni alimentari e di peso sono quindi metodi difensivi per orientare l’attenzione sui problemi e gli obiettivi esterni e per compensare i sentimenti di impotenza, vulnerabilità e assenza di significato.


La persona con attaccamento ansioso scegli quindi la scorciatoia chimica per evitare dolori e frustrazioni, rimanendo così bloccata.
Il comportamento diventa abituale perché può solo alleviare temporaneamente i sentimenti di inadeguatezza, ma i “deficit” del Sé rimangono, e così il dipendente ri-genera quei sentimenti di vuoto.
Il tossicodipendente manca pertanto delle risorse interne atte a sostenere i sentimenti di auto-approvazione e di autostima.
Al contrario, l’attaccamento sicuro libera da tale prigionia. Secondo la teoria del “ampliare e costruire”, la sicurezza dell’attaccamento espande le risorse di resilienza di una persona per mantenere la stabilità emotiva in tempi di stress, espande le risorse cognitive consentendo alle persone di concentrarsi sulle esplorazioni e sugli altri obiettivi importanti.
In sintesi, siamo innatamente predisposti a cercare un contatto umano ravvicinato con un altro; nella misura in cui siamo privati di questo e non abbiamo la capacità di realizzare questo compito, diveniamo emotivamente carenti e vulnerabili alla dipendenza.
Gli individui con attaccamento ansioso dubitano della disponibilità e responsività degli altri, divenendo così particolarmente sensibili al dolore sociale del rifiuto.
La teoria dell’attaccamento suggerisce pertanto che i disturbi di dipendenza e quelli del comportamento alimentare siano correlati ad un attaccamento ansioso.
Soggetti affetti da tale psicopatologie potrebbero così trarre vantaggio da un approccio terapeutico che si concentra sulla gestione del controllo dell’impulso, incrementando il pensiero riflessivo e la connessione interpersonale.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)