Freud, Jung e i loro Complessi
Secondo il filosofo Smith, il quale ha analizzato e studiato la profonda amicizia tra Freud e Jung, è stata una combinazione di lesioni narcisistiche e rabbia inconscia, ossia i loro Complessi, ad averli violentemente distrutti.
Recentemente, il Dottor William Todd Shultz, Professore di psicologia presso l'Università dell'Oregon, ha concluso, in un suo recente articolo, che la ragione psichiatrica della rottura tra Sigmund Freud e Carl Gustave Jung aveva a che fare con la loro omosessualità repressa.
A tal proposito, il Dottor Stephen Diamond, Psicologo clinico e forense di Los Angeles, ritiene che tale conclusione sia più un'interpretazione freudiana eccessivamente semplicistica rispetto ad un rapporto estremamente complesso e dinamico come quello tra due uomini geniali come Jung e Freud.
Schultz ha suggerito, giustamente, che, soprattutto nel campo della psicologia e della psichiatria, le diversità teoriche sono anche il frutto di una parte significativa che non può essere ignorata, quale appunto la personalità.
Ma ciò che non menziona è proprio quanto fu lo stesso Jung a sottolineare nel suo testo “Tipi psicologici” (1921).
“questo lavoro,” scrive Jung “nasce originariamente dalla mia necessità di definire i modi in cui la mia prospettiva differiva da quella di Freud e di Adler. Nel tentativo di rispondere a questa domanda ho affrontato il problema dei tipi; è il tipo psicologico che fin dall'inizio determina e limita il giudizio di una persona”.
L'argomento fondamentale di Jung è che, come per tutti noi, la prospettiva di Freud della natura umana nasce parzialmente dalla sua propria personalità, così come per Adler e Jung stesso.
Ognuno di noi tende a vedere e interpretare la realtà attraverso la propria lente. È anche vero che Jung presentava un “complesso paterno” negativo, come lui stesso lo avrebbe chiamato. Egli soffriva inoltre di un “complesso materno” negativo.
Suo padre era un parroco Svizzero, passivo, tormentato e depresso, e Jung, sin da ragazzo, lo percepiva come un debole, pazzo, inutile e un po' femminile.
La madre di Jung soffriva di gravi problemi psichiatrici, e questo determinò in lui una profonda sfiducia in lei, nel 'femminile', e nelle donne in generale.

Nel suo eccellente ma piccolo studio biografico “The Wounded Jung: Effects of Jung's Relationships on His Life and Work” (1997), il filosofo Robert Smith ha trascorso molto tempo a studiare e descrivere l'amicizia tra Freud e Jung.
Egli si è soffermato anche sulle interpretazioni degli impulsi omosessuali sublimati di questi due uomini famosi e cita il trasferimento del “complesso del padre” di Jung e il “complesso edipico” di Freud.
È bene precisare che è stata l'influenza di Jung su Freud durante la loro profonda ed iniziale collaborazione che lo indusse ad utilizzare il termine “complesso” nella sua scrittura.
Il Dottor Diamond crede che il filosofo Smith si avvicina alla verità quando osserva che la rabbia repressa o inconscia di Jung verso suo padre era un fattore potente nella relazione con Freud e nella sua graduale dissoluzione.
La reverenza iniziale di Jung verso Freud, si tramuta poi in risentimento e rabbia, un fenomeno che si verifica comunemente in altri rapporti di transfert, siano essi clinici o personali.
In termini freudiani, Jung aveva inizialmente proiettato un transfert idealizzante su Freud e successivamente svalutante, in quanto costituente la più antica figura paterna e autoritaria.
In questo senso, potrebbe essere chiamato, un rapporto di amore-odio, intendendo l'amore e la libido come non sessualizzanti.
Il Professor Schultz riconosce la probabilità che Jung, come sospettava Freud, abbia accolto i desideri inconsci di morte verso di lui, ossia una manifestazione di ostilità repressa con un sapore Edipico diverso.
Ma, anche Freud aveva i propri complessi, nel senso che aveva una sua affettività o amore per Jung, in cui vedeva il proprio futuro e il futuro della psicoanalisi.
Anche Freud era arrabbiato, a causa della sua repressione infantile, convenientemente oscurata dalla coscienza della sua fissazione per la sessualità.
La rabbia narcisistica di Freud era infatti evidente nelle sue reazioni a qualsiasi allievo o collega che sfidava la sua autorità.

Come ha scritto Smith, all'inizio della loro amicizia professionale, “questa rabbia è stata proiettata sui loro nemici: quando la relazione divenne però stressante, la lunga repressione rabbiosa infantile esplose.. e questa rabbia per ogni parte della figura maschile alla fine arse la loro relazione”.
Era, in un'ultima analisi, una combinazione di lesioni narcisistiche e rabbia inconscia - i loro complessi – da parte di entrambi che li ha violentemente distrutti.
Ciò che risulta affascinante è che le passioni 'demoniache', primarie, hanno pervaso la loro relazione e determinato la rottura - in particolare la rabbia e il risentimento - ma senza trovare un posto particolarmente significativo nelle loro rispettive teorie.
Sorprende molto scoprire che Freud, per la maggior parte della sua carriera prolifica, abbia prestato poca attenzione al ruolo della rabbia repressa, alla rabbia nevrotica e psicotica.
Fu solo all'età di 64 anni, dopo molto anni che aveva interrotto i rapporti con Jung, nell'opera “Al di là del principio di piacere”, che intese Thanatos, l'Istinto di morte, come aggressività distruttiva.
Si trattò di una concessione che, fino a quel momento, come sosteneva Jung, fu limitata dalla sua 'fissazione' cronica sulla sessualità infantile.
Quanto a Jung, nonostante il suo rifiuto della teoria sessuale Freudiana, insieme a molte altre legittime differenzi di opinioni, egli non ha mai ritenuto necessario parlare o scrivere direttamente sul ruolo centrale dell'aggressività e della rabbia nell'eziologia e trattamento dei disturbi mentali.
Chiaramente, conclude il Dottor Diamond, gli uomini più brillanti e profondi presentano sempre un posto cieco (un complesso) riguardo ai potenti effetti della collera e della rabbia, soprattutto in sé stessi.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro