Il contributo dei Baranger alla teoria del campo
Willy e Madeleine Baranger hanno concepito la situazione analitica come un sistema a due persone, in cui nessuna delle parti potrebbe essere concepita senza l'altra, dal momento che sono inevitabilmente legate e complementari. Questo sistema prende il nome di campo dinamico.
Attualmente esistono diverse teorie sul campo psicoanalitico. Tutte sono derivate – volontariamente o involontariamente, ma di solito senza riconoscerlo – dallo studio pioneristico di Sàndor Ferenczi sull'interdipendenza e la mutualità nel transfert-controtransfert e dai concetti olistici introdotti dalla teoria della Gestalt.
Ma la concezione della situazione analitica come campo dinamico fu indubbiamente introdotta esplicitamente da Willy e Madeleine Baranger nel loro articolo del 1961/1962, che fu tradotto e pubblicato solo in inglese nel 2008.
Questo testo mostra chiaramente l'impronta di due dei loro insegnanti presso l'Argentine Psychoanalityc Association, Enrique Pichon-Rivière e Heinrich Racker, così come i concetti della Gestalt del filoso francese Maurice Merley-Ponty, che Willy aveva incorporato durante i suoi studi filosofici in Francia.
Nondimeno, il risultato di questa combinazione era chiaramente il loro, poiché era basato sulla pratica e sull'esperienza della psicoanalisi.
La loro affermazione fondamentale era che la situazione psicoanalitica non doveva essere concepita come l'esperienza solitaria ed il discorso di una persona nel tentativo fallito di stabilire una relazione con un altro neutrale, passivo e anonimo - l'analista - che fornisce una schermata vuota per la proiezione del mondo interiore del paziente.


Al contrario, l'analista è molte presente e le due parti sono reciprocamente correlate in modo tale da non poter essere concepite senza l'altra.
I minimi dettagli dell'ambiente in cui si svolge l'incontro analitico, la disposizione e l'arredamento dell'ufficio - ciò che potremmo chiamare la scenografia, i mobili e gli oggetti scenici della scena analitica -, il contratto analitico e molti altri elementi contestuali rimangono taciti fino a quando una svolta inaspettata del processo richiede una loro interrogazione, favorendo così una nuova organizzazione e dinamica del campo.
In un saggio successivo, scritto insieme a Jorge Mom e letto durante il Congresso psicoanalitico latino-americano del 1978, tenutosi a Città del Messico, hanno sottolineato come anche le teorie dell'analista fossero un fattore nel campo che potrebbero contribuire alla creazione di resistenze bipersonali inconsce, che in Spagna prendono il nome di “bastione” o “baluardo, che va a rappresentare un patto inconscio tra analista e analizzando di non parlare di alcuni aspetti dolorosi e conflittuali della vita del analizzando – sia interiore che esteriore – e della loro relazione reciproca.
Questa formulazione è stata tuttavia limitata in alcuni dei loro successivi contributi.
In un altro articolo scritto nel 1983, chiamato “Processo e non processo nel lavoro analitico”, essi sottolinearono che i fenomeni del campo caratterizzati da “identificazioni proiettive incrociate e reciproche... potevano solo applicarsi, e senza grande precisione, a stati estremamente patologici del campo: un campo caratterizzato da una simbiosi invincibile tra i due partecipanti, o dal parassita annientatore dell'analista da parte del analizzando”.
Ciò implica che è in atto un processo regressivo, che offusca l'asimmetria necessaria e blocca il processo di avanzamento.
In questi casi, l'analista deve essere in grado di far subentrare un “secondo sguardo” per liberarlo dall'organizzazione simmetrica transfert-transfert del campo e ripristinare il processo psicoanalitico attraverso l'interpretazione.
È difficile capire perchè si siano spostati da un'iniziale affermazione rivoluzionaria che affermava l'universalità dei fenomeni del campo, ad una posizione più conservatrice che sembrava ripristinare la visione convenzionale della psicoanalisi come intervento tecnico da parte di un esperto.
Forse erano preoccupati da possibili ripercussioni rispetto alla loro radicale revisione della teoria clinica.
In effetti, la teoria del campo implicava il tipo di mutualità tra analista e analizzando sottolineate dalle ultime indagini di Ferenczi, che è sempre stata - e lo è tuttora – inaccettabile per la visione psicoanalitica classica.
In ogni caso, ad oggi si riconosce non come un processo interno favorito dall'interpretazione dell'analista, ma come una riemergente riorganizzazione del campo, risultante dal dialogo psicoanalitico.
Volendo concludere, ad oggi, non vi è dubbio dell'importanza e dell'attualità dei Baranger, in quanto sono stati promotori di una nuova concezione teorico-pratica della situazione analitica intesa come un sistema a due persone, in cui nessuna delle parti potrebbe essere concepita senza l'altra, dal momento che sono inevitabilmente legate e complementari.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro