L'uso del tocco in psicoterapia
L'uso del tocco in psicoterapia è indubbiamente un argomento controverso, ma, contrariamente alla psicoanalisi, altre forme di psicoterapia ritengono che l'utilizzo clinico del tocco possa favorire benefici al percorso terapeutico.
L'uso del tocco in psicoterapia è un argomento controverso. Freud ha usato il tocco nelle sue prime opere, ma in seguito lo ha 'denunciato', sottolineandone i pericoli nel momento in cui esiste un intenso transfert.
Da allora, psicoanalisti, avvocati, gestori del rischio ed esperti di etica hanno consigliato agli psicoterapeuti di escludere il contatto come parte della terapia del linguaggio, perchè potrebbe rappresentare un “terreno scivoloso”.
La denominazione di “terreno scivoloso” che ha dominato la pratica attuale deriva dalla mancanza di distinzione teorica nella letteratura psicoanalitica tra il tocco educativo ed il tocco sessuale.
Ma è proprio quella distinzione che conta in una discussione riflessiva sull'uso del tatto da parte di uno psicoterapeuta.
Nella prima metà del XX° secolo, i teorici delle relazioni oggettuali come Rank, Klein, Fairbairn e Winnicott, spostarono l'attenzione sullo sviluppo pre-edipico e aprirono una porta per differenziare tra il contatto sessuale ed i primi bisogni evolutivi attraverso un tocco rilassante.
L'attaccamento
Harlow e la sua famosa ricerca con i piccoli cuccioli di scimmia Macaco, seguito da una lunga serie di ricerche sull'attaccamento infantile hanno ulteriormente migliorato la nostra comprensione dell'attaccamento ed il bisogno di contatto fisico per fornire conforto e regolazione degli affetti nei bambini.

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La ricerca sull'attaccamento,per non parlare dell'intuizione, convalida che quel tocco è fondamentale per uno sviluppo sano, specialmente nell'infanzia.
Attualmente, le psicoterapie corporee usano il tocco all'interno dell'esperienza terapeutica. Come questa, anche altre psicoterapie corporee come quella Reichiana e Bioenergetica, usano il tatto come loro strumento principale nella psicoterapia, in quanto ne colgono il valore ed i benefici che produce.
Inoltre, gli psicoterapeuti esperienziali toccano regolarmente i pazienti come quando picchiettano sulle ginocchia di un paziente durante l'elaborazione dell'EMDR, premendo sullo stomaco di un paziente per “prendere il sopravvento”, o spingendo il paziente contro le mani del terapeuta per sperimentare la fisicità di stabilire dei confini come nell'esperienza somatica.
Inoltre, alcuni psicoterapeuti riferiscono di toccare i loro pazienti quando questo inizia ad insultarli o metterli in imbarazzo.
Esempi di questo tipo di tocco casuale includono un abbraccio spontaneo, una stretta di mano, il dare il cinque come dimostrazione di sostegno.
La maggior parte degli psicoanalisti è fortemente contraria a qualsiasi forma di contatto terapeutico. Tuttavia, molti altri supportano l'uso clinicamente appropriato del tatto.
La letteratura è colma di vantaggi, svantaggi, linee guida e contenuti utili. Una ricerca e revisione della letteratura offre una vasta gamma di articolo sull'uso del tocco in psicoterapia.
Zuer e Nordmarken (2011) hanno scritto un documento esaustivo sulle considerazioni cliniche, etiche e legali del tocco in psicoterapia.
Danno o guarigione
Il tocco, come tutti gli interventi psicoterapeutici, può produrre sia danni che favorire la guarigione.
Rothschild ritiene che, in alcuni casi, un tocco giudizioso sia utile qualora vi sia un accordo tra il cliente ed il terapeuta.
È fondamentale pensare prima di agire, comprendere le implicazioni controtransferali e transferali, bilanciare i potenziali benefici e danni, e fare scelte cliniche sagge.
Sondaggi di clienti che hanno sperimentato il contatto con lo psicoterapeuta indicano che il tocco ha rafforzato il loro senso di cura e coinvolgimento nella terapia.
I risultati inoltre “supportano l'uso giudizioso del contatto con i clienti che manifestano il bisogno di essere toccati, o che chiedono un contatto confortante o di sostegno”.
Vi è anche una tesi secondo cui non usare il tocco quando necessario potrebbe ostacolare la guarigione o addirittura causare danni.
Per i pazienti a cui è stato negato un adeguato affetto fisico o che sono stati completamente trascurati, l'ignorare questi bisogni di 'sviluppo' per il benessere fisico e mentale, quando necessario e/o richiesto, potrebbe essere interpretato come una rappresentazione del trauma originale.
Invece di una regola generale contro il tocco, un modo migliore di pensare al tocco potrebbe essere quello di procedere con il paziente verso la trasformazione e la guarigione, piuttosto che la traumatizzazione.


Ron Kurtz, promotore della Hakomi Therapy ritiene che “se uno psicoterapeuta fornisce il giusto nutrimento di cui il paziente ha veramente bisogno, il paziente accetterà solo ciò che è necessario e quando pieno di nutrimento passerà dalla dipendenza all'esplorazione del mondo in generale”.
In altre parole, fornire ciò che è veramente necessario porterà ad uno sviluppo naturale e continuo.
Con questo non si vuole certo incoraggiare ogni psicologo o psicoterapeuta a fare un uso del tocco superficiale.
Il tocco è uno strumento potente e chiunque decida di usarlo in modo terapeutico deve
essere altamente qualificato per garantire un'esperienza terapeutica.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro
Bibliografia
- Harlow, H. F., Harlow, M. K., & Suomi, S. J. (1971). From thought to therapy: Lessons from a primate laboratory. American Scientist, 59, 538-549.
- Kurtz, R. (1990). Body- centered psychotherapy: The Hakomi method. Mendocino, CA: LifeRhythm Books.
- Zur, O. & Nordmarken, N. (2011). To touch or not to touch: Exploring the myth of prohibition on touch in psychotherapy and counseling