La Psicoterapia può “riparare” il DNA?
La psicoterapia è in grado di invertire l’aumento dei livelli endogeni di rottura di DNA nei soggetti con Disturbo post-traumatico da stress, riportandoli ad un livello normale.
Precedenti ricerche hanno rivelato un’associazione tra stress traumatico e incremento del rischio per lo sviluppo di numerosi disturbi, incluso il cancro.
Ad un livello molecolare, lo stress può incrementare il processo di carcinogenesi, ossia la trasformazione di cellule normali in cellule cancerose, attraverso una mutazione del materiale genetico che risulta danneggiato e che altera i meccanismi di riparazione del DNA.
Eventi di vita traumatici possono dar vita al disturbo post traumatico da stress, che è caratterizzato dalla presenza di ricordi intrusivi dell’evento traumatico, ipervigianza, ed evitamento di tutti quegli stimoli associati al trauma.
L’esperienza traumatica e il disturbo post-traumatico da stress sono associati con un invecchiamento prematuro delle cellule del sistema immunitario, del plasma sanguigno e del DNA estratto tramite tamponi boccali, determinando una maggiore morbidità fisica e spesso elevata mortalità per numerosi disturbi, incluso il cancro.
Un sistema ben consolidato regola il danno al DNA attraverso il recettore adrenergico β2, stimolato dalle catecolamine beta adrenergiche.
Nel caso di un evento particolarmente traumatico, lo stress può aumentare il danno al DNA e compromettere i meccanismi di riparazione di quest’ultimo, attraverso una disregolazione dei glucocorticoidi e delle catecolamine, come osservato in individui con Disturbo post-traumatico da stress.
Per maggiore chiarezza le catecolamine sono composti chimici idrosolubili, legate in buona parte alle proteine del plasma, cosicchè circolano nel sangue.
Gli individui con disturbo post traumatico da stress mostrano un incremento costante dello stato infiammatorio. Analogamente, la depressione è stata legata ad un maggior danno dello stress ossidativo sul DNA..
Le citochine pro-infiammatorie sono infatti associate ad un’eccessiva produzione di ossido nitrico, causando danni al DNA e inibendone la riparazione.
In sintesi, gli ormoni dello stress e le citochine pro-infiammatorie possono indurre danni al DNA e modificarne i processi di riparazione in individui con Disturbo post traumatico da stress.
Il danno al DNA e l’instabilità genomica non sono gli unici elementi favorenti la carcinogenesi, ma sono anche associati all’invecchiamento organico e cellulare.
Questo supporta l’ipotesi che uno stato di infiammazione cronica è associato ad un aumentato rischio di mutazioni, cancerogenesi e invecchiamento patologico.
Centro Synesis® di Psicologia Via Zavaritt, 222 - Gorle (BG)
Cell: 338 1863275
Lo studio è stato condotto presso il Center of Excellence for Psychotraumatology e il Molecular Toxilogy Laboratory, presso la University of Konstanz, in Germania.
All’interno del presente studio i ricercatori hanno valutato la rottura del DNA nelle cellule sanguigne periferiche mononucleate, ossia quelle cellule del sangue meglio conosciute come monociti o leucociti in soggetti con Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS) e misurato la capacità cellulare di riparare i singoli filamenti rotti di DNA dopo un’esposizione a radiazioni ionizzanti X, i cosiddetti raggi X
Tra gli strumenti sono state effettuate delle interviste psico-diagnostiche, condotte da psicologi esperti nel campo del trauma, con l’aiuto di alcuni interpreti liddove fosse necessario. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti alla medesima intervista.
Gli eventi traumatici, la diagnosi del disturbo post traumatico da stress, e la gravità dei sintomi sono stati valutati con la Clinician-Admistered PTSD Scale (CAPS).
La Vivo Checklist, è stata utilizzata per indagare quegli eventi di guerra, detenzione e torture. I sintomi depressivi sono stati invece quantificati con la Hamilton Depression Rating Scale (HAM-D) e altri potenziali disturbi mentali sono stati valutati con la Mini-International Neuropsychiatric Interview (MINI).
La terapia d’esposizione narrativa comprendeva 12 sessioni della durata di circa 4 mesi. I terapeuti erano 12, tutti psicologi clinici, impiegati presso il Centro di Eccellenza in Psicotraumatologia di Costanza, e specializzati nella terapia del trauma così come nella Terapia di esposizione narrativa.
Questo tipo ti terapia consente al paziente di costruire una narrazione cronologica della propria vita con l'assistenza del terapeutca, focalizzandosi sulle esperienze traumatiche. L'obiettivo è quello di trasformare i ricordi generalmente frammentati in una narrazione coerente. Le sessioni terapeutiche erano registrate, recensite e sbobinate successivamente.
Per quanto riguarda invece l’analisi del danno e riparazione del DNA sono stati raccolti dei campioni di sangue alle 10 del mattino. Sono stati analizzati per rivelare l’eventuale presenza di epatite o infezioni da HIV e successivamente trasferiti, in totale sicurezza, al laboratorio di tossicologia molecolare.
Brevemente, le cellule sono state lisate, ossia demolite attraverso una rottura della membrana per analizzarne il suo contenuto, che prende appunto il nome di lisato, e valutata la rottura del DNA presenti in queste cellule.
Il processo alcalino viene arrestato attraverso un’incubazione per un certo periodo di tempo ad una temperatura definita, e la quantità di DNA a doppia elica viene misurato tramite la Sybr –Fluorescenza verde.
Una diminuzione dell’intensità della fluorescenza verde indica un più alto numero di rotture dei filamenti di DNA.
Dall’analisi dei risultati di questo primo studio è emerso che la rottura dei filamenti di DNA differiva significativamente tra i diversi gruppi, con una maggiore rottura nei soggetti con Disturbo post-traumatico da stress e soggetti esposti ad un trauma, rispetto al gruppo di controllo.
Per quanto riguarda il trattamento psicologico, si è visto che la psicoterapia (in questo caso la Terapia di esposizione narrativa) è in grado di invertire l’aumento dei livelli endogeni di rottura di DNA nei soggetti con Disturbo post-traumatico da stress, riportandoli ad un livello normale.
Il presente studio ha quindi fornito e presentato una prova della reversibilità della rottura dei filamenti di DNA, un consolidato fattore di rischio per l’instabilità genomica e carcinogenesi, nelle cellule somatiche di individui con Disturbo post-traumatico da stress dopo una psicoterapia conclusasi con successo.
L’effetto della terapia sul danno al DNA non è mediata dalla riduzione dei sintomi in quanto tali, ma attiva probabilmente percorsi biologici che possono influenzare sia i sintomi che i danni al DNA.
Pertanto, la reversibilità della rottura del DNA in individui con Disturbo post-traumatico da stress, attraverso la psicoterapia indica chiaramente che esiste effettivamente una possibilità di ridurre non solo il peso psicologico della malattia mentale, ma anche gli effetti biologici a lungo termine e potenzialmente letali associati a tale disturbo.
In sintesi, i suddetti risultati hanno mostrato che l’esposizione a eventi di vita traumatici, soprattutto quando sufficientemente gravi da provocare una diagnosi di Disturbo post-traumatico da Stress, sono associati a danni al DNA.
Il meccanismo sottostante potrebbe quindi essere caratterizzato da un aumento della produzione endogena di specie reattive dell’ossigeno e conseguente stress ossidativo. Se mantenuto per lunghi periodi di tempo, questo potrebbe rappresentare un rischio per patologie croniche e carcinogenesi.
Pertanto tale rischio elevato potrebbe essere invertito attraverso un intervento psicoterapeutico efficace.
Tratto dalla rivista “Brain Behav Immun”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)