Neurobiologia dell’anoressia nervosa
Alcuni studi hanno mostrato consistenti anormalità nei sistemi di ricompensa e nel sistema fronto-striatale di soggetti con anoressia nervosa, spianando così la strada per cercare di comprendere l’attività neurale direttamente correlata ai disturbo del comportamento alimentare.
L’anoressia nervosaè caratterizzata dal mantenimento di uno stato di malnutrizione e colpisce approssimativamente l’1% delle donne appartenenti a tutte le classi sociali.
È caratterizzata da una severa restrizione dell’assunzione di cibo che ha come risultato diretto un inappropriato e scarso peso corporeo, paura ed ansia per l’aumento del peso, e preoccupazione per la forma e peso del proprio corpo.
Per comprendere questo disturbo è quindi anche utile considerare i meccanismi neurali che promuovono e mantengono tale comportamento che, nel tempo, diviene disadattivo e auto-distruttivo.
Gli autori hanno pertanto effettuato una review analizzando i modelli cognitivi e neurobiologici dell’anoressia nervosa, focalizzandosi sulla persistenza del comportamento alimentare disadattivo.
La mortalità tra le donne giovani con anoressia nervosa è di sei volte maggiore rispetto a quello atteso per la loro età; questo dato risulta essere il più alto se paragonato ad altri disturbi psichiatrici e la probabilità della morte incrementa di pari passo con la durata della malattia.
Pertanto una comprensione dei sottostanti meccanismi neurali dell’anoressia nervosa potrebbe aiutare a sviluppare nuovi trattamenti e migliorare i risultati di questa grave condizione psicopatologica.
Per fare questo i ricercatori si sono soffermati sull’importanza del comportamento alimentare nell’anoressia nervosa; mangiare è infatti un comportamento multidimensionale, influenzato da componenti biologiche, psicologiche e sociali.
Da un punto di vista neurobiologico il valore del cibo per la sopravvivenza è stato a lungo studiato e osservato, e molto si è compreso rispetto ad un comportamento di ricerca del cibo, così come del controllo atto a inibire tale comportamento.
Pertanto, questi studi hanno gettato le basi per esaminare la ridotta e anormale assunzione di cibo in soggetti con anoressia nervosa, ricorrendo a setting di laboratorio.
È stata quindi valutata la restrittiva assunzione calorica; da un primo studio è emerso che l’assunzione di cibo è caratterizzata da un minore apporto calorico ed un limitato consumo di grassi rispetto al gruppo di controllo.
Altri studi hanno dimostrato un’assunzione significativamente ristretta annessa alla dieta non solo durante il periodo di fase acuta del disturbo, ma anche subito dopo aver ripristinato il loro peso corporeo.
Il passo logico ed importante è quindi cercare di comprendere da un punto di vista neurobiologico ciò che spinge al mantenimento di questo comportamento.
La neuroscienza si è posta, a tal proposito, l’obiettivo di indagare le basi del comportamento umano, cercando di stabilire una relazione tra le scienze biologiche e psicologiche.
Questo approccio ha quindi un valore potenziale rispetto all’obiettivo di valutare e comprendere i meccanismi neurali del comportamento disadattivo dell’anoressia nervosa.
I diversi modelli proposti hanno usano un approccio “bottom-up” all’interno del quale i processi di base sono studiati al fine di valutare le aberrazioni del funzionamento cerebrale.
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Per esempio, studi inerenti i domini cognitivi, hanno mostrato anormalità neuropsicologiche; individui con anoressia nervosa hanno maggiori difficoltà nel passare da un compito cognitivo all’altro, probabilmente a causa di un modello di rigidità psicologica.
I risultati cognitivi non sono però coerenti in tutti gli studi, pertanto non possono essere direttamente collegato al disturbo del comportamento alimentare.
Tuttavia, molti altri studi hanno mostrato consistenti anormalità nei sistemi di ricompensa e nel sistema fronto-striatale, spianando così la strada per cercare di comprendere l’attività neurale direttamente correlata ai disturbo del comportamento alimentare.
Il sistema mesolimbico regola il processo di ricompensa e contiene l’area tegmentale ventrale, striato ventrale (incluso il nucleo accumbens) e corteccia orbitofrontale.
Diversi studi hanno esaminato i correlati neurali del processo di ricompensa in individui con anoressia nervosa servendosi della Risonanza magnetica funzionale (fMRI) e la Terapia ad emissione di positroni (PET).
Gli studi di risonanza hanno mostrato anormalità volumetriche in soggetti con anoressia nervosa, all’interno di aree come la corteccia orbitofrontale, anche se la direzionalità di queste anormalità stabilita da un confronto tra incremento e decremento del volume, si è dimostrata inconsistente.
Sono stati quindi effettuati altri studi di risonanza servendosi, in questo caso, di test basati sul compito (Task-based) per esaminare le risposte a ricompense quali soldi e cibo.
Quando è stato chiesto di rispondere a stimoli monetari, gli individui con anoressia nervosa, hanno mostrato anormalità nella corteccia prefrontale e nello striato.
Risposte anormali correlate al compito rispetto a immagini di cibo ha evidenziato anormalità nella corteccia orbitofrontale e nucleo accumbens.
A sostegno di tale risultato attraverso la PET si è evidenziato che vi è una maggiore densità dei recettori dopaminergici del nucleo accumbens in donne affette da anoressia nervosa.
In linea di massima, attraverso una serie di tecniche di imaging, gli studi suggeriscono che vi siano anomalie all’interno del circuito di ricompensa in soggetti affetti da anoressia nervosa, indicando anche anomalie nell’organizzazione e connessione neurale tra il nucleo accumbens e la corteccia orbitofrontale, sia in adolescenti che giovani adulti.
Poiché l’anoressia è caratterizzata da restrizione alimentare e inizia di solito durante l’adolescenza, questi studi sottolineano la potenziale rilevanza dell’organizzazione e funzionamento del sistema di ricompensa nell’anoressia nervosa.
La formazione di un’abitudine è un processo in cui un comportamento associato ad una ricompensa, se ripetuto frequentemente nel tempo, diviene automatico e di conseguenza dipenderà sempre meno dalla ricompensa stessa.
Il comportamento diviene così abituale e questo “spostamento” (dalla ricompensa all’indipendenza del comportamento) è connesso a sistemi neurali che supportano il comportamento.
Come evidenziato precedentemente la dieta persistente delle anoressiche è una caratteristica che può essere in questo caso definita come “abitudine comportamentale”: l’assunzione calorica ristretta nell’anoressia nervosa è quindi appresa, non innata, si manifesta ripetutamente, e, una volta appresa, viene elicitata nell’individuo da precisi stimoli.
Essendo pertanto questi comportamenti appresi e rinforzati nel tempo, il sistema mesolimbico di ricompensa è rilevante per la comprensione dello sviluppo e persistenza dell’anoressia nervosa.
I comportamenti abituali non vengono quindi più innescati dal desiderio di un risultato e una volta stabilito il comportamento, ci vuole un grande sforzo da parte dell’individuo per poterlo modificare.
A tal proposito, individui con anoressia nervosa sviluppano comportamenti restrittivi durante l’adolescenza; questi comportamenti sono ovviamente rinforzati da diversi fattori: il piacere derivante dall’essere magri; il ricevere complimenti; senso di soddisfazione; e senso di auto-controllo.
Negli individui con anoressia nervosa, gli effetti della fame sul cervello probabilmente possono contribuire ad un’alterazione dei processi di decision-making; il comportamento alimentare restrittivo viene ripetuto nel tempo fino a renderlo automatico, tanto da favorire la formazione di una routine comportamentale in funzione di alcuni stimoli: vedere ad esempio il piatto di cibo innesca una serie di comportamenti ritualizzati che sono utili per ridurre al minimo l’assunzione calorica.
Una lettura neurobiologica di tale modello “abitudinario” dell’anoressia nervosa chiama in causa lo striato dorsale.
Nell’analisi dei correlati neurali inerenti al comportamento alimentare, confrontandoli con il gruppo di controllo, i soggetti con anoressia nervosa differiscono nei pattern di attivazione dello striato dorsale e, come ipotizzato, la scelta del cibo è fortemente associata con l’attività dello striato dorsale.
Sulla base di questi risultati comprendere l’anoressia nervosa è sicuramente un compito arduo e complesso.
I ricercatori sottolineano che nonostante i dati emersi, questo vuole essere uno studio preliminare, che ha messo in luce il ruolo di alcuni circuiti cerebrali connessi al sistema di ricompensa.
Non è ancora noto come i circuiti neurali correlino con la scelta del cibo, né come questa diventi cronica, né se cambi successivamente ad un trattamento.
Ci sono sicuramente prove convincenti circa l’impatto di fattori psicologici ed emotivi sulla restrizione alimentare dei soggetti con anoressia nervosa, ma non è chiaro come tali fattori influenzino i circuiti neuronali associati alla scelta del cibo.
La speranza degli autori è quindi quella di integrare il contributo delle neuroscienze per la strutturazione di trattamenti e linee di pensiero che aiutino a sondare questo disturbo così enigmatico.
Tratto dalla rivista “Int J Eat Disorder”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)