Psicoterapia e cambiamenti cerebrali
Secondo recenti ricerche la psicoterapia può determinare cambiamenti nell'espressione genica attraverso processi di apprendimento, rinforzare le connessioni sinaptiche tra cellule nervose e indurre cambiamenti morfologici nei neuroni.
I risultati prodotti nel contesto della psicoterapia ed i meccanismi di cambiamento relativi ai suoi effetti sono stati tradizionalmente studiati a livello psicologico e sociale, attraverso la misurazione dei cambiamenti nei sintomi, nelle abilità psicologiche, nella personalità e nel funzionamento sociale.
Molti psichiatri, nel corso della storia, sono stati promotori attivi della posizione dicotomica in cui si sottolineava che la psicoterapia fosse un trattamento esclusivo dei disturbi “basati sulla psicologia”, mentre la farmacoterapia per i disturbi “basati sulla biologia”.
Negli ultimi decenni è divenuto però sempre più chiaro che tutti i processi mentali sono interconnessi ai meccanismi cerebrali.
Ciò significa che qualsiasi cambiamento nei nostri processi psicologici è riflesso dai cambiamenti nelle funzioni o nelle strutture del cervello.
Le attuali posizioni riduzionistiche sono pertanto infondate poiché ci sono prove evidenti che le nostre esperienze soggettive influenzano il cervello.
I cambiamenti plastici nel cervello sono stati difficili da studiare negli esseri umani, ma si è raggiunto un maggiore successo nello studio sugli animali.
Tuttavia, grazie all'avvento della neuroimaging funzionale, tra cui la singola emissione di fotoni CT (SPECT), la tomografia ad emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), è stato possibile studiare i cambiamenti nel sistemi cerebrali umani (misurando i cambiamenti nel metabolismo e nel flusso sanguigno del cervello).
Dando uno sguardo ai risultati della ricerca, finora, sono stati pubblicati circa 20 studi sui cambiamenti cerebrali a seguito di un percorso psicoterapeutico per depressione, disturbi d'ansia e disturbo borderline di personalità.
Il primo studio è stato pubblicato circa 25 anni fa, nel 1992. In questo studio, i ricercatori hanno confrontato la terapia comportamentale con il trattamento farmacologico della fluoxetina. Entrambe le modalità di trattamento hanno dimostrato cambiamenti simili nel cervello, in particolare nel nucleo caudato.
I diversi studi condotti sottolineano che la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia comportamentale dialettica, la psicoterapia psicodinamica e la psicoterapia interpersonale alterano la funzione cerebrale nei pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi di panico, fobia sociale, fobie specifiche, disturbo da stress post-traumatico e disturbo borderline di personalità.


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La maggior parte di questi studi hanno riportato cambiamenti cerebrali simili dopo la psicoterapia; tuttavia, alcuni recenti studi hanno mostrato chiaramente le differenze tra queste modalità di trattamento.
Nello studio di Goldapple e colleghi, la risposta al trattamento cognitivo-comportamentale in pazienti con disturbo depressivo maggiore era associato ad un incremento nel metabolismo dell'ippocampo e corteccia cingolata dorsale e diminuzioni nella corteccia dorsale, ventrale e fronto-mediale.
Questo modello era chiaramente differente da quello risultante dal trattamento con paroxetina, che includeva aumenti del metabolismo nelle aree prefrontali e diminuzioni nell'ippocampo e nel cingolato sub-genuale.
Nel recente studio di Karlsson e colleghi, sono emerse differenze significative tra la psicoterapia psicodinamica a breve termine e trattamento farmacologico con fluoxetina in pazienti con disturbo depressivo maggiore.
Oltre a riferire i risultati sui cambiamenti cerebrali come risultato della psicoterapia, alcuni di questi studi hanno reso possibile la costruzione di modelli che spiegano i meccanismi dietro i cambiamenti che derivano dalle diverse psicoterapie.
Molte psicoterapie tentano di migliorare la capacità di risoluzione dei problemi dei pazienti, di auto-rappresentazione e di regolazione degli stati affettivi.
Le aree cerebrali che svolgono un ruolo in queste funzioni includono la corteccia prefrontale dorso-laterale, la corteccia cingolata ventrale anteriore, la corteccia cingolata dorsale anteriore, le sub-regioni ventrali e dorsali della corteccia prefrontale mediale, la corteccia cingolata posteriore, precuneo, corteccia insulare, amigdala e corteccia prefrontale ventro-laterale.
Per esempio, il meccanismo dietro l'efficacia della terapia cognitiva per pazienti con disturbo depressivo maggiore potrebbe essere legato ad un aumento della funzione prefrontale, che è coinvolta nel controllo cognitivo, contrariamente ai farmaci antidepressivi che operano direttamente sull'amigdala, che è coinvolta nella generazione di emozioni negative.
Poiché una delle principali ipotesi sull'effetto della terapia cognitivo-comportamentale sul funzionamento del cervello riguarda una regolazione più efficace (top-down) delle strutture limbiche ipereccitabili da parte dei sistemi di controllo prefrontali, sembra che anche la psicoterapia psicodinamica possa funzionare, almeno in parte, attraverso questi meccanismi.
I risultati di uno studio condotto da Beutel e colleghi sono in linea con questa ipotesi e dimostrano sia una disattivazione frontale che una iperattivazione amigdala-ippocampo visibile in pazienti sintomatici con disturbo di panico.
Quando i loro sintomi di panico e livelli di ansia venivano ridotti dopo il trattamento, la disattivazione frontale e l'iperattivazione dell'ippocampo e dell'amigdala tendevano a normalizzarsi.
L'iper-arousal affettivo è il segno distintivo del disturbo borderline di personalità nonché il target principale della terapia comportamentale dialettica.
Ciò significa che tale forma di terapia porta ad una diminuzione dell'attività in relazione agli stimoli emotivi nelle aree del cervello che sottostanno a tali funzioni.
Questo è stato riscontrato nello studio di Schnell e Herpertz, i cui risultati suggeriscono che dopo la terapia comportamentale dialettica, vi è una diminuzione della risposta emodinamica agli stimoli negativi nel cingolato anteriore destro, cingolato posteriore e temporale, e porzione sinistra dell'insula.
I suddetti studi, tuttavia, hanno studiato i cambiamenti cerebrali su tutto il livello cerebrale. Per comprendere i meccanismi più basilari legati alla psicoterapia, si dovrebbero anche approfondire i cambiamenti molecolari e cellulari.
Finora, solo due studi finlandesi hanno misurato i cambiamenti del livello molecolare dopo la psicoterapia e in questo modo hanno testato direttamente l'ipotesi presentata da Kandel, e cioè che la psicoterapia potrebbe portare a cambiamenti nell'espressione genica attraverso l'apprendimento, rinforzando le connessioni sinaptiche tra cellule nervose e inducendo cambiamenti morfologici nei neuroni.
È interessante notare che in entrambi gli studi la psicoterapia utilizzata era psicodinamica.
Nello studio di Lehto e colleghi, 19 pazienti affetta da depressione sono stati sottoposti a psicoterapia psicodinamica per 12 mesi.
Dei pazienti, 8 sono stati classificati come aventi una depressione atipica.
Il trasportatore della serotonina e la densità del trasportatore nello striato sono stati registrati utilizzando la SPECT, sia prima che dopo la psicoterapia.
I ricercatori hanno dimostrato che la densità del trasportatore della serotonina aumenta significativamente durante la psicoterapia in pazienti con depressione atipica, ma non tra i pazienti con depressione standard.


In virtù della conclusione raggiunta, questi risultati sono difficili da interpretare, e una delle lacune di questo studio è la mancanza di un gruppo di controllo.
Nell'altro studio finlandese, i pazienti con disturbo depressivo maggiore sono stati randomizzati e divisi in due gruppi, uno atto a ricevere la psicoterapia psicodinamica a breve termine e l'altro il trattamento farmacologico con fluoxetina.
Prima del trattamento, e dopo 4 mesi di trattamento, sono stati sottoposti ad una scansione del cervello mediante la PET, utilizzando il carbonio 11-C, al fine di misurare la densità dei recettori serotoninergici di tipo 1A (5-HT1A) ed il raclopride (11-C) che misura due/tre tipi di recettori serotoninergici.
Nei due articoli pubblicati, i ricercatori hanno riferito che l'esito clinico in entrambi i gruppi di trattamento era simile in termini di valutazione standard dei sintomi (la remissione sintomatica è stata raggiunta nel 59% dei pazienti ed il 77% dei pazienti ha soddisfatto i criteri di risposta).
Tuttavia, un'analisi della variazione della densità del recettore 5-HT1A nei gruppi di trattamento ha rilevato un significativo aumento nel gruppo di psicoterapia rispetto a quello che ha assunto il farmaco, per i quali non è stata rilevata alcuna modifica.
La fluoxetina ha aumentato il legame del raclopride (11C) nel talamo laterale, mentre nessun cambiamento è stato osservato nel gruppo sottoposto a psicoterapia.
Sebbene tali risultati siano ancora preliminari, gli studi che utilizzano la neuroimaging per la misurazione dei cambiamenti determinati dalla psicoterapia porteranno, nel lungo periodo, ad una comprensione più raffinata di come funzionano i diversi trattamenti.
Ciò può quindi portare ad uno sviluppo, teoricamente mirato, in cui possono essere progettati specifici trattamenti psicoterapeutici atti a modificare specifici circuiti cerebrali.
Tratto dalla rivista “Psycotherapy Research”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)
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