Teoria del gioco e psichiatria: da Berne a Szasz
La questione centrale di una psicoterapia orientata alla teoria del gioco non è “qual è la malattia e come influenza il comportamento del paziente?”, ma piuttosto è “che scopo ha il comportamento di questa persona e quali strategie sono state adottate per comunicare questo messaggio nascosto?”.
“Quello di cui la gente ha veramente bisogno e domanda dalla vita non è ricchezza, comodità o stima, ma giocare se ne vale la pena”. Thomas S. Szasz
La malattia mentale come la depressione, l’ansia e la schizofrenia, è un gioco, una strategia inventata dal giocatore (spesso senza riconoscimento) per ottenere qualche fine.
“Esso” non esiste tanto all’interno delle persone quanto nei confronti delle persone. Questa è la visione notevolmente accolta dal Dottor Eric Berne, il padre dell’analisi transazionale e dal Dottor Thomas Szasz, che ha descritto per la prima volta la psicoanalisi contrattuale applicando entrambi i concetti della teoria del gioco alla psichiatria.
Dire che la malattia mentale è un gioco non è quello di ridurre la vera sofferenza delle persone; piuttosto, è quello di rivelare le molte motivazioni che le persone hanno riferito rispetto al fatto di “essere malate”, ma prive di qualsiasi dimostrazione biologica sottostante.
Come Berne osserva nel suo libro “Games People Play” (1964), gli esseri umani come animali sociali intraprendono una serie di strategie nelle relazioni interpersonali, e i diversi problemi e dilemmi denominati come “Malattia mentale” non sono esenti da un’analisi gioco-teoretica del comportamento umano.
Berne descrive in dettagli diversi giochi specifici giocati frequentemente da pazienti in psicoterapia e trattamenti psichiatrici, tra cui “l’Indigente”, “Il Contadino”, “Lo Stupido”, e “Gamba di legno”.
In quest’ultima, ad esempio, il paziente si vede come totalmente inerme rispetto alla sua malattia mentale e quindi incapace di qualsiasi tipo di progresso nel trattamento o nella vita.
Si dipinge come una persona povera e impotente, completamente in attesa dalla sua condizione mentale (o fisica).
Il gioco prende così il nome a partire dalla tesi del soggetto; i pazienti che giocano alla “gamba di legno” troveranno spesso terapeuti che giocheranno, in modo tale che il progresso sia impossibile.
Secondo Berne, le varie forme di malattia mentale riflettono le differenze nelle strategie dei giocatori, spesso emanate dall’infanzia attraverso l’osservazione e l’apprendimento da parte dei genitori o dei caregivers.
Berne sottolinea che l’analisi transazionale dei pazienti psichiatrici non è limitata alle forme lievi della psicopatologia, ma può essere facilmente applicata ai pazienti più disturbati, tra cui schizofrenici e maniaco-depressivi.
Berne fa inoltre notare che i giochi sono svolti non solo da pazienti, ma anche dagli psichiatri e psicoterapeuti; essere un efficace analista del gioco richiede un autocontrollo critico che può essere realizzato attraverso un’analisi personale o una psicoterapia.

La concezione che la malattia mentale sia meglio compresa attraverso l’obiettivo della teoria dei giochi è condivisa anche dallo psicologo-psicoanalista Szasz, che molti anni prima, nel 1961 descrisse la propria teoria del comportamento umano e del disturbo mentale.
Szasz astutamente nota che la malattia mentale è una metafora letteralizzata per le deviazioni nel comportamento a partire da una norma sociale accettata.
Szasz sostiene che i “sintomi” dei pazienti rappresentano una proto-lingua somatica e vengono intrapresi dai pazienti perché incapaci di comunicare attraverso mezzi più tradizionali.
Così, la depressione, l’ansia e la schizofrenia rappresentano i tentativi del paziente di trasmettere un messaggio a coloro che lo circondano.
Indicare e analizzare queste comunicazione come messaggi nascosti rappresenta l’obiettivo della psicoanalisi.
Come Berne, Szasz riconosce che sia il paziente che il terapeuta utilizzano strategie nel loro comportamento all’interno della relazione terapeutica e nella vita esterna.
Da questo punto di vista, la psicoanalisi richiede un’esplorazione ed una comprensione del modo strategico di condotta di una persona, cioè il modo con cui il giocatore gioca.
A differenza di Berne, Szasz non ha cercato di identificare o compilare un elenco di giochi specifici dei suoi pazienti psichiatrici; tuttavia, gli scritti di Szasz contengono numerosi esempi di pazienti e medici impegnati nelle strategie di gioco.
Il lavoro di Szasz non è ovviamente scevro di controversie; la psichiatria di stampo biologico sottolinea che anche se non esistono test medici per diagnosticare la malattia mentale, ciò non significa che la malattia mentale sia un mito o una metafora.
Significa semplicemente che la tecnologia medica non è ancora avanzata ad un livello necessario per comprendere la complessità del cervello, la sede apparente della malattia mentale.
La saggezza prevalente nella psichiatria centrale è che i vari problemi umani chiamati disturbi mentali sorgono da un complicato gioco tra la biologia, la psicologia e l’ambiente, e che la complessità della causa non equivale a nessuna causa.
I critici inoltre sottolineano che Szasz ha esagerato per ragioni politiche il rapporto tra psichiatra e stato e ha trascurato il fatto che molti scambi psichiatrici si verificano senza la presenza o la minaccia della coercizione.
Nonostante una controversa relazione con la psichiatria del tempo e una battaglia prolungatasi negli anni ’60 rispetto al suo posto accademico all’Università Statale di New York, Szasz rimase per tutta la sua carriera un professore ordinario di psichiatria ed è stato nominato collega distinto dell’ American Psychiatric Association e membro a vita dell’American Psychoanalytic Association.
Dal punto di vista dell’analisi transazionale e contrattuale, la malattia mentale non è qualcosa che una persona ha, è qualcosa che una persona fa.
Poiché la malattia mentale si riferisce invariabilmente al comportamento e poiché il comportamento è un’azione volontaria, i principi della teoria dei giochi possono essere applicati allo studio della psicopatologia.
A differenza del paziente neoplastico che non può avere nessun controllo sulla crescita o la diffusione del cancro, il paziente depresso, ad esempio, può essere analizzato come un agente libero e morale che ha adottato un ruolo per se stesso in un gioco giocato con sé stesso e altri, analista incluso.
A volte i pazienti sono consapevoli del ruolo che stanno giocando, e a volte no. Tuttavia, il punto centrale della psicoterapia è comprendere, e aiutare il paziente a comprendere, il loro comportamento come strategia adottata nel contesto delle relazioni interpersonali.
La questione centrale di una psicoterapia orientata alla teoria del gioco non è “qual è la malattia e come influenza il comportamento del paziente?”, ma piuttosto è “che scopo ha il comportamento di questa persona e quali strategie sono state adottate per comunicare questo messaggio nascosto?”.
Una volta che quest’ultima domanda viene risolta dall’analista, il paziente ottiene un’interpretazione del significato del suo comportamento e ulteriori dimostrazioni dei “sintomi” vengono analizzati attraverso l’obiettivo dell’analisi del gioco.
Alcune interpretazioni sono abbastanza semplici: il paziente depresso che si è allontanato dalle situazioni sociali adotta tale metodo per evitare imbarazzo, insoddisfazione o abbandono.
Alcune interpretazioni sono più sottili, come il paziente schizofrenico convenzionalmente definito che crea la propria realtà, come metodo per affrontare le dure realtà della sua esistenza.
Per comprendere appieno la natura teorica del gioco dei problemi umani denominati malattie mentali, si deve prima comprendere la storia della psichiatria all’interno della medicina.
Mentre Berne ha trascorso la sua carriera nel tentativo di descrivere e comprendere le comunicazioni sociali tra le persone, Szasz trascorse molto tempo a scrivere e parlare del ruolo della psichiatria in un contesto sociale più ampio.
Gran parte del suo lavoro è meglio classificato come analisi sociologica della psichiatra e della professione della salute mentale, dedicando molti volumi alla differenza tra la malattia mentale e quella medica.

Ciò che viene sottolineato è che gli psichiatri, gli psicologi, gli psicoanalisti e gli psicoterapeuti sono stati storicamente i medici incaricati del trattamento di quei pazienti che dicevano di essere “malati”, ma che erano privi di qualsiasi malattia organica.
Un’attenta analisi storica della psichiatra insegna che questa ha sempre affrontato malattie che non erano ancora state scoperte; durante tutta la storia della psichiatria, una volta che un disturbo mentale era etichettato come malattia organica, la condizione cessava di essere trattata da psichiatri e veniva così classificata come malattia neurologica.
La neurosifilide e la malattia di Alzheimer sono solo due esempi; pertanto, l’attribuzione della malattia a pazienti senza malattia biologica dimostrabile consente allo stato di esercitare il controllo sociale sotto forma di trattamento medico.
L’ipotesi dell’approccio medico al disturbo mentale è che i pazienti così diagnosticati non dispongono della responsabilità del proprio comportamento e sono quindi incapaci di impegnarsi in comportamenti strategici.
Sotto questo quadro teorico, il comportamento problematico del paziente, cioè i suoi “sintomi”, mancano di alcun significato dinamico e sono semplici manifestazioni di un processo di malattia sottostante ma ancora da scoprire.
In questa prospettiva, non ha senso parlare del perché un paziente si impegna in tale comportamento o mostra tali “sintomi”, e gli aspetti interpersonali del comportamento sono ignorati e la loro importanza svalutata.
Berne e Szasz ci ricordano tuttavia che i pazienti che dicono di essere “malati mentali” mantengono la loro volontà e sono capaci, come le cosiddette persone sane, di intraprendere strategie ed impegnarsi nel gioco.
Infatti è proprio il gioco ad essere caratteristico dei vari problemi umani contrassegnati dai disturbi mentali.
Bibliografia
Arieti, S. (1974). The interpretation of schizophrenia (2nd ed.). New York, NY: Basic Books.
Berne, E. (1964). Games people play: The basic handbook of transactional analysis. New York, NY: Grove.
Szasz, T. S. (1961). The myth of mental illness: Foundations of a theory of personal conduct. New York, NY: Harper and Row.
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)