Psicoterapia, miti e credenze
Esistono dei miti associati alla psicoterapia? Quanto le persone ne sono influenzate? In questo articolo si cercherà di abbattere lo stigma, la paura e la disinformazione che ruota intorno al mito: “Andare in psicoterapia significa che sono debole, instabile o 'pazzo'!”.
Le sfide della salute mentale interessano milioni di persone in tutto il mondo; purtroppo, le idee sbagliate sulla psicoterapia spesso scoraggiano le persone a cercare aiuto.
Contribuiscono allo stigma che circonda le problematiche della salute mentale i cosiddetti miti associati alla psicoterapia i quali, a loro volta, impediscono alle persone di apprendere o utilizzare i servizi messi a disposizione di professionisti della salute mentale.
In questo articolo, si cercherà di abbattere la disinformazione, la paura e lo stigma che ruota intorno al mito: “Andare in terapia significa che sono debole, imperfetto o 'pazzo'”.
Da un'analisi condotta nella letteratura, il motivo più comune che spinge le persone ad evitare di cercare l'aiuto professionale di un terapeuta è la credenza che, fare ciò significherebbe essere un debole, incapace di risolvere i problemi da solo o che semplicemente si è pazzi.
Le persone, in realtà, possono avere paura di come si sentiranno se qualcuno li vede e percepisce in quel modo; vale a dire inutile, debole o sgradevole.
La realtà è che la maggior parte delle persone in terapia sono persone ordinarie, quotidiane che si occupano di problemi ordinari e quotidiani.
Adeguarsi a grandi cambiamenti della vita, sperimentare il dolore, elaborare la rabbia, migliorare le relazioni, lavorare sull'autostima e affrontare le convinzioni circa la propria immagine corporea sono tutti esempi di problemi comuni che porta la gente in terapia.
Ci sono molti altri problemi per i quali le persone decidono di rivolgersi ad un professionista, ovviamente, che sono assolutamente normali.
Infatti, più di un quarto della popolazione adulta statunitense ha una condizione di salute mentale diagnosticata in un dato momento, mentre il 13% coinvolge bambini e adolescenti, secondo il National Institute of Mental Health.


A tal proposito, alcune di queste persone presentano gravi problemi di salute mentale e molti beneficiano di farmaci, trattamenti residenziali e ricoveri.
Ma, l'idea che le persone che cercano aiuto per problemi comuni e normali sono in qualche modo ingiustificate non potrebbe essere più lontana dalla verità.
Iniziare una terapia è infatti un'indicazione della maturità emotiva, un'indicazione che una persona può accettare di aver bisogno di aiuto o di una guida, ed è disposta a fare ciò che è necessario per prendersi cura di sé stessa.
Allora, da dove proviene questo mito? Perchè andare in terapia significa essere inadeguati?
La prima influenza, secondo la ricerca, è culturale. Sin da giovani, molte generazioni di americani hanno appreso come il manifestare qualsiasi segno di debolezza significasse in qualche modo andare incontro a delle conseguenze negative.
Queste conseguenze potevano includere l'essere puniti, minacciati, esclusi e ostracizzati da coetanei e genitori.
Di conseguenza, molte persone trascorrono la loro vita camuffando le loro sofferenze, non osando condividere la loro ferita per paura del rigetto.
Paradossalmente, il senso di debolezza inespresso ed evitato per tutta la vita non è affatto una debolezza.
La debolezza è semplicemente un giudizio di valore che affonda le sue basi nella paura della reazione e della percezione dell'altro.
Per coloro che si sentono altamente vulnerabili al giudizio degli altri, la riservatezza e la sicurezza forniti da un terapeuta possono invece essere la ragione per uscire dalla loro zona di comfort e iniziare la terapia.
Come una confessione sicura e protetta, la terapia è il luogo in cui tutti i pensieri e le sensazioni sono i benvenuti.
Tuttavia, molti non vedono la terapia in questo modo. Per molti, la paura di essere visto in sala d'attesa o di essere scoperto nel suo tentativo di chiedere aiuto ad un esperto è troppo grande.
Immaginate se fosse un tabù cercare aiuto quando ci si rompe un braccio o una gamba, o un qualsiasi altro problema medico; ci sarebbero probabilmente molto meno di 7 miliardi di persone che condividono il pianeta.
Il secondo fattore che contribuisce al mito presentato riguarda i mass media.
Le persone che, nei film o in tv, vanno in terapia sono spesso particolarmente instabili.
Uno degli esempi più antichi è il romanzo “Qualcuno volò sul nido del cuculo”; questo divenne un lungometraggio nel 1975, e racconta la storia di un uomo che coraggiosamente assume un comportamento anticonformista verso le regole che disciplinano la vita dei degenti.
La brillantezza del libro è il modo in cui viene evidenziata la linea sottile tra “normale” e “anormale”. Tuttavia, il film, per la trasparente follia di alcuni suoi personaggi, rafforza l'idea che avere qualsiasi tipo di problema di salute mentale potrebbe significare essere “pazzi”.


Infatti, per l'effetto drammatico, il film potrebbe aver influenzato inavvertitamente le persone ad evitare di richiedere una consulenza sulla salute mentale.
Tra gli spettacoli televisivi quotidiani presi in considerazione, la serie che vede come protagonista il “Dottor Phil”, ha avuto anche un'influenza enorme su come la gente percepisce la salute mentale.
In tal senso, lo spettacolo contribuisce così alla percezione che i terapeuti trascorrono il loro tempo confrontando le persone in trattamento e relegandole a categorie di inadeguatezza, inferiorità ed anormalità.
Naturalmente, è comune per i produttori televisivi trovare modi per sconvolgere ma allo stesso tempo mantenere l'interesse del pubblico fino alla settimana successiva, ma nella serie con il Dottor Phil in cui il protagonista è uno psicologo nonchè capo di una società che analizza i giurati di un processo per elaborare strategie di difesa vincenti, lo shock e lo stupore rasentano spesso un maltrattamento ed un abuso di potere.
Se il Dottor Phil McGraw aiutasse la gente a trovare la funzione positiva che si cela dietro i loro comportamenti disfunzionali, potrebbe incoraggiare milioni di persone a considerare la terapia anziché spaventarle.
Pertanto la tv, il cinema e altri mezzi di comunicazione, perpetuano e aggravano idee sbagliate su terapeuti, terapia, e persone che la cercano.
In definitiva, nessuna di queste creazioni mediatiche riflette esattamente ciò che effettivamente traspare nel luogo privato, sicuro e rispettoso, che è lo studio di un terapeuta.
Pertanto, non abbiate mai paura di chiedere aiuto!
Tratto da GoodTherapy
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)