Aspettative, coppia e co-dipendenza
Perché, se abbiamo bisogno di vedere la relazione di coppia come un rapporto orientato alla concretezza, crediamo che valga lo stesso anche per il partner?
Esercitare il desiderio intrinseco che le persone si comportino in un modo particolare affinchè possano soddisfare le nostre esigenze, rappresenta l’equivalente emotivo di “strizzare” una spugna secca.
Anche le persone più autonome emotivamente assumono comportamenti egoisti; quando si parla di agency, concetto appartenente alla teoria sociale cognitiva, in questo contesto specifico, si fa riferimento alla percezione errata all’interno di una dinamica di co-dipendenza che descrive la nostra convinzione nel poter controllare il comportamento degli altri attraverso le nostre azioni.
Questo mito di controllare gli altri è in diretta concorrenza con il mito della gestione delle emozioni.
Non possiamo controllare il modo in cui gli altri agiscono più di quanto possiamo controllare cosa e come pensano e si sentono in virtù di ciò che facciamo.
Più in generale è importante sottolineare che la co-dipendenza non necessariamente è un qualcosa di patologico.
Tutte le relazioni, per loro stessa natura, sono co-dipendenti; tuttavia, quando un partner all’interno della relazione inizia a distorcere sé stesso o il comportamento dell’altro, questa co-dipendenza assume caratteristiche psicopatologiche.
Il concetto di agency rappresenta pertanto un aspetto onnipresente della condizione umana.
In linea di massima, piuttosto che una forma di manipolazione, rappresenta aspetti che potremmo considerare come “suggerimenti sociali”.


Le sfide nascono quando il suggerimento non viene seguito, e la patologia si presenta quando la persona che viene ignorata comincia a gettarsi “contro il muro”, nello sforzo di ottenere quel “suggerimento”.
Tutto questo assume una certa evidenza nel contesto delle relazioni; le differenze di genere e stilistiche determinano così uno specifico stato di tensione.
Un partner, tipicamente maschio, entra in una relazione ad un livello fondamentalmente fisico; l’altro partner, tipicamente donna, entra in relazione ad un livello fondamentalmente emotivo.
Ciò ne fa quindi scaturire una differenza sostanziale, e cioè che il maschio tende ad essere prima fisico e secondariamente emotivo, mentre la donna tende ad essere prima emotiva e poi fisica.
La relazione cresce ma, quando un partner inizia a chiedere di più, ossia chiede che la forma della relazione si modifichi affinchè le proprie esigenze socio-emotive siano soddisfatte, le cose cominciano a diventare complicate.
All’interno di un rapporto generico convivono così tre elementi: i due partner e la relazione a cui essi danno forma; vi sono anche tre tipi di relazione in ogni relazione: il rapporto tra i due partner, la relazione primaria scaturente da questo, e la relazione di ciascun partner rispetto alla relazione stessa.
Così, quando cambia la modalità di vivere la coppia in uno dei due si modifica il rapporto nel suo complesso, ma l’altro partner non è detto che riesca a stare al passo, ed ecco che, nel primo partner, si apre un mondo intriso di frustrazione e turbolenza emotiva.
Entrambe queste due sensazioni scaturiscono da ciò che desideravamo avvenisse ma che non è stato soddisfatto.
Strizzare la spugna secca rappresenta quindi la mancata riconoscenza che, sebbene le circostanze di una relazione siano cambiate, il sistema nel suo complesso non si è spostato.
La nevrosi subentra quando si cerca di costringere e forzare tale spostamento; la patologia si innesca quando questa domanda muta in un’ansia irrazionale, un crollo dei confini sociali sensibili, richieste di dimostrazioni continue, messaggi o e-mail continue e di rimprovero, al fine di portare l’altro a soddisfare il nostro bisogno o desiderio.
Questo modo di agire può innescare l’assunzione di modalità comportamentali che, nei suoi estremi, possono spingere il soggetto verso quella linea di confine che nella letteratura prende il nome di personalità borderline.


Tutto questo può così determinare un certo grado di “tossicità” nella relazione, in quanto il desiderare che l’altro sia diverso, e la mancata soddisfazione di queste aspettative, non consente più di vedere l’altro per ciò che egli realmente è, ma per come vorremmo che fosse.
La chiave per una relazione sana è invece la comprensione e l’accettazione dei limiti e dei confini dell’altro, nel trasformare il nostro modo di approcciarci alla relazione.
Non possiamo cambiare un’altra persona, ma possiamo cambiare il tenore delle nostre interazioni in funzione di essa.
La possibilità di creare e mantenere una realtà relazionale stabile dipende dalla capacità di esercitare l’intelligenza sociale, emotiva e spirituale.
È quindi importante ricordare che l’altro non ci tratta in base a quello che noi ci aspettiamo, ma in base a come meritiamo di essere trattati.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)