Aspetti problematici della genitorialità. Parlarne si può.
La nascita del primo figlio è un evento che comporta da un lato un’immensa gioia, dall’altro implica una serie di problematiche che troppo spesso vengono vissute come tabù dai genitori stessi e dalla rete sociale che li circonda.
I neo-genitori sanno quanto questo sia faticoso e talvolta fonte di conflitti interpersonali e interiori, ma spesso è difficile parlarne perché ci si sente sottoposti a un insostenibile giudizio sociale.
L’avere un bambino ha un grande valore sia per la realizzazione personale, sia di coppia. Sul bambino desiderato e immaginato si proiettano grandi aspettative, fatto che, se per certi versi è normale e rappresenta un’idealizzazione sana, per altri versi rischia di far perdere di vista la sua esistenza come individuo a favore della soddisfazione personale e della gratificazione dei bisogni dei genitori. Quando le aspettative sono irrealistiche e irrealizzabili, o ancora di più di fronte a bambini che hanno dei problemi, i genitori sperimentano frustrazione e senso di incapacità e ciò è rischioso per il benessere del figlio e per l’armonia della coppia.
I motivi per cui si sceglie di avere un figlio sono molti, per lo più inconsci. Le coppie che sono riuscite, come individui e come nuova famiglia, ad avere una propria autonomia psichica dalle famiglie di origine e un legame forte tra di loro, ma rispettoso delle differenze, sono probabilmente in una situazione privilegiata per realizzare un progetto genitoriale soddisfacente.
Tuttavia esistono diversi tipi di coppie, che affrontano la nascita di un bambino in modo problematico. Per esempio, le cosiddette coppie fusionali, nelle quali i partners si aspettano una condivisione totale e non sono in grado di considerarsi individui autonomi, rischiano di non riuscire a reggere l’arrivo di un “terzo” nella loro vita. In questi casi spesso si crea un nuovo legame fusionale tra uno dei genitori e il figlio, che comporta l’allontanamento fisico o emotivo dell’altro genitore.
Diverso è il caso delle coppie rigide-disimpegnate per le quali il matrimonio o la convivenza e l’avere un bambino sono frutto più di convenzioni sociali che di scelte personali, una sorta di conformismo alle regole o alle costrizioni esterne.
Un caso particolare è quello delle coppie che stanno insieme proprio a causa della gravidanza. In questi casi, i partners devono affrontare due eventi critici contemporaneamente, il matrimonio (o convivenza) e la nascita del bambino, non avendo però avuto modo di formare prima un’identità di coppia. Sebbene molte coppie riescano a fronteggiare nel migliore dei modi questa situazione, non sono rari i casi in cui si va incontro ad accuse reciproche, incentrate sul bambino, o alla separazione.
In ogni caso, diventare genitori, comporta una serie di sfide personali e relazionali.
Innanzitutto, è la percezione di se stessi che si modifica. Il nuovo ruolo che si assume come madre e come padre mette in moto un meccanismo per cui ci si confronta con la propria infanzia nel rapporto con il bambino e riattiva tutte le fantasie riguardo alle figure genitoriali reali e interiorizzate. Inoltre vengono messi in discussione i valori e gli scopi che si sono perseguiti fino a quel momento a tutti i livelli, per esempio sociali e lavorativi. Ci si confronta con il proprio senso di adeguatezza o inadeguatezza e con la propria autostima in una situazione del tutto nuova e piena di incognite.
Inoltre, è la relazione di coppia che va incontro a un cambiamento. I neo-genitori possono sentirsi maggiormente uniti dalla nascita di un figlio e condividere un progetto di vita estremamente gratificante. Tuttavia, un figlio richiede una dedizione e una cura che possono aumentare le tensioni tra i coniugi. Per esempio è necessaria una ridefinizione dei tempi e degli spazi, che necessariamente vengono in parte sottratti alla vita di coppia. È necessario che i partners creino un confine chiaro tra quella che è la relazione di coppia e quella che è la relazione genitoriale, così che a ciascun ambito sia dedicato uno spazio emotivo e affettivo sufficiente. Spesso le coppie disfunzionali proiettano le difficoltà tra di loro sul figlio, creando non poche difficoltà nella sua crescita. È anche da considerare che il legame genitoriale cambia radicalmente lo status della coppia, che potrà eventualmente smettere di intrattenere una relazione sentimentale, ma non potrà sciogliere il rapporto genitoriale.
Infine è da considerare che diventare genitori è un evento che non coinvolge solo la coppia, ma anche il contesto in cui vive e, in particolare, le famiglie di origine. Con l’arrivo di un figlio, i coniugi non si allontanano dalle rispettive famiglie, ma anzi sono maggiormente coinvolti nelle dinamiche che li legano. Ciò avviene sia che ci sia un buon rapporto, sia che questo sia compromesso, poiché gran parte degli aspetti emotivi del diventare genitori riattiva i vissuti che si hanno e si hanno avuto in passato, con i propri genitori. I neo-genitori cambiano status, passando dall’essere “solo” figli, all’essere pienamente adulti e a loro volta genitori. È necessario che sia avvenuto un processo di individuazione il più possibile completo, affinché si possano creare nuove relazioni virtuose. Il compito dei nonni è quello di sostenere i neo-genitori, pur mantenendo la giusta distanza. Spesso, soprattutto le neo-mamme, hanno molto bisogno della presenza della loro stessa madre. Questo è assolutamente normale e sano. Tuttavia si dovrebbe cercare di evitare rapporti eccessivamente invischiati in cui i nonni si sostituiscono ai genitori o prendono le parti dell’uno o dell’altro dei coniugi, tagliando fuori uno dei membri della coppia. Al contrario anche i nonni disimpegnati, che non si occupano del benessere dei nipoti e della nuova famiglia, possono creare situazioni poco funzionali, poiché è necessaria una rete di sostegno forte, che nella nostra società è spesso quasi del tutto rappresentata dai parenti stretti.
Queste considerazioni raccontano solo una parte delle variegate situazioni a cui vanno incontro le mamme e i papà. Ciò che è importante è considerare la complessità della genitorialità. Sebbene non sia possibile “decidere” che tipo di genitore essere (nessuno vorrebbe essere un cattivo genitore!), è però auspicabile non sottovalutare le proprie difficoltà e sentirsi liberi di esprimerle. Non si tratta di proprie mancanze o difetti, ma di dinamiche che appartengono anche a quelli che sembrano “genitori perfetti”. È utile essere circondati da persone che capiscano le difficoltà dei neo-genitori, che siano famigliari o amici con cui poter condividere gli aspetti positivi, ma anche quelli conflittuali della creazione di una nuova famiglia. Allo stesso modo è indispensabile, qualora ci si renda conto che tali conflitti non sono risolvibili da soli, chiedere aiuto, per il benessere proprio e dei propri figli.
Articolo a cura della Dottoressa Serena Vallana