Breve storia delle psicoterapie
Il mondo delle psicoterapie è assai variegato, e spesso le persone non sanno bene a chi rivolgersi per chiedere aiuto.
Un bel pasticcio, sia per chi ne ha bisogno sia per chi dovrebbe darlo, giacché, con la scusa del non sapere a chi chiedere, non si chiede; ma intanto, certi problemi che potrebbero risolversi in poco tempo si cronicizzano e tutto si complica. Poiché qualcuno me lo ha chiesto, cerchiamo di orientarci in maniera semplice.
Anzitutto è d’obbligo un distinguo basilare tra psichiatrìa e psicoterapia. Lo psichiatra è necessariamente un medico che tratta patologie in linea di principio gravi attraverso l’uso di farmaci. Allo psichiatra si può rivolgere, tuttavia, anche chi non desidera intraprendere una psicoterapia ma preferisce semplicemente mettere a tacere i sintomi affidandosi alla chimica. Naturalmente, nulla osta che se lo psichiatra sia specializzato anche in ambito psicoterapeutico o psicoanalitico, possa trattare i suoi pazienti anche con questi strumenti.
La psicoanalisi, che una paziente di Freud tanti anni fa denominò “cura parlata”, è l’antesignana di tutte le psicoterapie che non contemplano l’uso di farmaci. Anzi, in uno dei suoi scritti sulla tecnica, Freud raccomandava che, quando lo psicoterapeuta fosse anche medico, l’eventuale somministrazione di farmaci venisse delegata ad un altro collega. Penso che più o meno tutti sappiano in cosa consiste una seduta psicoanalitica, perciò su questo non mi dilungherei in questa sede, riservandomi magari di parlarne diffusamente in un altro articolo. Lo psicoanalista non è affatto necessariamente un medico, tanto è vero che alcuni dei più autorevoli professionisti italiani “storici” (Servadio, Musatti ed altri anche non freudiani) provenivano da tutt’altri ambiti. La questione se la era già posta Freud nel famoso articolo “Il problema dell’analisi condotta dai non medici”, ed anzi lui stesso, in più punti della sua opera, sottolinea le differenze sostanziali esistenti tra formazione medica e psicoanalitica.


Il discrimine fondamentale tra le diverse forme di psicoterapia consiste nel fatto che si tenga conto o meno, o in misura più o meno significativa, dell’esistenza dell’inconscio. E poiché l’inconscio si riassume in tutto ciò che abbiamo dimenticato di noi stessi nel corso della nostra vita, tenerne conto implica
- un lavoro di rammemorazione e di ricostruzione della storia individuale che ci consenta di riconoscere l’origine dei nostri problemi attuali,
- toccare con mano la loro persistenza nel presente, e
- promuoverne la discussione e rielaborazione, non solo cognitiva ma anche e soprattutto emotiva.
Abbiamo incluso la psicoanalisi nella categoria generale delle “psicoterapie”rifacendoci ad un concetto freudiano del 1904. Nel corso del tempo, tuttavia, si è sviluppata una ulteriore differenziazione, per cui dobbiamo distinguere la psicoanalisi propriamente detta dalla psicoterapia cosiddetta “psicoanalitica”, che si fonda sugli stessi principi ma ha caratteristiche ormai proprie: prevede una durata più circoscritta nel tempo, sedute più distanziate, più interventi da parte del terapeuta (meno “silenzi”) ed un’attenzione più focalizzata ai singoli problemi. Costa meno della psicoanalisi e promette una risoluzione dei sintomi più celere, ma trova un limite nella più circoscritta consapevolezza di sé, un pedaggio inevitabile quanto più ci si occupa dei sintomi. Va detto che qualsiasi bravo psicoanalista è capace, a seconda dei casi e delle opportunità obiettive, di operare in questa prospettiva, in qualche modo più “riduttiva”. Da dopo la seconda guerra mondiale, a partire dalla necessità di trattare lo stress post - traumatico di un gran numero di ex - combattenti, ha preso piede la psicoterapia di gruppo, esperienza assai diffusa, interessante e costruttiva e con una significativa valenza terapeutica. La psicoterapia di gruppo si esprime in incontri settimanali di un'ora e mezza tra non più di otto/ nove persone con tematiche affini. L'attenzione è qui rivolta alle modalità ed ai contenuti dell'interagire e, attraverso la lettura di questi, alla comprensione delle proprie ed altrui dinamiche interne allo scopo di risolvere eventuali sintomi, ma soprattutto di conseguire una migliore capacita di osservazione e gestione di sé. Impone notevole accuratezza nella selezione dei pazienti poiché non è egualmente efficace in tutte le situazioni, e pertanto non può essere proposta indiscriminatamente, tuttavia è indubbiamente efficace e costa sicuramente meno delle psicoterapie individuali.
Altri modelli terapeutici non prendono in considerazione il concetto di inconscio, né si intrattengono particolarmente sull’elaborazione storica del vissuto, ma si propongono piuttosto di “insegnare” alla persona, cioè alla sua mente, come imbrigliare e depotenziare i sintomi attraverso una sorta di training cognitivo (e sono queste le terapie cosiddette cognitivo – comportamentali), oggi di gran moda per la brevità dei trattamenti, e che possono essere di grande aiuto in determinate situazioni, tenendo tuttavia ben presente che si farà solo un’esperienza, auspicabilmente risolutiva, ma che non vi sarà alcun arricchimento della personalità né allargamento di orizzonti, ma solo la risoluzione di un disturbo, obiettivo comunque degnissimo per chi non senta la necessità o il desiderio di mettersi in discussione più di tanto.
Altri filoni della moderna psicoterapia, come ad esempio le psicoterapie "umanistiche" di Maslow, May e Rogers, ma in fondo anche la Psicologia Analitica dello stesso Jung, affrontano la questione da un punto di vista molto diverso. Le definirei "teleologiche", nel senso che non pongono l'accento sulle cause del disagio né sulla riduzione dei sintomi, ma si concentrano piuttosto sul raggiungimento di un fine identificato con la concretizzazione delle proprie potenzialità che matura all'interno di una relazione trasmutativa, empatica e fondata sul "qui ed ora" e sul come si vive un'esperienza. Qui siamo al confine tra la psicologia e la filosofia, e proprio per questo riassumere in modo chiaro il senso e la direzione di questi atteggiamenti terapeutici è un'operazione tutt'altro che semplice, che richiederebbe una trattazione lunga e complessa che mal si adatta ad una pagina di Facebook. Indubbiamente, gli autori che ho citato hanno senz'altro delle belle menti, e propongono delle intuizioni talvolta geniali. Tuttavia, avendoli letti a suo tempo in maniera alquanto approfondita, posso affermare che a tanta profondità concettuale non fa da specchio una tecnica definita, eccezion fatta per la "risposta speculare" di Carl Rogers, prassi peraltro validissima che è stata importata anche nella psicoanalisi stessa.
Esistono, infine, modelli concettuali che importano e mescolano tecniche ed atteggiamenti terapeutici diversi. E' il caso delle psicoterapie cosiddette "integrate" e "strategiche". Le prime si fondano essenzialmente sull' eclettismo, principio in base al quale terapeuta mescola in modo armonico presupposti e tecniche diverse secondo la sua sensibilità, in base alle sue conoscenze, alle sue esperienze nonché alla persona che ha di fronte. Si ripropone qui il modello "teleologico": l’essere umano, per sua natura, possiede una spinta interiore verso la realizzazione di sé. Affermava Maslow, usando una metafora naturalistica, “ la ghianda possiede una spinta a divenire quercia”. Fatto salvo il principio, che indubbiamente possiede una sua naturale ragionevolezza, tutto il discorso si fonda, o almeno così mi sembra, sul talento del terapeuta, sulla sua sensibilità e sul tipo di relazione che si costruisce con il paziente.
La psicoterapia "strategica" parte da un principio alquanto diverso: Cosa non va nella vita della persona? Cosa vorrebbe cambiare? Cosa dovrebbe fare di diverso per superare la propria difficoltà ed ottenere ciò che desidera? E' un tipo di psicoterapia focalizzata sul problema presentato dal soggetto, che prevede la prescrizione di esercizi (cose da fare o da pensare): vengono utilizzate delle direttive per favorire il cambiamento della persona nella direzione da questi desiderata, prestando grande attenzione alle premesse, alle emozioni e alle idee presentate. Il principio è quello della "palla di neve": si inizia dalle piccole cose per arrivare alle grandi. Anche in questo caso la tecnica appare difficilmente codificabile, e per poterla rappresentare si dovrebbe ricorrere a degli esempi specifici, cosa improponibile in questa sede.


Dobbiamo fermarci qui, ma alla fine di questo breve scritto mi corre l'obbligo di fare alcune precisazioni. La prima è che, per esigenze di spazio e di sintesi, ho preso in esame solo i modelli più noti di psicoterapia individuale, tralasciando quelli delle terapie familiari e sistemico- relazionali su cui sarebbe necessario un lungo discorso. La seconda è che nell'esposizione ho inteso essere sintetico e quanto più possibile chiaro a vantaggio di chi ne ha fatto richiesta, e che pertanto avrò sicuramente tralasciato elementi e nozioni fondamentali, cosa di cui mi scuso in anticipo. La terza è che il mio punto di vista è comunque quello dello psicoanalista, il che inevitabilmente influenza il mio modo di vedere le cose e forse non mi ha consentito una totale obiettività, ma è comunque sempre possibile integrare questa breve rassegna documentandosi sui diversi argomenti. Concludendo, a vantaggio di chi mi ha chiesto come orientarsi nell'ampio panorama delle psicoterapie, mi permetto di dare un suggerimento: la scelta del terapeuta e della terapia dipende da cosa cerchiamo e da cosa vogliamo ottenere; e il terapeuta giusto è sicuramente, indipendentemente dalla corrente di pensiero, quello onesto, schietto, e, se possibile, anche simpatico.
Buona fortuna.
(Articolo a cura del Dottor Claudio Nudi - Psicologo, psicoterapeuta)