Come capire se un adolescente è depresso o solo di cattivo umore?
Considerazioni e consigli per genitori e medici.
Le domande più difficili, che i medici devono fare agli adolescenti durante i controlli, riguardano Depressione e suicidio.
Ma queste non devono essere considerate facoltative.
Così come i genitori non devono trascurare di osservare i cambiamenti nei loro figli.
I sintomi della Depressione ed i segnali d’allarme.
I segni della Depressione adolescenziale comprendono cambiamenti di umore, come tristezza persistente o irritabilità, ed alterazioni dello stato di funzionamento, come, ad esempio, l’insuccesso scolastico, l’isolamento da amici e parenti, una perdita di interesse per quelle attività che prima erano ritenute importanti e cambiamenti nelle abitudini riguardo mangiare e dormire.
Ci sono, poi, alcuni segni piuttosto non specifici, come la mancanza di energia, la difficoltà di concentrazione ed i fastidi e dolori inspiegabili.
Incidenza della Depressione.
Secondo quanto emerso dal “National Surveys on Drug Use and Health”, negli Stati Uniti, dal 2005 al 2014, la prevalenza della Depressione – cioè, la possibilità di avere un episodio depressivo maggiore nel corso di un anno – è aumentata, in modo significativo, tra i soggetti che hanno dai 12 ai 17 anni di età, in particolar modo nelle ragazze.
Inoltre, i risultati si sono ripetuti per i ragazzi di età compresa tra 18 e 25 anni, in particolare nella fascia 18 - 20 anni.
Quindi, la Depressione sembrerebbe essere un fenomeno in aumento nella popolazione tra 12 e 20 anni.
In più, il suicidio continua ad essere la seconda causa di morte in adolescenza, dopo gli incidenti, anche se questa differenza si sta affievolendo. Dato ancora più allarmante è quello del Centers for Disease Control and Prevention, il quale riferisce che si sta abbassando anche l’età media in cui i soggetti ricorrono a questo mezzo (10 – 14 anni).
Ma perché la prevalenza della Depressione è in aumento?
Perché è più frequente tra le ragazze?
Sono gli adolescenti a soffrire di più di Depressione, o può essere che siano più disposti a parlarne?
Il Dott. Ramin Mojtabai, psichiatra e professore nel Dipartimento di Salute mentale presso la Bloomberg School of Public Health della Johns Hopkins, ha affermato che, negli ultimi due decenni, gli adolescenti sono stati generalmente più aperti nel parlare di Depressione, ma i ricercatori non hanno pensato che potesse essere questa la spiegazione del fenomeno che stavano osservando, privilegiando altre cause, quali l’abuso di sostanze, o la composizione del nucleo familiare (due genitori, piuttosto che un genitore, piuttosto che essere senza genitori), le quali, però, non hanno spiegato il fenomeno.
Cosa possono fare i genitori?
Ogni genitore di un figlio adolescente deve chiedersi, naturalmente, quale sia la differenza tra sbalzi d’umore e comportamenti adolescenziali “regolari” e tra segnali di pericolo.
Essi devono considerare quanto sembrino gravi questi sintomi e quanto siano persistenti.
Quando un bambino cambia, non si può semplicemente riferirlo all’adolescenza.
Il Dott. Benjamin Shain, a capo della Division of child and adolescent psychology, presso la NorthShore University Health System, ha sottolineato come molti dei segnali considerabili d’allarme sono relativamente aspecifici.
Ad esempio, ci potrebbero essere molte ragioni, per le quali gli adolescenti se ne stanno nascosti nelle loro stanze, o riportano a casa voti significativamente peggiori.
“Potrebbe essere a causa della Depressione, perché fanno uso di droga, oppure, più semplicemente, perché il lavoro scolastico è troppo difficile per loro”, ha aggiunto lo studioso. “Il primo passo è sedersi ed avere una conversazione tranquilla con vostro figlio su cosa sta succedendo; successivamente potreste parlare con gli insegnanti, o decidere per una consulenza da uno specialista”.
Come ha spiegato lo studioso, l’impulso dei genitori è, troppo spesso, quello di dare consigli, o addirittura di intervenire e cercare di risolvere il problema dei loro figli.
“Quello che costoro dovrebbero fare è soprattutto ascoltare, diciamo per il 90% della conversazione”, ha affermato l’esperto. Nel restante 10% del tempo, essi non dovrebbero cercare di offrire una soluzione, “ma supportare il processo di risoluzione del figlio”.
Il Dott. Mojtabai ha rimarcato l’importanza di altri fattori, come l’abuso e l’abbandono dei bambini, e dei dispositivi digitali, già associati, in ricerca, ai sintomi depressivi.
“C’è sicuramente la prova che il Cyberbullismo può essere collegato ad un aumento della Depressione, in particolare delle ragazze, e, probabilmente, ad un aumento del suicidio”, ha affermato il Dott. Shain. “E questo è un settore, dove molti genitori non sanno come guidare i propri figli. Il loro istinto può essere quello di toglier loro il cellulare, ma ciò può peggiorare le cose: costoro potrebbero ritenere la restrizione genitoriale più traumatica di qualunque altro evento, perché è così che essi si collegano al gruppo dei pari, è così che ottengono il suo sostegno, è questo il modo in cui hanno una conversazione con esso”.
Concludendo.
Nel complesso, secondo il Dr. Mojtabai, c’è bisogno di maggiori informazioni su questa tendenza e su molto altro nella vita degli adolescenti.
Ma, soprattutto, è importante che i genitori siano consapevoli dei rischi, sia per i figli che sono già alle prese con problemi di salute mentale, che per coloro che non hanno dato ancora un nome ai loro sintomi e che, pertanto, non ricevono trattamenti.
Identificare la Depressione, naturalmente, non risolve il problema, né ci sono soluzioni rapide, anche in presenza di supporto da parte della famiglia: d’altronde, bisogna pensare che il rischio di suicidio può esser ridotto, non eliminato, ed i segnali d’allarme non sono che una guida.
Tenete ben presente, dunque, che questo può essere un viaggio lungo e difficile, per gli adolescenti e per le loro famiglie.
Il consiglio principale, ai genitori, ma anche ai medici, è quello di continuare a fare le domande giuste, di osservare attentamente il ragazzo e di non trascurare nessun segno.
Fonte: New York Times
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)