Come decidiamo se una situazione è piacevole o non?
Una ricerca svela i meccanismi del cervello di fronte a situazioni conflittuali a livello emotivo.
Conosciamo tutti l’espressione “non so se ridere o piangere”.
Essa si riferisce ad una situazione, che include elementi sia positivi che negativi.
Ma come fa il cervello, nella realtà dei fatti, a decidere “se ridere o piangere”?
I ricercatori del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences in Leipzig e della University of Haifa, Israel, hanno identificato i meccanismi neuronali che ci aiutano a capire se una situazione sociale difficile e complessa è emotivamente positiva o negativa.
“Quando qualcuno vi offende sorridendo, il vostro cervello dovrebbe interpretare ciò come un sorriso o un’offesa?
Il meccanismo che abbiamo trovato include due aree del cervello, che agiscono quasi come dei ‘telecomandi’, e che insieme determinano quale valore attribuire ad una situazione, quindi quali altre aree cerebrali dovrebbero essere attive e quali non”, spiega la Dr. essa Hadas Okon-Singer dell’University of Haifa, una degli autori dello studio.
La ricerca passata.
La Dr. essa Okon-Singer aggiunge che gli studi precedenti hanno già identificato quali sono i meccanismi, attraverso i quali il cervello determina se qualcosa che ci accade è positivo o negativo. Comunque, come fa notare la ricercatrice, la maggior parte di questi contributi si è focalizzata principalmente su situazioni dicotomiche: cioè, ai partecipanti veniva sottoposto uno stimolo completamente positivo (un bambino che sorride, oppure una coppia di innamorati), oppure uno totalmente negativo (un cadavere).
Il nuovo studio.
Il presente studio, pubblicato sul giornale “Human Brain Mapping”, ha cercato di esaminare, invece, casi complessi, che coinvolgevano sia stimoli positivi, che negativi.
Il gruppo di ricercatori, condotto dalla Dr. essa Christiane Rohr del Max Planck Institute in Germania e dalla Dr. essa Okon-Singer del Department of Psychology alla University of Haifa, ha cercato di localizzare i meccanismi neuronali, che “scelgono” se una data situazione è positiva o negativa, e che classificano le diverse situazioni che non sono chiare a livello emotivo.
Per simulare proprio questa confusione di emozioni, i ricercatori presentarono ai partecipanti scene conflittuali da film forti da questo punto di vista, come, ad esempio, “Le Iene” di Quentin Tarantino, nel quale sono presenti diverse situazioni complesse, tra le quali una in cui una persona ne sta torturando un’altra mentre sorride, balla e parla alla sua vittima in maniera amichevole.
I partecipanti allo studio videro le scene del film mentre erano in una macchina per la MRI.
In seguito, essi dovettero riferire se avevano realmente esperito un conflitto emotivo in ciascuna di esse.
Infine, i soggetti valutarono, per ogni momento conflittuale, l’estensione con la quale sentirono che gli elementi positivi erano dominanti, tanto che la scena era piacevole da vedere, o, viceversa, se prevalevano gli elementi negativi, tanto che la sequenza di immagini risultava non piacevole.
I risultati dello studio.
Come già avvenuto negli studi precedenti, i ricercatori identificarono due reti neuronali attive, una che entra in azione quando percepiamo la situazione come positiva e l’altra che opera quando la percepiamo come negativa.
Essi, però, sono riusciti anche a comprendere, per la prima volta, come il cervello riesca a passare da una rete all’altra. Lo studio ha trovato, infatti, che la transizione tra l’attività nella rete che si attiva nella situazione positiva a quella negativa è facilitata da due aree nel cervello, il Solco Temporale Superiore (STS) ed il Lobo Parietale Inferiore (IPL).
È risultato, nello specifico, che la STS era associata con l’interpretazione di situazioni positive, mentre la IPL era associata con l’interpretazione di quelle negative.
La Dr. essa Okon-Singer spiega che queste due aree funzionano effettivamente come dei “telecomandi”, che si attivano quando il cervello riconosce che c’è un conflitto emotivo. A questo punto, esse sembrano parlare tra di loro ed interpretano la situazione per decidere quale delle due dovrà agire, determinando, di conseguenza, quale rete annessa sarà messa in funzione.
Considerazioni aggiuntive.
Alla luce dei risultati ottenuti, la Dr. essa Okon-Singer anticipa che aver scoperto le aree del cervello, che ci permettono di identificare situazioni e conflitti emotivi, faciliterà le ricerche future per esaminare perché questi meccanismi non funzionano in modo appropriato in alcune persone.
“Speriamo che comprendere la base neuronale dell’interpretazione delle situazioni come positive o negative ci aiuterà a capire, in futuro, i sistemi neuronali delle persone che hanno difficoltà a livello emotivo e a sviluppare tecniche terapeutiche ad hoc”, hanno concluso i ricercatori.
Fonte: PsyPost.org
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)