Come funziona realmente l’ipnosi?
Cos’è l’ipnosi? E come agisce sul nostro cervello? Ecco la risposta di un esperto del settore.
Gli effetti unici che l’ipnosi ha sul cervello umano suggeriscono che essa può essere un metodo valido, attraverso il quale alleviare il dolore, in alternativa agli oppioidi.
Il Dr. David Spiegel è il primo sostenitore di questa possibilità.
Dopo un intervento di tre ore alla spalla, egli non assunse nessuna medicina per il dolore, ma preferì usufruire della tecnica ipnotica e continua ad usarla da circa 45 anni.
“C’è un’incisione dall’inizio alla fine della mia spalla e sono stati coinvolti molti nervi”, ha affermato il Dr. Spiegel. “Mi sono occupato del mio dolore da solo, senza farmaci”.
L’ipnosi.
Essere sotto ipnosi assomiglia allo stato in cui siete quando diventate talmente assorti in un film, che vi dimenticate completamente che quello che state vedendo è solo finzione.
È come quando si entra in un mondo immaginario.
La ricerca ha già dimostrato che questo stato, simile alla trance, nel quale siete più aperti e suggestionabili del solito, può essere uno strumento efficace per controllare il dolore, calmare l’ansia, smettere di fumare ed affrontare lo stress, un trauma ed anche le vampate di calore.
Come essa vi riesca è quello che il Dr. Spiegel, professore di Psychiatry and Behavioral Sciences alla Stanford University School of Medicine, ed i suoi colleghi vogliono scoprire nel loro nuovo studio, pubblicato sul giornale “Cerebral Cortex”.
Lo studio.
Nello studio, il Dr. Spiegel ed i suoi colleghi hanno valutato circa 500 persone, alla ricerca di quelle più idonee all’ipnosi.
La capacità di essere ipnotizzati, infatti, è un tratto altamente stabile (come il QI) e può essere valutata in una breve sessione di cinque minuti.
In genere, circa i due terzi degli adulti possono essere sottoposti ad ipnosi e queste persone tendono ad avere delle caratteristiche distintive: sono più fiduciose nei confronti degli altri, sono più intuitive ed hanno maggiori probabilità di essere facilmente catturate da un buon film, o un gioco, al punto da dimenticarsi, per breve tempo, della realtà.
La squadra di ricercatori ha scelto 36 persone, altamente ipnotizzabili, e 21 che non lo erano, come gruppo di controllo.
Tutti, in seguito, furono sottoposti ad una serie di scansioni con la fMRI in diverse condizioni: a riposo, mentre richiamavano alla mente un ricordo e durante due sessioni di ipnosi.
I risultati dello studio.
Ci furono tre interessanti cambiamenti a livello cerebrale, ma solo nel gruppo altamente ipnotizzabile e mentre erano sotto ipnosi.
1. I ricercatori constatarono un calo nell’attività del Cingolato Dorsale Anteriore.
Questa parte del cervello, che si attiva quando c’è qualcosa di cui preoccuparsi, si quieta durante l’ipnosi.
2. Il secondo cambiamento importante era che certe parti del cervello cominciavano a sincronizzare le loro connessioni.
Questo accadeva, in particolare, nella Corteccia Dorsolaterale Prefrontale, la parte del cervello coinvolta nella pianificazione e nelle routine, e l’Insula, che è quella che aiuta a regolare le funzioni corporee, come aumentare la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca.
“Questo suggerisce che il cervello, durante l’ipnosi, va ad intensificare le connessioni con il corpo”, ha spiegato il Dr. Spiegel.
3. Contemporaneamente, le altre aree del cervello diventavano meno connesse.
I ricercatori, infatti, videro una certa disconnessione tra la stessa Corteccia Dorsolaterale Prefrontale e quelle aree coinvolte nell’autoriflessione.
“Ecco perché, a volte, le persone fanno delle cose imbarazzanti o stupide durante le sessioni di ipnosi, senza rifletterci, le fanno e basta”, ha spiegato il Dr. Spiegel.
Presi insieme, questi cambiamenti possono spiegare i meccanismi per cui l’ipnosi può avere delle conseguenze tanto importanti sulle persone, dall’alleviare il dolore, all’intervento su stress ed ansia, alla cura delle dipendenze.
Considerazioni finali.
Il Dr. Spiegel crede fermamente che questa pratica potrebbe – e dovrebbe – essere usata, in molti casi, al posto degli antidolorifici.
“Ora che sappiamo che la dipendenza da oppiacei può essere veramente alta, l’ipnosi costituisce un’alternativa veramente preziosa ad essi ed è una vergogna che non ne facciamo un uso migliore”, ha commentato lo studioso.
“Dato che sia l’ipnosi, che gli oppiacei agiscono sulle stesse regioni cerebrali, non c’è ragione per cui non possiamo usare un approccio diverso per produrre degli effetti simili”, ha aggiunto lo studioso.
“L’ipnosi è un trattamento veramente utile, al quale dovrebbe essere portato lo stesso rispetto, dato ad altri metodi, che, a volte, sono meno efficaci e più dannosi”, ha concluso il Dr. Spiegel.
Fonte: Time.com
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)