Comprendere la rabbia
Che differenza c’è tra la rabbia e l’ostilità? Perché le persone temono i loro sentimenti rabbiosi? E l’ansia, che ruolo svolge? Quale tra questi aspetti è il più distruttivo?
La violenza, di qualsiasi tipo, è oggi molto frequente e molto problematica, sia a livello nazionale che internazionale.
È particolarmente importante quindi comprendere la rabbia, l’ostilità, e l’ansia e le loro permutazioni poiché tutte a volte sono ingredienti importanti insiti nella violenza, qualunque essa sia.
In qualità di clinici, dedichiamo una notevole parte del nostro pensiero e pratica a scoprire, chiarire e rintracciare le manifestazioni di rabbia nei nostri pazienti.
Nella depressione cerchiamo prove di rabbia dietro l’aspetto triste; nei disordini istrionici sperimentiamo la seduttività rabbiosa; nei disturbi sessuali vediamo una dipendenza rabbiosa; nei problemi coniugali abbiamo individuato schemi comunicativi disfunzionali che coinvolgono, in particolare, la rabbia.
Interpretiamo la presenza di rabbia, affrontiamo la rabbia, attiriamo la rabbia e via dicendo; dal loro canto, i pazienti temono i loro sentimenti rabbiosi perché sono talvolta connessi con la violenza ma, tuttavia, altri sentimenti correlati, come l’ostilità e l’ansia, possono essere ancora più distruttivi.
A tal proposito è bene quindi cercare di capire che differenza c’è tra la rabbia e l’ostilità; quest’ultima, come la rabbia, è un affetto, una manifestazione comportamentale o entrambe, in quanto ci si può sentire ostili, ma anche esserlo.
La distinzione critica tra queste due riguarda però il fatto che l’ostilità ha sempre una componente distruttiva, mentre la rabbia no; “sentirsi ostile” implica sempre il desiderio o l’intento di infliggere danno, dolore o distruzione reale verso un’altra persona o creatura.
“Essere ostili” implica, invece, l’infliggere sempre o cercare di infliggere un certo tipo di distruzione, psicologica o fisica, ad un altro.
La rabbia, però, non comporta necessariamente distruttività, danno o dolore ad un altro. Negli animali la lotta e la fuga sono le uniche alternative a fronte di minacce significative, ma gli esseri umani impiegano schemi comunicativi molto più complessi.
La rabbia è infatti particolarmente adattiva per la comunicazione umana; i concomitanti fisiologici della rabbia e lo stato di disponibilità motoria che producono sono fenomeni involontari e discernibili.


La tensione muscolare, i cambiamenti vascolari e il cambiamento vocale involontario, anche se questo può essere controllato coscientemente, sono minimamente presenti.
Questo si verifica anche in quelle situazioni in cui una persona non è a conoscenza del fatto che sia arrabbiata, in modo tale da permettere ad un osservatore di dedurlo.
Per gli esseri umani la rabbia è quindi un fenomeno di allerta sia per sé stesso che per gli altri, tale da rappresentare così una base per la comunicazione.
Per essere sicuri, sia l’individuo arrabbiato che quelli intorno a lui/lei riescono a percepire che l’attacco sia un risultato possibile dello stato rabbioso e questo è uno dei motivi per cui gli altri attaccano.
L’attacco è tutt’altro che inevitabile, e si verifica solo quando la comunicazione verbale non è specifica per la fonte di minaccia, non comporta la rimozione della minaccia o non è consentita a cause di restrizioni esterne o interne.
In altre parole, gli esseri umani possono e riescono a separare la rabbia dall’attacco. Poiché la rabbia offre possibilità per comunicare, può essere costruttiva piuttosto che distruttiva, date le inevitabili minacce e ostacoli che si verificano nell’esperienza umana.
L’ostilità, tuttavia, non consente all’oggetto della sensazione o dell’azione di eliminare minacce e ostacoli particolari, in quanto tende a distruggere l’oggetto stesso.
Così l’attacco, la violenza e la vendetta sono manifestazioni di ostilità, ma lo sono anche il sarcasmo, lo scherzare, i pettegolezzi e l’ostruzionismo passivo.


Queste manifestazioni nel pensiero e nell’azione non sono semplicemente il risultato di un’intensa o aumentata rabbia, come si pensa comunemente.
Sono legati allo stato di rabbia, ma si verificano soprattutto quando l’individuo si abbandona, in anticipo, a quell’affetto.
Lui o lei avverte che la comunicazione diretta sarà inefficace, oppure sente che la rabbia stessa deve essere soppressa ed evitata.
In altre parole, è la rabbia nascosta o inespressa che porta all’ostilità e alla distruttività. La rabbia inespressa non si trasforma così in una comunicazione chiara, ma richiede uno “scarico del motore” o un’espressione simbolica che consenta il rilassamento muscolare.
Il senso di minaccia od ostruzione e la comunicazione interna dell’eccitazione percepita persistono e spesso portano ad espressioni diffuse e indirette.
Le vie indirette di “scarico” come pettegolezzi, prese in giro e altre tipologie di ostruzione sono distruttive poiché mirate all’integrità dell’individuo piuttosto che alla specifica minaccia o difficoltà che produce.
La violenza e la vendetta sono scariche dirette distruttive, ma non espressioni di rabbia di per sé. Sono in parte espressioni di comunicazioni fallite o mai iniziate.
In molte occasioni la rabbia è inespressa poiché la minaccia o la difficoltà scompare immediatamente o, altrimenti, l’individuo arrabbiato mette in dubbio la correttezza della sua percezione di minaccia o di difficoltà e si ritrova rapidamente in errore.
Poco o nessun effetto residuo si verifica; spesso, tuttavia, l’espressione di rabbia viene inibita poiché è considerata inaccettabile in una determinata circostanza.
Un punto, però, merita una particolare menzione; una delle ragioni per cui la rabbia è evitata o soppressa in anticipo è perché si pone come indicatrice dell’eccitazione e della necessità.
La rabbia, a differenze di altre sentimenti e forme di comunicazione, è una risposta immediata ed improvvisa che sorge principalmente quando la necessità è così intensa che le minacce sono facilmente percepite.
È su questa base, piuttosto che sulla base di una paura della distruttività, che la rabbia è spesso inibita. In realtà, la rabbia è altamente connessa all’amore, sia per la sua connessione alla necessità e il coinvolgimento, e sia per quegli aspetti legati alla comunicazione distruttiva.
Quando la rabbia è accompagnata da una chiara comunicazione, è un segno di rispetto fondamentale per una persona amata.


Tuttavia, sarebbe un grave errore presentare la rabbia come potenzialmente costruttiva e pertanto trascurare i suoi aspetti nocivi, in particolare lo stato di insicurezza e di difesa da cui sorge.
Infatti, l’accenno alla pratica clinica che dà luogo ad una comprensione più completa della rabbia è l’approccio terapeutico che lavora sul riconoscimento e accettazione della rabbia di un paziente, nonché l’esplorazione dei motivi sottostanti.
Quando questo secondo passo viene intrapreso e le radici della rabbia sono esplorate in modo adeguato, appare un fenomeno che potremmo definire invariabile: l’ansia.
La presenza dell’ansia associata alla rabbia è apparente in queste istanze, soprattutto in quelle situazioni dove l’azione è inibita e la rabbia inespressa.
Se infatti lo stato di eccitazione e reazione motoria persistono, si verificano sottili reazioni involontarie come tremore, tensione generale e tachicardia.
Si avvia così un ciclo vizioso in cui si verifica facilmente un’eccitazione ed un aumento dell’ansia fino a quando non si assiste ad una disregolazione dei processi di pensiero, irrazionalità associata ad esplosioni di rabbia o ansia acuta.
Questa ansia aiuta a chiarire ulteriormente la minacciosa qualità della rabbia e i pensieri e le parole distruttive che la accompagnano.
Oltre alla funzione di allerta di tali parole e pensieri, questa qualità della rabbia è una risposta immediata che nasconde l’aspetto ansioso dello stato di eccitazione annesso al relativo senso di impotenza.
I pensieri distruttivi e le parole che si presentano forniscono così un senso di forza e potenza; se pensiamo di colpire qualcuno o persino di ucciderlo, ci sentiamo molto più potenti nella sfera del controllo, piuttosto che se pensiamo di fuggire o di non fare niente.
Infatti, tali pensieri sono spesso accompagnati da atti motori forti, come sbattere le mani sul tavolo o gesticolare animatamente.
Anche se l’ansia può alleviare lo stato di tensione, in realtà l’oscillare da una sensazione di “carico” ad una di “scarico” determina l’innesco di un circolo vizioso, in cui si rafforza il senso di impotenza e l’ansia diviene sempre maggiore.
I pensieri e le parole distruttive, naturalmente, sono associate a sentimenti di ansia e colpevolezza come cause di divieti sociali imposta, paura di perdita del controllo ed altri fattori.
Inoltre, poiché la rabbia è socialmente inaccettabile a diversi gradi, sperimentarla produce automaticamente ansia.
Sia la rabbia che l’ansia nascono quindi da uno stato diffuso di eccitazione a fronte di una percezione di minaccia, dolore o ostruzione. Poiché l’ansia è più disgustosa e scomoda della rabbia, sembra ragionevole supporre che la rabbia sia una difesa contro l’ansia esperita.
Se si dirige la nostra attenzione verso il senso della minaccia, della paura e dell’insicurezza quando ci si confronta con una persona irrazionalmente arrabbiata, la sua razionalità, normalmente, ritorna rapidamente e la rabbia svanisce.
Possono così essere evitate conseguenze gravi come la violenza, a prescindere dalla natura che essa può assumere.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro