Delinquenti non si nasce ma si diventa
Delinquenti non si nasce ma si diventa.
Questo avviene principalmente per l'influsso dell'ambiente familiare e di quello sociale. A livello familiare giocano un ruolo importante situazioni come frustrazioni, carenze o eccessi affettivi subiti, fin dalla più tenera età.
Rientrano nel quadro delle carenze o eccessi affettivi:
- l'affidamento costante dei bambini a parenti mal disposti ad accettarli;
- gravi perturbazioni dell'ordine familiare;
- genitori assenti o indifferenti;
- famiglie nelle quali sono in vigore valori antisociali con la conseguenza di dare ai figli cattivo esempio o nessun esempio
- famiglie troppo numerose o che abitano in condizioni di sovraffollamento;
- genitori pesantemente disturbati a livello psicologico;
- genitori alcolisti o tossicomani;
- genitori ostili verso i figli;
- genitori che non vogliono prendersi la responsabilità;
- genitori che hanno comportamenti educativi imprevedibili che vanno dalle gravi punizioni ad un estremo lassismo;
- genitori iperprotettivi che trasmettono ai figli un costante senso di sfiducia nelle loro capacità;
- genitori che, per proprie problematiche, non riescono a costituire un solido rapporto affettivo coi figli;
- genitori delinquenti o comunque immersi in una subcultura di tipo mafioso o criminale.
Un altro elemento importante nella formazione dell'individuo all'interno della famiglia, è costituito dalle frustrazioni subite fin dall'infanzia.
Secondo lo psicanalista francese P.Racamier sono particolarmente rilevanti le frustrazioni derivanti da particolari comportamenti dei genitori nei confronti del figlio.
Sono comportamenti di:
- rifiuto;
- compromessi affettivi;
- disarmonie affettive.
Il comportamento di rifiuto‚ distinguibile in rifiuto larvato (tenerezza assente, tolleranza indifferente, considerare il bambino un peso, meticolosità fredda e distaccata nel seguire le norme pediatriche ma senza amore, negligenza di cure materiali), oppure rifiuto attivo (ostilità manifesta, rimproveri e punizioni ingiustificati e freddi, rifiuto di contatto col bambino, sostituzione dell'amore e del tempo dedicato al bambino con regali magari costosi e frequenti, eccesso di carezze ed attenzioni ma senza vero interesse, rifiuto a favore di fratelli o sorelle apertamente preferiti).
Il compromesso affettivo si articola in forme di amore morboso quali:
- amore condizionato, ai risultati che il figlio deve ottenere;
- amore perfezionista, che viene ritirato se il figlio non si dimostra abbastanza "perfetto";
- amore possessivo, che non considera il figlio come una persona, ma come una proprietà personale;
- amore geloso, che richiede la rinuncia alla indipendenza da parte del figlio;
- amore selettivo, che si occupa del figlio solo se ha una certa età o si trova in una certa condizione;
- amore interessato che vede nel figlio un mezzo per qualche fine personale;
- amore di compensazione attraverso il quale si riversa sul figlio la mancata soddisfazione erotica con un partner.
Le disarmonie affettive, sono quelle situazioni in cui si manifestano:
- intermittenze e variazioni dell'affetto che oscilla tra accettazione e rifiuto;
- inversione dei ruoli parentali;
- inversione dei ruoli genitori figlio;
- iperprotezione.
Secondo gli studi effettuati negli anni '60 da Sh.Glueck, se la vita nell'ambito familiare è adeguata, vi sono solo 3 probabilità su 100 che il ragazzo compia atti antisociali; se invece l'ambiente familiare risente delle situazioni sopra descritte, le probabilità dell'esito antisociale salgono a 98 su 100.
In questi casi, il comportamento delinquenziale e ribelle rappresenta, per il ragazzo rifiutato o non amato adeguatamente, il sistema prescelto per attirare l'attenzione su se stesso.
L'incontro con la realtà esterna viene vissuto dal ragazzo come una prova alla quale non è stato preparato, e alla quale reagisce o con l'aggressività o con la ricerca di evasione.
In molti casi poi i ragazzi cercano la loro identità attraverso l'appartenenza ad un gruppo, e, se si tratta di un gruppo di giovani delinquenti, teppisti, o tossicomani, é quella mentalità che viene assunta dal ragazzo, nel tentativo di medicare le ferite al proprio io e colmare il vuoto di affetti e di valori che la famiglia ha lasciato.
Senza dimenticare i reati compiuti dai ragazzi provenienti da famiglie benestanti o ricche, ma prive di valori affettivi e morali, dobbiamo ricordare che la famiglia non vive nel vuoto.
Va quindi tenuto ben presente il secondo elemento che può favorire l'antisocialità, e che é rappresentato dal contesto sociale in cui la famiglia vive.
Situazioni ambientalmente degradate, economicamente precarie, senza ideali morali, sociali o religiosi, immerse in una subcultura mafiosa o criminale, offrono al ragazzo una falsa idea di realizzazione personale attraverso la messa in atto di comportamenti delinquenziali.
In questo contesto, i ragazzi si manifestano con reati contro i beni pubblici, furti "inutili", lotte, sfide o competizioni pericolose tra gruppi o individui, uso di droghe o alcol, evasione scolastica, furti ad uso di auto o motociclette, scippi, risse nei locali pubblici.
Per concludere questa breve ricerca, che non pretende di esaurire l'argomento, ma solo di mettere in luce alcuni tra gli elementi che portano al comportamento antisociale, ricordiamo che la prevenzione alla delinquenza giovanile deve essere attuata, sia attraverso la famiglia, sia attraverso la società
La costituzione e realizzazione di valori affettivi e morali nella famiglia, e di ideali sociali e politici nella comunità, rappresentano lo strumento privilegiato che consente ai giovani di formare e rinforzare la propria personalità nel rispetto delle regole che guidano la comunità in cui vivono.
Da più parti vengono dichiarazioni di cambiamenti in atto nelle famiglie, nei ruoli di madre/padre e nella relazione tra i due genitori/caregivers. La dichiarata "eclisse" del padre, come fenomeno registrato dagli psico-sociologi nelle famiglie contemporanee, chiama gli operatori "psi" ad un affinamento o modificazione dei loro strumenti interpretativi.
Un aspetto messo in evidenza nel convegno dell'altro anno è stato quello di sottolineare che, conseguentemente alla "messa in ombra" paterna, si è concretizzata una maggiore presenza della madre, lasciata sola a gestire la formazione del figlio. Ciò sia per gli aspetti quantitativi dell'assenza paterna - la non durata e continuità della sua presenza - sia per quelli qualitativi - la "fluidificazione" della funzione simbolica paterna -. Questo fenomeno ha modificato inevitabilmente la cognizione psichica e affettiva che i figli hanno dei ruoli e delle funzioni della madre e del padre, delle loro "imago". Queste trasformazioni quanto possono mettere in discussione lo schema edipico, così come ci è stato descritto da Freud cento anni fa?
Articolo a cura del Dottor Enrico Magni