Depressione e pensieri suicidi
“Per molti anni ho sofferto di depressione e pensieri suicidi. Ho cercato di comprendere il motivo per cui ciò mi stava accadendo e cosa potevo fare per porre fine al mio dolore. Io sono quella a cui potrebbero applicare l'etichetta 'depressione con leggeri tratti maniacali', e la mia storia familiare potrebbe far supporre una simile conclusione...
[..] Ma questa non è solo la mia storia; questo è un tentativo di aiutare coloro che sono depressi e hanno pensieri suicidi, capire meglio costa stanno attraversando e aiutarli a trovare soluzioni possibili”, Veronica.
La maggior parte delle persone che tentano il suicidio sono anche depresse; i due motivi principali che possono spingere una persona a diventare depressa riguardano una perdita del controllo, sulla propria situazione di vita o emozioni, e in secondo luogo una perdita del senso positivo associato al futuro, ossia una perdita di speranza.
Qualsiasi terapia deve quindi dimostrare la propria efficacia invertendo lo stato depressivo ed i conseguenti pensieri o tentati suicidi, favorendo così una ri-acquisizione del controllo e della speranza.
Il soggetto depresso subisce una restrizione della visione del mondo che lo circonda in una misura tale che la realtà appare come distorta.
Il negativo, che prende sempre più spazio nella loro vita, è costantemente rafforzato, ed il positivo diviene sempre più irrilevante, o addirittura inesistente.
Le opzioni che potrebbero migliorare tali problematiche di solito vengono rifiutate, poiché il soggetto si convince che non esista alcuna soluzione.
La tristezza diviene così inesorabile e opprimente, provocando un dolore molto reale, come se il dolore dell'improvvisa perdita di un genitore rimanga lì per settimane, mesi o persino anni.
È come essere intrappolati in una grotta scura o in un tunnel che non porta a nessuna via di uscita.
Si inizia così a pensare che non esista un sollievo, una via di fuga, e che questo dolore non finirà mai. Domani sarà lo stesso, o peggio, e la morte diviene così l'unica soluzione.
Il suicidio però non è la soluzione, è una “fine” prima di trovare una soluzione. Non può essere considerata un'opzione, poiché un'opzione indica la possibilità di compiere una scelta, e la morte annulla entrambi, sia l'opzione che la scelta.


La morte è infatti un atto irreversibile che non interrompe il dolore. Molte persone hanno pensieri suicidi in qualche momento della loro vita.
Per la maggior parte però, il pensiero è fugace, cioè si manifesta dopo una grave perdita, o in un momento della propria esistenza in cui il futuro è percepito come senza speranza.
Per altri, la vita non è così gentile, in quanto si può avere una predisposizione genetica alla depressione, uno squilibrio chimico o una serie di sfortunate esperienze di vita che possono condurre alla depressione.
Altri ancora hanno spesso a che fare con il dolore, in quanto caratterizzati dal ricorso ed utilizzo di un processo di pensiero cognitivo non realistico che li porta a maturare aspettative di vita che sono impossibili da realizzare.
Qualunque sia la causa, siamo tutti a rischio di avere forti sollecitazioni suicide quando sembra che il futuro sia diventato senza speranza.
Non esiste una classe o un tipo di persona che sia esente dall'avere pensieri suicidi; i medici, i terapeuti, gli adolescenti di tutti i settori e contesti sociali possono andare incontro a pensieri o tentati suicidi, anche se sembra che le persone con forti convinzioni religiose abbiano una minore probabilità di sviluppare o compiere agiti suicidi.
Quando una persona è depressa e ha pensieri suicidi, esistono alcuni “trigger” che intensificano l'impulso suicidario.
Riconoscere tali trigger può quindi favorire una comprensione rispetto a cosa sta accadendo e consentire un maggiore controllo delle emozioni sottostanti.
Le sollecitazioni suicide sono particolarmente elevate subito dopo che un paziente, affetto da depressione, entra in terapia.
Quando si inizia un percorso di questo tipo, i sintomi creano pensieri come “non funzionerà mai”, o “perchè dovrei provare a migliorare quando non c'è speranza di successo?”.
In combinazione con questi pensieri vi è la possibilità che non si crei subito un'alleanza tra il paziente ed il terapeuta.
L'aspettativa che la terapia fallirà, soprattutto se questo non è il primo tentativo, è devastante. Si inizia cioè a pensare che se la terapia fallisce, allora non ci si potrà mai liberare da questo dolore e che non ha senso andare avanti.
Questo è uno degli aspetti più importanti e delicati; è particolarmente tragico, quando un paziente inizia la terapia e la sua condizione migliora, ma poi si uccide. Succede!
La depressione è episodica in quanto può arrivare e “svanire”, a volte in un solo istante. Se una persona si sente euforica e immagina sè stessa, in futuro, finalmente libera dal dolore, qualunque inconveniente che subentra innescherà nell'immediato un'ideazione suicidaria.


Il pensiero del ritorno del dolore è insopportabile e la voglia di morire può così intensificarsi. I trigger che causano questo ripresentarsi dell'episodio depressivo e del pensiero suicida, sono di solito le stesse cose che hanno generato la depressione.
Quando poi la terapia si conclude, è importante interessarsi dell'ambiente che circonda il soggetto, in quanto l'essere esposti ad un clima di lavoro opprimente e stressante, la probabilità di avvicinarsi alle sostanze, presenza di problemi finanziari o di coppia, possono innescare nuove sollecitazioni suicide.
Pertanto, questi elementi non possono essere trascurati; la mente cosciente dell'uomo è infatti l'unica entità su questo pianeta, in grado di operare concettualizzazioni e astrazioni circa il futuro.
La necessità di un senso positivo del futuro è uno dei motivati principali che caratterizzano la vita umana.
Il ruolo dello psicologo e/o psicoterapeuta è quindi quello di favorire nel paziente una consapevolezza di cosa sta succedendo e alcune delle ragioni per cui sta succedendo, al fine di imparare a controllare gli stati emotivi negativi e ri-acquisire una visione positiva del suo futuro.
Tratto da “HealthyPlace”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)