Dipendenza fisica e dipendenza psicologica
Esiste realmente una differenza tra la dipendenza fisica e psicologica? Sarebbe preferibile parlare esclusivamente di dipendenza?
All’interno della letteratura è emerso un quesito circa la reale differenza tra la dipendenza fisica e quella psicologica.
In linea generale tale distinzione è supportata dall’idea che queste due forme di dipendenza siano regolate da processi in qualche modo separati, ma in realtà alcuni autori ritengono che tale distinzione non abbia senso di esistere.
Anche se le modalità di sviluppare dinamiche di dipendenza possano in qualche modo essere diverse tra loro, il cervello è senza dubbio una parte del corpo, e quindi, in un certo senso, le dipendenze psicologiche sono anche fisiche.
Ciò che solitamente le persone riferiscono quando operano tale confronto è legato alla distinzione tra i sintomi fisici dell’astinenza e il processo di dipendenza nel cervello.
Non c’è alcun dubbio che alcune sostanze come l’alcool, gli oppiacei e simili, producono a lungo termine sintomi di astinenza fisica che sono terribili da sopportare e da vedere, ma in realtà, diverse teorie sulla dipendenza affermano che è proprio tale sindrome di astinenza a promuovere il comportamento di ricerca verso la sostanza.
Le persone che abusano costantemente di sostanze costruiscono una tolleranza agli effetti della sostanza stessa; pertanto, ogni volta che la sostanza viene assunta l’utente necessita di una dose sempre maggiore per sperimentare gli stessi effetti iniziali.
Si ritiene che attraverso l’uso eccessivo di droghe per lunghi periodi di tempo, queste producono cambiamenti fisici nel sistema nervoso.
Questi cambiamenti si verificano come meccanismo di difesa contro gli effetti negativi che le sostanze producono nel corpo.
Questo meccanismo determina lo sviluppo della tolleranza; dal momento che gli effetti della sostanza non sono più presenti per tamponare queste modificazioni neurali, i cambiamenti fisici vengono in realtà esperiti come sintomi di astinenza.
La teoria della dipendenza fisica suggerisce che i tossicodipendenti sono catturati in questo ciclo di abuso di droga seguita dai sintomi di astinenza. Quando l’utente smette di assumere la sostanza, l’influenza che essa produce inizia a svanire e subentra l’astinenza.
Per contrastare l’astinenza, il soggetto assume nuovamente la droga e il corpo diviene così dipendente da essa.
Un’altra teoria biologica della dipendenza che è stata proposta sostiene che questa non derivi dai cambiamenti che si sono verificati nel corpo a causa del consumo di droga, ma dallo stato fisico corporeo iniziale prima di somministrare la sostanza.
È ben noto che la tachicardia sia associata ad una maggiore pressione sanguigna e questo sembrerebbe associato ad una maggiore attività catecolaminergica nel sistema nervoso.
Attraverso tale conoscenza è stato ipotizzato che i tossicodipendenti, gli alcolisti in particolare, producono più catecolamine rispetto alla media.
Dal momento che l’alcool deprime il sistema nervoso gli effetti della sostanza su queste persone “iper-stimolate” possono essere più gratificanti; pertanto, l’alcol viene usato, in un soggetto normale, semplicemente per rilassare il corpo, ma qualora venga usato più volte, si sviluppa la tolleranza e così la dipendenza fisica.
In sintesi, la teoria della dipendenza fisica può aiutare a comprendere perché le persone siano bloccate nel circuito della dipendenza, mentre la teoria biologica spiega come le persone possono divenire dipendenti.
Rispetto alla dipendenza da marijuana, un lettore ha suggerito che poiché la marijuana non produce sintomi di astinenza orribili, non può essere considerata una dipendenza fisica.
Mentre la sindrome di astinenza dalla marijuana, cocaina, metamfetamine, nicotina e numerose altre sostanze non producono la stessa sintomatologia dell’astinenza da oppiacei, non vi è dubbio che la difficoltà ad abbandonare la sostanza è decisamente elevata.
Possono infatti spesso presentarsi sintomi quali stanchezza, depressione, ansia, disturbi del sonno e difficoltà a mangiare.
I sintomi da astinenza si verificano perché il corpo sta tentando di contrastare il “blocco” da ingestione della droga.
Proprio come la tolleranza costruisce delle modalità attraverso cui il corpo si adatta ad un uso cronico della sostanza, l’astinenza si verifica come reazione del corpo alla sua cessazione.
Quando si assume una sostanza, come la metamfetamina, il piacere che ne deriva è correlato ad un aumento della quantità di dopamina nel cervello; quando svaniscono gli effetti della sostanza, il corpo reagisce producendo meno dopamina e tende a “sbarazzarsi” dei recettori dopaminergici.
Esattamente come per la tolleranza, il processo di astinenza, produce evidenti sintomi che si protraggono a lungo termine.
I soggetti che assumono costantemente metamfetamina, durante il periodo di sospensione della sostanza producono bassi livelli di dopamina che a sua volta li rende anedonici, sperimentano cioè una mancanza o totale assenza di provare piacere in qualunque attività.
Questo avviene in quanto le cellule cerebrali produttrici di dopamina possono essere danneggiate da una lunga esposizione a livelli relativamente bassi di metamfetamina; è stato inoltre osservato che le cellule nervose contenenti serotonina possono anche essere danneggiate in modo anche più grave.
Quindi, se stiamo cercando di capire quali sostanze causano effetti sul corpo, è importante comprendere quali sono le cause alla base di tali effetti.
I concetti di astinenza, tolleranza e dipendenza sono diversi, anche se ovviamente correlati. La loro interazione è la chiave di lettura per la comprensione del processo di dipendenza, ma i loro punti più sottili possono non essere intravisti da psicologi con poca esperienza in merito.
Attualmente è in corso uno studio, il cui obiettivo è quello di valutare se alcune sostanze interferiscono con i processi elementari dell’apprendimento, che a loro volta potrebbero limitare la capacità di controllo sul comportamento di ricerca legato alla dipendenza.
Queste distinzioni sottili sono senza dubbio il risultato dei modi in cui le droghe alterano le reazioni neurochimiche del cervello; tali cambiamenti di base non possono quindi essere inquadrati come meno importanti della sintomatologia fisica.
Tutto sommato, sarebbe meglio parlare di dipendenza senza operare distinzioni, in quanto, anche come supportato dai recenti studi di neuropsicoanalisi, la nostra psiche è anche parte del nostro cervello, quasi “una parte fisica del nostro corpo”.
Può sembrare una cosa banale, ma continuare ad operare una distinzione netta porta gli utenti a percepire il proprio problema come minore, o più grave di quello di altri tossicodipendenti.
Se si dispone di un comportamento che sta alterando il funzionamento del soggetto e dal quale non si riesce a “smettere”, non importa se è presente la sintomatologia fisica o meno, perché si tratta pur sempre di un problema e si ha bisogno di aiuto.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)