Dovete dire al vostro capo che avete sbagliato un lavoro? State attenti alle emozioni!
Uno studio dimostra come le emozioni influenzino la reazione di un capo di fronte al fallimento di un suo impiegato.
Prima o poi, tutti facciamo degli errori sul posto di lavoro…
Ma c’è un modo giusto per spiegarlo al proprio capo?
In un articolo, pubblicato da “Europe’s Journal of Psychology”, i Dr. David e Hareli Shlomo e la Dr. essa Ursula Hess hanno studiato se mostrare un’emozione (o la sua mancanza) e se ammettere le proprie responsabilità, incolpare qualcun altro o dare una risposta ambigua possano influenzare la credibilità del racconto dell’impiegato e le sue possibilità di essere licenziato o avere una promozione.
Gli studi ed i risultati.
I ricercatori hanno selezionato degli allievi dalla Business School della University of Haifa, in Israele, per partecipare ad un esperimento online, presentato in due versioni.
Nel primo studio, 416 partecipanti lessero di un aggiornamento dei software di un ufficio andato terribilmente male: dopo di esso, l’intero sistema del cliente subì un guasto e rimase inoperativo per alcune ore, causando a questi un danno considerevole.
Ai partecipanti fu comunicato che il tecnico incaricato dell’aggiornamento era una persona affidabile.
In seguito, videro un video di un attore maschio, addestrato a fare la parte dell’impiegato, e a porre la domanda “Secondo voi cosa ha causato il problema?”. In esso, l’attore mostrava rabbia, vergogna o un’emozione neutra. Egli, inoltre, poteva ammettere la sua responsabilità, dicendo di aver saltato la corretta procedura diagnostica perché era un’istallazione di routine, incolpava il suo supervisore per avergli detto di fare così, oppure dava una risposta ambigua, dicendo che non sapeva cosa fosse successo.
Dopo aver visto i video, i partecipanti valutarono quanto credevano a quanto detto dall’impiegato ed indicarono se gli avrebbero dato una promozione in futuro, o se l’avrebbero licenziato immediatamente.
I ricercatori hanno trovato che, se l’attore mostrava poche emozioni, o nessuna, indipendentemente da cosa dicesse effettivamente, egli era considerato più credibile, rispetto a quando esternava vergogna o colpa, e c’erano anche maggiori probabilità che i partecipanti scegliessero di promuoverlo in futuro.
I Dr. Shlomo e colleghi spiegano che le norme inerenti il posto di lavoro valorizzano un’emotività neutra, l’obiettività e la professionalità. Ammettere la colpa, in questo contesto, può generare più fiducia, favorendo una probabilità maggiore di ottenere una promozione in futuro, perché sentirsi in colpa “segnala non solo che una persona ha compreso di aver compiuto un misfatto, ma anche che ha intenzione di fare meglio in futuro”.
Nel loro secondo studio, invece di dire ai partecipanti che l’impiegato era affidabile, gli studiosi rivelarono ad una metà di loro che un altro “impiegato” aveva confermato la spiegazione fornita nel video.
Come nel primo studio, i ricercatori hanno trovato che nascondere le emozioni e comportarsi in modo neutrale aumentava la credibilità delle affermazioni dell’attore: i partecipanti, infatti, avevano più probabilità di dire che in futuro gli avrebbero dato una promozione, piuttosto che licenziarlo per quell’errore.
Inoltre, l’impiegato era giudicato più credibile quando ammetteva la colpa per l’accaduto, ma ciò aveva un costo: i partecipanti, infatti, affermavano, in questo caso, che l’avrebbero licenziato immediatamente. Quindi, a differenza di quanto emerso nel primo esperimento, manifestare il proprio senso di colpa per quanto accaduto non garantiva la possibilità di essere promossi in futuro.
Insomma, sapere che un altro impiegato confermava il racconto aumentava la credibilità delle affermazioni del primo, ma, cosa interessante, questo era particolarmente vero se egli appariva arrabbiato: i partecipanti, infatti, tendevano a non avere fiducia dei resoconti degli impiegati arrabbiati, a meno che un altro testimone non confermasse la loro versione, poiché la rabbia è considerato, spesso, un “comportamento sospetto” nel contesto lavorativo e potrebbe essere “vista come uno sforzo per difendersi e distogliere l’attenzione dalla propria colpa”.
Conclusioni.
Poiché lo studio ha usato solo un attore maschile in un’unica situazione, è possibile che con delle impiegate di sesso femminile, o in un contesto lavorativo diverso, i risultati possano essere interpretati in altri modi.
Complessivamente, i Dr. Shlomo e colleghi conclusero che mostrare le proprie emozioni, nel proprio ambiente lavorativo, dopo un aver fallito un compito, viene interpretato, spesso, come segno di inganno: anche se gli individui potrebbero usarle in modo genuino, per enfatizzare i loro punti di vista, esse, infatti, potrebbero influenzare in senso negativo la credibilità di quanto costoro affermano.
I ricercatori sottolineano, quindi, che i manager dovrebbero tener conto di questa dinamica, prima di prendere delle decisioni importanti, di fronte all’errore commesso da un loro impiegato.
Fonte: PsychologicalScience.org
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)