È possibile generare falsi ricordi?
Diverse ricerche hanno evidenziato che l'uso massivo di alcune tecniche quali ipnosi regressiva, immaginazione guidata ed interpretazione dei sogni potrebbe generare nei clienti dei falsi ricordi.
I recenti resoconti dei media hanno sollevato interrogativi su alcune tecniche utilizzate in psicologia attraverso le quali diverse persone denunciano abusi sessuali storici contro figure pubbliche di spicco.
In particolare, è stato suggerito che alcune tecniche psicoterapeutiche corrono un alto rischio di generare involontariamente false memorie, conosciute anche con il termine di falsi ricordi.
Quando si parla di false memorie o falsi ricordi si fa riferimento a ricordi di eventi che sono o grossolanamente distorti o che non hanno mai avuto luogo.
È bene però chiedersi come mai esistono tali paure intorno a questo tipo di tecniche psicoterapeutiche.
Le tecniche utilizzate per recuperare i ricordi presumibilmente repressi possono includere la regressione ipnotica, l'immaginazione guidata e l'interpretazione dei sogni.
Gli psicoterapeuti coinvolti possono ritenere che i ricordi di esperienze traumatiche siano automaticamente relegati nell'inconscio attraverso l'azione di un meccanismo di difesa noto come repressione.
Possono quindi pensare che, sebbene tali ricordi non possano più essere richiamati coscientemente, esercitano ancora un'influenza dannosa, che genera una vasta gamma di problematiche psicologiche comuni come ansia, depressione, bassa autostima e disturbi del comportamento alimentare.
Si sostiene che l'unico modo per affrontare questi problemi psicologici è quello di recuperare le memorie o i ricordi repressi e “lavorarci” attraverso la guida di un abile psicoterapeuta.
Tali credenze e pratiche sono comunemente utilizzate nei paesi Occidentali, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.


In realtà, la letteratura non ha ancora fornito alcuna prova credibile per il funzionamento della nozione psicoanalitica della repressione, pertanto alcuni ricercatori hanno sollevato il dubbio circa la possibilità che tali condizioni psicoterapeutiche si pongano come ideali per la generazione di falsi ricordi.
E' bene sottolineare che dimenticare il trauma è raro. Le prove dimostrano che, in generale, le esperienze traumatiche sono molto più suscettibili di essere ricordate che dimenticate.
Vi sono però alcune eccezioni a questa generalizzazione. Ad esempio, è improbabile che i ricordi di qualsiasi esperienza che si verifica durante i primi anni di vita siano consapevolmente accessibili nell'età adulta.
Ciò è dovuto al fenomeno dell'amnesia infantile; il cervello di un bambino non è abbastanza maturo dal punto di vista fisico per deporre dettagliati ricordi autobiografici in quella fase della vita.
Allo stesso modo, un trauma fisico al cervello in età adulta, a seguito di un incidente o evento traumatico, può impedire il consolidamento dei ricordi del trauma.
Anche i ricordi inerenti a determinate esperienze traumatiche in età adulta possono risultare distorti o incompleti.
La memoria non funziona come una videocamera, registrando fedelmente ogni dettaglio di un'esperienza. Al contrario, la memoria è un processo ricostruttivo.
Ogni volta che ricordiamo un evento, la memoria si baserà su tracce mnestiche più o meno accurate, ma la mente spesso colmerà automaticamente qualsiasi lacuna senza avere una chiara consapevolezza di tale processo.
In generale, ricordiamo l'essenza ma non i dettagli. Tuttavia, in determinate circostanze, possiamo sviluppare ricordi completamente falsi per eventi che non hanno mai avuto luogo.
Questa scoperta contro-intuitiva è stata dimostrata in centinaia di studi scientifici ben controllati utilizzando un'ampia varietà di metodi.
Ad esempio, i volontari potrebbero essere intervistati ripetutamente riguardo ad eventi che i loro genitori hanno confermato di aver vissuto durante i loro primi anni. Senza la conoscenza dei volontari, tuttavia, è stato incluso un evento aggiuntivo che i loro genitori hanno confermato di non aver mai vissuto, come perdersi in un centro commerciale all'età di cinque anni.
Nella ricerca pioneristica che utilizzava questa tecnica, la psicologa americana Elizabeth Loftus scoprì che circa un quarto dei volontari sviluppava falsi ricordi parziali o dettagliati di questo tipo.
In un'altra ricerca, ai volontari è stato chiesto se un certo numero di eventi dell'infanzia abbastanza comuni gli fosse mai accaduto personalmente.
In un altro studio apparentemente non correlato, è stato poi chiesto loro di immaginare alcuni degli eventi che inizialmente avevano detto di non aver mai vissuto. Più tardi, sono stati nuovamente interrogati sugli eventi della lista originale. Questa volta, erano più propensi a riferire che gli eventi che immaginavano fossero realmente accaduti.
In alcuni casi, i risultati di tali studi possono essere alquanto sorprendenti.


Ad esempio, un recente studio di Julia Shaw e Stephen Porter ha rilevato che il 70% dei partecipanti ha sviluppato falsi ricordi inerenti l'aver commesso un grave crimine - come l'aggressione con un'arma.
Ovviamente, questo pone un nuovo quesito, ossia quali possono essere le condizioni per creare falsi ricordi?
La comprensione attuale circa i falsi ricordi è abbastanza avanzata da poter specificare in modo alquanto preciso le migliori condizioni in base alle quali verranno generate.
Si scopre che queste condizioni corrispondono esattamente alle condizioni in cui si sono utilizzate massivamente le tecniche sopracitate.
Già nel 1994, Stephen Lindsay e Don Read riassumevano i pericoli del “lavoro sulla memoria” in psicoterapia alla luce di ciò che si conosce circa la distorsione della memoria a partire dalle ricerche sperimentali.
Hanno quindi enunciato quattro criteri:
“ Le forme estreme di lavoro sulla memoria attraverso alcune tecniche psicoterapeutiche combinano virtualmente tutti i fattori che hanno dimostrato di aumentare la probabilità di falsi ricordi o convinzioni illusorie: un'autorità fidata comunica una giustificazione per la plausibilità di ricordi nascosti di un trauma infantile di lunga data ( molti clienti hanno ricordi nascosti, hanno sintomi psicologici, sintomi fisici e sogni li dimostrano, e che il dubbio è un segno di 'rifiuto'); un'autorità fidata fornisce la motivazione per tentare di recuperare tali ricordi (la guarigione è contingente al recupero di memorie nascoste); il cliente viene ripetutamente esposto a informazioni suggestive da più fonti (aneddoti nei libri popolari, altre storie di sopravvissuti, commenti ed interpretazioni offerti dal terapeuta, e così via), fornendo un 'copione' per recuperare ricordi e suggerimenti su dettagli particolari; e infine tecniche come l'ipnosi e l'immaginazione guidata migliorano l'immaginazione ed il criterio di risposta in modo tale che le persone siano più disposte ad interpretare pensieri, sentimenti e immagini come ricordi”.
Alla luce di quanto esposto, non volendo attuare nessuna forma di “denigrazione” nei confronti delle suddette tecniche psicoterapeutiche, è bene comunque sottolineare l'importanza di una presa di consapevolezza circa la possibilità dell'influenza che si potrebbe esercitare sui clienti.
La presunta influenza non può certo essere stimata con certezza in quanto variabile da individuo a individuo.
Ciò che si raccomanda è un agito psicoterapeutico moderato e cautelativo in tutte quelle situazioni in cui gli aspetti immaginativi fungono da supporto per il recupero di memorie traumatiche o presumibilmente perdute.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro