Il primo sguardo di un bambino sul mondo.
Cosa succede nel cervello di un neonato da quando si affaccia per la prima volta alla vita?
Quando un neonato apre gli occhi, non vede bene.
Tu, il genitore, sei una forma sfocata di luce e buio.
Ben presto, però, la sua vista matura ed il tuo bambino ti riconoscerà!
Successivamente, egli inizia a guardare oltre te. Non riesce a capire cosa c’è fuori dalla finestra. È un altro insieme sfocato di forme e luci. Ma, nel giro di pochi mesi, egli impara a riconoscere gli alberi, le case, …: tutto il suo mondo viene messo a fuoco.
Gli scienziati della UNC School of Medicine hanno trovato ulteriori indizi su ciò che succede nel cervello dei neonati, mentre cercano di dare un senso visivo al mondo.
Lo studio, pubblicato sul giornale “Nature Neuroscience”, è parte di un progetto in corso nel laboratorio del Dott. Spencer Smith, assistente professore di Biologia cellulare e Fisiologia, che ha lo scopo di mappare le funzioni delle aree del cervello, che giocano un ruolo cruciale nello sviluppo della vista, e la loro importanza nel ripristino di questa funzionalità, quando compromessa.
I dati di partenza.
“C’è questa straordinaria azione biologica, che si attiva durante lo sviluppo”, ha spiegato il Dott. Smith. “All’inizio, ci sono programmi genetici e percorsi chimici che posizionano le cellule nel cervello ed aiutano a cablare una ‘bozza’ del circuito. Successivamente, dopo la nascita, questo circuito viene scolpito attivamente dall’esperienza visiva. Nemmeno i super computer ed i più recenti algoritmi possono competere con le capacità di elaborazione visiva di uomini ed animali.
Il nostro obiettivo è comprendere come esso riesca a fare questo”.
E continua:
“La maggior parte del lavoro sul ripristino della vista si è concentrata sulla retina e sulla corteccia visiva primaria. Una quantità minore ha esplorato lo sviluppo delle più alte aree visive del cervello ed il loro potenziale per il recupero dai deficit precoci.
Volevamo capire come si sviluppano queste aree visive più elevate. Avevamo bisogno di conoscere le finestre temporali critiche, durante le quali la visione dovrebbe essere ripristinata, e ciò che si verifica in esse, per garantire lo sviluppo corretto del circuito”.
Per capire le potenziali difficoltà, che derivano da un recupero più tardivo della vista, gli studiosi prendono, come esempio, il caso della cataratta bilaterale, ovvero quella condizione in cui le lenti di entrambi gli occhi sono appannate e la vista è gravemente limitata. Nei paesi sviluppati, è comune rimuovere chirurgicamente queste cataratte in epoca precoce e la vista, in genere, si sviluppa in modo appropriato.
“Ma nelle zone meno sviluppate del mondo queste persone non si recano in clinica fino a quando non sono adolescenti o anche più in là con l’età”, ha spiegato lo studioso. “Quando vengono loro rimosse le cataratte, non recuperano completamente la funzionalità visiva. Possono imparare a leggere e riconoscere i loro amici. Ma hanno grandi difficoltà a percepire alcuni tipi di movimento visivo”.
Si sa, inoltre, che esistono due sottoreti di circuiti visivi, chiamati corrente ventrale e dorsale. Quest’ultima è importante per la percezione del movimento.
I ricercatori, a questo punto, volevano comprendere se l’esperienza visiva fosse particolarmente importante per il corretto sviluppo della corrente dorsale e quali potessero essere i cambiamenti, a livello del singolo neurone, nel corso di questo primo sviluppo.
Lo studio ed i suoi risultati.
In una serie di esperimenti, il gruppo del Dott. Smith ha allevato dei topi nella più completa oscurità per diverse settimane.
Utilizzando il suo sistema di imaging, che riproduceva meccanicamente ciò che avveniva in questo complesso circuito cerebrale, e metodi chirurgici di precisione, gli studiosi hanno potuto visualizzare le aree specifiche del cervello, con una risoluzione a livello dei neuroni.
Dalle osservazioni effettuate è emerso che la corrente visiva ventrale ed i singoli neuroni si attivavano immediatamente, quando i topi rispondevano agli stimoli visivi. Ma non era così per la corrente dorsale.
“Mantenere i topi al buio comprometteva, in modo significativo, l’intensità dell’attivazione nella corrente dorsale”, ha spiegato il Dott. Smith. “E’ interessante notare che, anche dopo un periodo di recupero in un ciclo luce-buio normale, il deficit visivo nella via dorsale persisteva”.
Come ha puntualizzato lo studioso, questa dinamica ricorda i deficit visivi persistenti, osservati negli esseri umani con cataratta bilaterale, che ricevono il trattamento in età tardiva.
“Non solo i topi hanno bisogno dell’esperienza visiva per sviluppare la loro corrente dorsale dell’elaborazione visiva, ma ne hanno bisogno in una finestra temporale evolutiva precoce, affinchè vengano perfezionati i circuiti cerebrali”, ha aggiunto lo studioso. “In caso contrario, la loro vista non si sviluppa adeguatamente”.
Considerazioni conclusive.
Questi esperimenti possono aiutare a spiegare cosa succede nelle analoghe correnti ventrale e dorsale degli uomini, quando si è ancora bambini, cioè quando una parte della nostra vista si sviluppa lentamente e cerchiamo di dare un senso al mondo, che si muove intorno a noi, durante i primi mesi dopo la nascita.
Il Dott. Smith conclude: “Ora che ne sappiamo un po’ di più su come si sviluppano queste due sottoreti, bisognerebbe scavare a fondo nel lavoro che queste due diverse aree cerebrali svolgono. Bisognerebbe capire quali informazioni vengono analizzate dai neuroni nelle aree cerebrali più alte. Cosa decodificano meglio, o in modo più efficiente, rispetto ai neuroni della corteccia visiva primaria? Che cosa fanno esattamente, che ci permette di analizzare stimoli visivi complessi, in modo rapido ed efficiente?”.
Fonte: UNCHealthCare.org
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)