Il ritiro sociale dal mondo: il fenomeno degli Hikikomori
Con il termine giapponese “Hikikomori” si fa riferimento ad un gruppo di adolescenti o giovani adulti che decidono di isolarsi e ritirasi dalla vita sociale, senza coltivare nessun tipo di rapporto al di fuori di quello familiare, per un periodo superiore a sei mesi.
In Giappone, il termine Hikikomori è utilizzato per riferirsi ad un gruppo di adolescenti o giovani adulti che si sono ritirati dalla vita sociale e non hanno avuto rapporto al di fuori della propria famiglia per un periodo superiore a sei mesi.
Gli Hikikomori non lavorano o partecipano a qualsiasi forma di relazione sociale esterna e spesso rimangono nelle loro case per prolungati periodi di tempo, a volte anche per diversi anni.
Anche se le statistiche Giapponesi relative alla prevalenza degli Hikikomori non è disponibile, diversi esperti suggeriscono che il loro numero possa superare il milione.
Nonostante tale fenomeno non viene ancora riconosciuto come un problema importante per le società occidentali, tuttavia non è completamente sconosciuto e potrebbe, anzi, essere in aumento.
A tal proposito, molte delle precondizioni caratterizzanti il fenomeno degli hikikomori esistono già nella zona Occidentale, e se si possono evidenziare quelle condizioni correlate alla frammentazione delle strutture sociali nell'era moderna, non sarebbe irragionevole affermare che il ritiro acuto potrebbe anche manifestarsi in quelle nazioni e società culturali avanzate.
Infatti, il processo di individualizzazione e la perdita o rottura di una sicurezza ontologica, che può in qualche modo legarsi al ritiro sociale, potrebbe influenzare tutti i giovani in tutti i paesi avanzati.
D'altra parte, le condizioni socio-economiche in Giappone così come in altre nazioni sono, in un certo senso, uniche e possono quindi “assegnare” a tali comportamenti un maggiore senso di normalità.
All'interno del presente articolo verrà quindi presentato il fenomeno giapponese degli Hikikomori, considerando le evidenze relative alla sua prevalenza ed esaminando le diverse opinioni sulle cause.
Esistono infatti diversi punti di vista rispetto a tale fenomeno, sia dal punto di vista psicologico che sociologico, ma non meno importante è anche l'influenza esercitata dai mass media.
Seguendo una prospettiva psicologica, gli hikikomori presenterebbero un malfunzionamento cognitivo tale per cui necessiterebbero di un trattamento integrato che preveda prescrizioni farmacologiche e psicoterapia.
Tra gli elementi che partecipano all'insorgenza del fenomeno si possono includere relazioni familiari disfunzionali e disturbi mentali diagnosticabili come la depressione ed esperienze psicotiche pre-morbose.
I sociologi hanno inoltre enfatizzato la natura delle relazioni familiari Giapponesi, in virtù della prospettiva di Confucio sulle relazioni.
In questi termini la famiglia giapponese dell'hikikomori si presenta come normocostituita, ossia non avente separazioni, divorzi o altre problematiche interne.
La cultura confuciana sostiene l'amore filiale e l'attaccamento alla famiglia in quanto è profondamente radicato il concetto di “amae”, sostantivo del verbo “ameru”, che significa “dipendere da”.
L'analisi pubblica del fenomeno può invece coinvolgere l'impatto del declino delle opportunità tradizionali, ma anche una tendenza ad “incolpare” i genitori che sono considerati come troppo indulgenti rispetto alle tendenze “parassitarie” della generazione più giovane.
In molti sensi, la visione psicologica ha dominato il pensiero pubblico Giapponese e ha contribuito a mettere in campo una politica che si concentra sulla salute mentale degli individui e promuove un trattamento che si basa su farmaci e psicoterapia.
L'accettazione della visione medica del fenomeno ha generato nel settore politico un incipit nel creare strutture più ampie.
Inoltre, tale prospettiva ha incoraggiato le persone a pensare gli hikikomori come un gruppo omogeneo piuttosto che come un insieme di gruppi differenti che si ritirano dal mondo per motivi diversi e che sperimentano quest'ultimo in modi diversi.
Da un punto di vista storico, il termine Hikikomori è stato introdotto intorno alla metà degli anni '80 per designare un processo acuto di ritiro sociale.
Nel contesto accademico, Norihiko Kitao (1986) fu il primo ad utilizzare tale termine, ma altri autori sostengono che tale comportamento esistesse in Giappone già prima di allora.
Un romanzo degli anni '50 descriveva infatti la vita di alcuni studenti delle scuole superiori e raccontava il loro rifiuto ad uscire e relazionarsi con gli altri.
Tra gli anni '50 e gli anni '70, sia gli educatori che gli psicologi, erano consapevoli di un aumento del ritiro sociale, ma consideravano tale comportamento come correlato ad un rifiuto scolastico, depressione o altri disturbi psico-sociali.
Lo psichiatra giapponese Tamaki Saito, rileva che negli anni '80 un numero sempre crescente di giovani venivano inviati nelle cliniche per il trattamento del loro ritiro sociale.
A quel punto, gli psicologi iniziarono a considerare tale comportamento come condizione che richiedeva forme specifiche di intervento.
Il termine hikikomori deriva dal termine giapponese designante il ritiro sociale; le definizioni accademiche variano un po', ma Saito, che è considerato uno dei praticanti più autorevoli, si riferisce agli hikikomori come persone che hanno trascorso sei mesi o più in uno stato di asocialità, in cui non si frequentava la scuola o l'occupazione e non si avevano rapporti intimi con nessuno al di fuori della propria famiglia.

Si è inoltre manifestata una tendenza a pensare agli hikikomori come caratterizzati da un comportamento limitato alle loro case; nonostante questo rappresenti la norma è bene sottolineare che mentre molti trascorrono la maggior parte del loro tempo a letto o giacciono sul divano, altri escono di casa in tarda notte o nelle prime ore del mattino quando sanno di non incontrare vicini o ex compagni di classe.
Altri ancora tentano di nascondere la loro condizione uscendo ogni giorno di casa, come se stessero andando a scuola o a lavoro, ma trascorrono il loro tempo camminando senza meta per le strade o sui treni.
Un'altra incomprensione comune è che, sebbene ritirati in un senso convenzionale, gli hikikomori dedicano gran parte del loro tempo a comunicare attraverso internet.
Saito contesta questo aspetto e sostiene che meno del 10% di tali soggetti spende grandi quantità di tempo su internet.
Mentre Saito “guarda” l'hikikomori come affetto da un disturbo psicologico, fa comunque una chiara distinzione tra hikikomori e coloro che soffrono di un disturbo della personalità, di depressione o schizofrenia.
Dal punto di vista medico, vale la pena notare che l'Encefalomielite mialgica conosciuta come Sindrome da affaticamento cronico non è ampiamente utilizzata in Giappone come diagnosi, mentre la Sindrome da apatia dello studente è frequentemente utilizzata per spiegare il distacco e la letargia.
Le stime dei numeri di hikikomori variano notevolmente, ma Saito, sulla base della sua esperienza clinica, suggerisce che questi ultimi costituiscano circa l'1% della popolazione.
Questo lo ha portato a ritenere che ci siano circa un milione di hikikomori in Giappone. In aggiunta a questo, esiste inoltre molto disaccordo sulla distribuzione del fenomeno tra i generi.
La maggior parte degli studiosi afferma che sia maggiormente presente tra i maschi rispetto alle femmine; allo stesso tempo, Yutaka Shiokura (2007) ha richiamato l'attenzione su un sondaggio commissionato dalla Japanese Braoadcasting Authority (NHK) nel quale solo il 53% del campione era composto da maschi.
Sembra quindi molto probabile che il ritiro femminile in casa sembra così scontato e naturale nella cultura giapponese da far sì che tale “fetta di popolazione” non venga presa in considerazione.
Ciò suscita ulteriori dubbi sulla precisione delle statistiche del fenomeno. Sebbene esista poco accordo sulla prevalenza o sulle caratteristiche principali del fenomeno hikikomori, vi è una diffusa accettazione dell'idea che l'ultimo decennio ha visto un rapido aumento del ritiro sociale acuto.
La Dottoressa Ryoko Ishikawa, all'interno della sua tesi di dottorato, ha elencato il numero di articoli che hanno fatto riferimento al fenomeno degli hikikomori in un periodo compreso tra il 1983 ed il 2005.
Mentre nel 1985 tale fenomeno aveva ricevuto solo 4 menzioni, nel 2005 il fenomeno è stato menzionato 794 volte.
La copertura di tale fenomeno da parte dei media è certamente importante, ma è necessario essere cauti sul modo in cui viene interpretato.
I media non solo riferiscono le tendenze emergenti ed i problemi sociali, ma tentano di definirli.
L'amplificazione mediatica delle questioni sociali è da tempo riconosciuta, e lo spostamento dell'attenzione dei media su un determinato fenomeno non è mai casuale.
In Giappone infatti, l'esplosione mediatica del fenomeno hikikomori è legata a due crimini commessi da tali soggetti: l'omicidio di un allievo della scuola primaria a Kyoto e il rapimento di una giovane donna a Niegata.
Pur riconoscendo le difficoltà di ottenere statistiche precise sulla prevalenza e le caratteristiche degli hikikomori, e mantenendo una consapevolezza dell'impatto amplificatorio da parte dei media, rimane importante comprendere meglio la popolazione ed i fattori che potrebbero esacerbare il fenomeno.
Possono esistere dispute e controversie molto valide sulla dimensione e la natura della popolazione di hikikomori, ma qualunque prospettiva viene adottata è chiaro che una sezione della giovane popolazione Giapponese è isolata sia da una vita economica che sociale per un lungo periodo di tempo.
Senza dubbio vi sono dei fattori psicologici che svolgono una parte, alcuni dei quali possono essere collegati alle condizioni specifiche di crescita, durante l'infanzia e l'adolescenza, in paesi come Giappone e la Corea del Sud.
Le spiegazioni psicologiche per il fenomeno degli Hikikomori rimangono ad oggi molto popolari in Giappone, anche se è difficile giungere ad una spiegazione soddisfacente per l'apparente e rapido aumento nella prevalenza senza tener conto delle condizioni mutevoli.
Un approccio popolare è stato quello di suggerire che la famiglia conservatrice Giapponese è diventata un po' disfunzionale e incontra problemi nel momento in cui cerca di preparare il proprio figlio per il contesto economico e sociale.
In altre parole, molte famiglie hanno difficoltà ad adattarsi successivamente alle nuove condizioni sociali e tendono a proteggere la prole.
A tal proposito, la famiglia giapponese è stata associata al fenomeno degli Hikikomori. Con una mancanza di supporto statale per i più giovani, le famiglie si assumono la responsabilità per i propri figli fino a quando non sono pienamente in grado di “camminare da soli”.

Questa non è una situazione che causa risentimento, ma è radicata nella tradizione per cui i processi di cura si protraggono anche durante la vita adulta, determinando nei genitori una maggiore responsabilità anche in età avanzata.
Non è raro, per i figli, il permanere nella casa di famiglia per gran parte della loro vita, in quanto l'indipendenza non è apprezzata quanto in Occidente, ed i principi di Confucio richiamano la coltivazione del rispetto per i propri genitori e determina, in questi ultimi, un dovere di cura permanente.
In queste condizioni, la famiglia può sviluppare forme di eccessiva protezione verso un figlio turbato o che incontra difficoltà, nel tentativo di garantire una protezione sicura dal mondo esterno.
Anche se le condizioni familiari possono contribuire, è anche probabile che il sistema educativo giapponese fornisca almeno una spiegazione parziale per il fenomeno degli hikikomori.
Il sistema giapponese è infatti una “traccia singola”, rigidamente organizzata e altamente pressante. I genitori ed i giovani apprezzano l'importanza del successo educativo e sono consapevoli della mancanza di una seconda opportunità.
Esistono forti legami tra la scuola ed i datori di lavoro e anche se vi è stato un calo del numero dei posti di lavoro, le raccomandazioni degli insegnanti sono ancora una determinante importante nella prospettiva professionale.
Poiché le scuole giapponesi sono ambienti fortemente disciplinati e con poche concessioni o ammissioni di comportamenti non conformisti, di conseguenza il rifiuto scolastico non è raro.
Si stima che siano circa 130.000 i soggetti che rifiutano la scuola; tale “categoria” viene a stabilirsi per quei soggetti che hanno raccolto 30 giorni di assenza in tutto l'anno.
A tal proposito, nel 2003, il Giappone ha classificato il maggior numero di studenti scolastici come non motivati o mostranti variazioni estremamente elevate nelle prestazioni a livello scolastico.
Mentre la vita familiare e sociale è divenuta sempre più individualizzata, le scuole giapponesi hanno generato poche concessioni alla modernità.
I cambiamenti culturali, sociali e scolastici che hanno coinvolto il Giappone dagli anni '70 ad oggi, hanno fatto sì che tali aspetti non potevano essere trascurati nell'analisi del fenomeno.
Secondo Tamaki Saito, il fenomeno degli hikikomori si è radicato in Giappone negli anni '70, anche se non è stato ampiamente riconosciuto fino a molto tempo dopo.
Egli sottolinea un legame tra l'emergere del fenomeno e la “moratoria psicologica” identificata da Erickson (1968) un po' prima.
Per Erickson, ci sono situazioni in cui persone di qualsiasi età possono perdere il senso della direzione, e per i giovani questa confusione si presenta spesso durante i periodi di transizione.
Infatti, le transizioni moderne, in cui le scelte tra i diversi percorsi non sono immediatamente chiare, sono particolarmente favorevoli alle forme del ritiro; in tal senso, i giovani prendono tempo con l'obiettivo di ristabilire un senso di direzione, e contemporaneamente lottare per ricostruire la propria identità di giovane adulto.
La moratoria psicologica rappresenta pertanto un meccanismo di protezione che fornisce una finestra di opportunità per lo sviluppo personale o, come gli psicologi sottolineano, che facilita il completamento dei compiti di costruzione dell'identità associato all'adolescenza.
Anche se vi sono indubbiamente benefici sociali e psicologici associati a tale costrutto, nel libro “Generation on Hold”, Côté è Allahar (1994) sostengono che alcuni sperimentano una moratoria perdendo la loro strada.
Di conseguenza, suggeriscono che l'adolescenza può finire per diventare il periodo più distruttivo o sprecato della loro vita, soprattutto per coloro che non dispongono delle risorse da utilizzare per rendere il tempo più costruttivo.
In queste circostanze, spesso le persone stagnano o vanno alla deriva; possono sviluppare meccanismi che impediscono la possibilità di auto-costruirsi nel mondo.
Tale processo di occlusione o chiusura descrive bene la situazione degli hikikomori.
Mentre la moratoria psicologica, o come preferiscono Côté e Allahar “moratoria dell'identità” , di solito rappresenta una fase fugace che i giovani attraversano senza difficoltà, allo stesso modo può suggerire che coloro che incontrano problemi possono essere attirati da estreme espressioni subculturali di sé che possono divenire permanenti e che si inscrivono o in uno stile di vita o in una trappola mortale, soprattutto se da ciò ne deriva l'applicazione di un'etichetta deviante che potrebbe rafforzare alcune forme di comportamento.
In senso Eriksoniano, il termine moratoria tende ad essere applicato con simpatia in Occidente e non implica alcuna condanna morale per le azioni individuali.
Al contrario, l'uso giapponese del termine è stato influenzato dallo psichiatra Keigo Okonogi (1977).
Okonogi adotta un approccio più negativo alla moratoria, in cui i giovani moderni sono considerati come auto-centrati e caratterizzati da una tendenza a trascurare le proprie responsabilità attraverso il rinvio delle decisioni.
Questa è stata un'interpretazione che rimase popolare in Giappone e che viene letta nel riflesso degli atteggiamenti verso il fenomeno degli hikikomori.
Mentre esistono potenziali vantaggi nel prendere tempo per completare i compiti legati alla crescita o per stabilire la propria direzione, è necessario disporre di un appropriato, socialmente sanzionato, ritiro.
Nelle società occidentali esistono infatti diverse alternative socialmente condivise: i giovani possono ritagliarsi del tempo per viaggiare, impegnarsi in attività di volontariato o sviluppare competenze musicali o artistiche.
Spesso i giovani si spostano attraverso i programmi educativi nel tentativo di identificare la futura carriera. In sostanze, tutte queste possibilità, non sono considerate come problematiche nelle società occidentali.
Un processo di “deriva” è socialmente accettabile e può verificarsi senza danni a lungo termine, mentre in Giappone è un processo che viene spesso visto con sospetto.

Sin da giovanissimi i Giapponesi devono imboccare la strada giusta al primo tentativo; coloro che non vi riescono possono così essere condannati ad una vita lavorativa secondaria e di minore importanza.
A questo punto, risulta inoltre necessario provare a riconoscere la complessità e l'eterogeneità del gruppo degli hikikomori.
Mentre è necessaria la ricerca empirica per esplorare e quantificare le variazioni del fenomeno, diversi accademici e professionisti suggeriscono che vi siano almeno cinque categorie sociali che contengono “cluster” di hikikomori.
Il primo gruppo può essere definito come “psicologicamente compromesso”, ossia un insieme di soggetti che rispondono alle descrizioni di Saito e che necessitano di un trattamento farmacologico per la presenza di ansia e depressione, nonché di un percorso psicoterapeutico.
Mentre questo gruppo è altamente significativo, sarebbe sbagliato considerare tutti gli hikikomori come psicologicamente danneggiati o suggerire che tutti necessitino di forme simili di trattamento.
Questo è importante perchè molti giovani con problemi psicologici non si isolano socialmente e riescono a mantenere delle relazioni sociali.
Un secondo sottogruppo di hikikomori viene talvolta chiamato “Otaku”, il cosiddetto Nerd. In Giappone molti di questi saranno lettori appassionati di Manga o con una notevole passione e inclinazione ossessiva per le nuove tecnologie.
Questi ragazzi possono essere definiti anche come “socialmente inetti”, ma non soffrono di un malessere psicologico o richiedono trattamenti farmacologici, in quanto alcuni si ritirano socialmente, mentre altri sono socialmente integrati.
Un terzo sottogruppo può essere invece caratterizzato da una scena alternativa; sono cioè soggetti che non compiono nessuno sforzo pur di sentirsi integrati o trovare un'occupazione retribuita, in quanto cercano modi alternativi di vivere la propria vita.
Di questi soggetti, non tutti sono hikikomori, poiché riescono a formare una vita sociale nonché delle relazioni interpersonali.
Il quarto sottogruppo può essere invece denominato come “solitario o isolato”, nel senso che hanno una predilezione per la solitudine, ma allo stesso modo tentato di costruire una propria rete sociale e relazionale.
Infine, il quinto sottogruppo può essere pensato come dei “viaggiatori ansiosi” che sperimentano transizioni difficili; sono spesso consapevoli di vivere all'interno di un sistema che offre poche seconde possibilità.
Alcune volte possono sperimentare la moratoria dell'identità e il ritiro può essere temporaneo e legato ad una necessità di riflessione e ri-orientamento.
Conclusioni
Il fenomeno Hikikomori ha provocato molta preoccupazione in Giappone, spingendo alcuni studiosi a temere una grave crisi adolescenziale di massa con profonde ripercussioni sul piano della salute pubblica, integrazione sociale e partecipazione economica.
Mentre vi sono alcune evidenze per sostenere la visione che il ritiro sociale acuto è divenuto più comune, è importante non estremizzarne la prevalenza o tentare di ridurre la sua spiegazione al malessere psicologico individuale.
I giovani si ritirano per una serie di motivi, alcuni hanno condizioni cliniche diagnosticabili, altri sono socialmente inattivi, cercano stili di vita alternativi, sperimentano forme di anomie come lottare per dare un senso a sé stessi tracciando così la direzione del proprio futuro.
Affrontare il fenomeno degli hikikomori richiede più dello sviluppo di nuove iniziative incentrate sui giovani che si sono ritirati; esso richiede lo sviluppo di un'ampia gamma di misure di sostegno inclusi pacchetti completi di sostegno e informazioni.
Genitori, datori di lavoro, insegnanti e, naturalmente, i giovani stessi hanno bisogno di una maggiore comprensione sulla nuova economia e le competenze necessarie per sopravvivere in una società caratterizzata dall'ordine, la velocità ed il controllo.
Probabilmente il ritiro sociale è un aspetto che si sta diffondendo anche tra i giovani Occidentali; anche se non è un problema che ha ricevuto molta attenzione da parte dei politici e dei ricercatori, prove provenienti da professionisti della salute mentale, sottolineano che il ritiro è un problema attuale e che richiede attenzione.
Allo stesso tempo, esistono differenze fondamentali tra le società Occidentali ed il Giappone. In entrambi i paesi le transizioni giovanili sono cambiante radicalmente, con transizioni di massa sostituite da quelle più individuali e processi non lineari.
Alcuni autori prevedono che i livelli di casualizzazione e insicurezza che caratterizzano il mercato del lavoro Giapponese si diffonderà ben presto anche in Occidente, come parte di un processo descritto da Beck (2000) come “brasilizzazione”: un processo che renderà i mercati del lavoro occidentali come assumenti caratteristiche di paesi meno sviluppati come il Brasile.
Tuttavia, i giovani Occidentali sono stati maggiormente in grado di adattarsi a processi di precarietà e situazioni di incertezza per più di 20 anni; in queste circostanze, è probabile che il ritmo più lento del cambiamento, combinato ad un più forte sistema di sostegno, abbia offerto un maggior grado di protezione contro un fenomeno così particolare e complesso come quello degli hikikomori.
Tratto dalla rivista “The Sociological Review”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)
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