Il ruolo dell'isolamento sociale nel disturbo borderline di personalità
Secondo un recente studio condotto dalla Dottoressa Hannah Pucker del McLean Hospital, l'isolamento sociale nel disturbo borderline di personalità produce rischi mentali e fisici significativi.
La presenza di relazioni strette e significative nella vita di ognuno di noi è un fattore protettivo per diversi rischi di salute mentale e fisica.
La presenza di altre persone, la possibilità di creare con loro legami inconfondibili getta le basi per quella forma di supporto che promuove la felicità e il benessere.
Anche se non vediamo tutti i giorni le persone che consideriamo nostre amiche, c'è conforto nel sapere che esistono e che si può contare su di loro in qualsiasi momento.
Al contrario, l'isolamento sociale, condizione in cui una persona si vede separata dalle altre, potrebbe invece portare a conseguenze negative per la salute mentale. Anche se si preferisce non stringere forti amicizie o adempiere a quei piccoli doveri che le relazioni sociali implicano, in qualità di esseri sociali tutti abbiamo bisogno di condividere con altri momenti di spensieratezza.
La ricerca che indaga la relazione tra salute fisica/mentale e presenza di relazioni significative con altri mostra che esistono indubbi vantaggi che si pongono come protettivi per i rischi di salute.
Per le persone con disturbo borderline di personalità, secondo un recente studio del McLean Hospital, Massachusetts, condotto dalla Dottoressa Hannah Parker, l'isolamento sociale può diventare una condizione cronica che pone rischi mentali e fisici significativi.
Studi correlazionali precedenti hanno rivelato che le persone con questo disturbo hanno meno relazioni strette, ma è difficile determinare la direzione causale quando le persone vengono 'testate' in un determinato momento.
I ricercatori del McLean sono stati in grado di superare questo limite grazie ad un lavoro ventennale che gli ha consentito di seguire i pazienti nel lungo periodo.

In un periodo di 20 anni, Pucker e colleghi sono stati in grado di seguire i loro 269 partecipanti con una frequenza di 10 volte ogni due anni, raccogliendo così innumerevoli informazioni sul loro funzionamento psicosociale.
Le variabili predittive misurate all'inizio dello studio hanno ulteriormente contribuito a ridurre il problema degli studi correlazionali nel determinare quali fattori portano all'isolamento nel tempo.
Nello studio di Pucker e colleghi, l'isolamento sociale è stato definito come “la mancata presenza di relazioni di sostegno emotivo al di fuori della famiglia”.
Per misurare l'isolamento sociale, il team di ricerca ha chiesto ai partecipanti di dichiarare se avevano amici o partner intimi. Per ciascuna di queste relazioni, i partecipanti hanno risposto a domande inerenti la quantità di confidenza, il supporto emotivo, il conflitto e la distanza che hanno vissuto. Poi è stato chiesto loro di valutare quanto fosse utile la relazione per il loro funzionamento e/o autostima.
Gli individui che hanno riferito di non avere relazioni al di fuori della famiglia sono stati classificati come “socialmente isolati”. Ancora una volta, approfittando del metodo longitudinale e dei vasti dati disponibili sui partecipanti sia dal loro ingresso iniziale nello studio che nel corso dei 20 anni, i ricercatori sono stati in grado di valutare il ruolo della personalità e le prime esperienze di vita.
Le misure predittive includevano tratti della personalità come nevroticismo, estroversione, gradevolezza, esperienze patologiche nell'infanzia di abuso e abbandono, esperienze protettive nell'infanzia, così come età sesso, razza ed esperienza di depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico e abuso di sostanze.
Queste misure sono poi entrate a far parte di un modello statistico per prevedere l'isolamento sociale alla fine dei 20 anni di studio. Inoltre, gli autori sono stati in grado di confrontare gli individui con disturbo borderline di personalità e 72 persone che hanno soddisfatto i criteri diagnostici per altri disturbi di personalità.
Questo gruppo di confronto ha fornito un importante controllo per il ruolo dei disturbi della personalità, in generale, come influenza sui risultati a lungo termine. I risultati hanno rivelato che, come previsto, le persone con disturbo borderline di personalità avevano effettivamente tassi di isolamento sociale più elevati rispetto al campione di confronto.
Durante i 20 anni di studio, i tassi di isolamento sociale nei partecipanti borderline variavano dal 22 al 32%, con un 26% totale alla fine del periodo di studio.
Quelli con altri disturbi di personalità hanno mostrato un andamento simile nel tempo, ma i loro tassi erano molto più bassi, tanto che al 20° anno, il 10% si considerava socialmente isolato.
Per quanto concerne i predittori dell'isolamento sociale, Pucker e colleghi hanno individuato 3 fattori significativi: meno punti di forza nell'infanzia (competenza e relazioni positive), punteggi più bassi all'estroversione e punteggi più bassi sulla gradevolezza.
Come notano gli autori, “l'estroversione implica emozioni positive e un interesse per i rapporti sociali; la piacevolezza riflette la volontà di una persona a cooperare e la capacità di provare compassione”.

Proseguono sottolineando che “ha senso clinico che le persone che non hanno queste qualità presentino meno rapporti emotivi”.
Gli autori continuano a suggerire che queste qualità della personalità sono 'fisse' nelle persone e quindi non possono essere modificate. Su questo punto, tuttavia, è importante notare che gli studi longitudinali sull'estroversione e sulla gradevolezza dimostrano che i tratti della personalità possono modularsi nel tempo.
Forse se tali misure di personalità fossero state valutate nel corso dello studio, la loro stabilità sarebbe potuta essere valutata. Tuttavia, i risultati forniscono importanti informazioni sulle esperienze di vita delle persone con disturbo borderline di personalità e quali fattori possono contribuire al loro aggiustamento nel tempo.
Il loro isolamento sociale, come descrivono gli autori, può produrre una serie di altre conseguenze negative tra cui “uso di sostanze, aumento della pressione sanguigna e dell'infiammazione, malattia coronarica, declino cognitivo, suicidio e mortalità prematura”.
Il trattamento, quindi, dovrebbe concentrarsi sulla riduzione dell'isolamento sociale e tentare di lavorare sulle dimensioni soggiacenti della personalità che svolgono un ruolo ben preciso.
Prendendo di mira solo i sintomi acuti di persone con disturbo borderline di personalità non è detto che si riesca a produrre un effetto positivo sulla loro salute fisica e psicologica.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro