Intelligenza e relazione di coppia
Come si fa a riconoscere una relazione “tossica”? Che peso hanno le nostre aspettative? Che ruolo svolge l'intelligenza emotiva a proposito?
Riconoscere una relazione tossica può a volte risultare alquanto difficile; questo è causato, in larga misura, da ciò che portiamo “al tavolo” in termini di narrazione e aspettative interiori.
In qualità di esseri umani, solitamente, nutriamo una certa sensibilità rispetto a come vorremmo essere trattati e cosa siamo disposti ad accettare.
La sfida che affrontiamo quotidianamente riguarda il fatto che le nostre narrazioni ed aspettative interne spesso ci offuscano la vista, e non ci consentono di vedere chi realmente abbiamo di fronte, e cosa veramente si mostra come accettabile.
Ogni volta che interagiamo nel mondo sociale, si assiste ad uno scambio implicito di istruzioni l'un l'altro.
Ad esempio, se condividiamo pensieri e racconti circa i cambiamenti positivi nella nostra vita e la persona con cui ciò viene condiviso si concentra a sottolineare solo i risultati negativi, alla fine riceviamo il messaggio di aver compiuto delle scelte o decisioni sbagliate.
Se interiorizziamo questo messaggio, automaticamente, potrebbe generarsi una sensazione di dubbio circa sé stessi.
Allo stesso modo, se sperimentiamo un'enfasi costante sui nostri attributi fisici, possiamo essere inclini a disconfermare il nostro acume intellettuale.
Una tale prospettiva potrebbe facilmente portare ad un'auto-percezione di essere vista, ad esempio nel caso di una donna, solo come una “bomba-sexy, nonostante la chiara evidenza di successo professionale.
Qualunque sia il contesto, arriva un punto in cui possiamo iniziare a mettere in discussione questi messaggi negativi e, allo stesso modo, le relazioni dalle quali scaturiscono.
Quando e se succede, abbiamo un paio di opzioni: attaccare e affrontare il discorso, allontanarsi dalla persona o riconoscere che quanto supposto non ci appartenga, sviluppando così una strategie per gestire le successive interazioni.
In entrambi i casi, la semplice comprensione che ciò che è stato accettabile fino a quel momento non è più tollerabile ci spinge ad un altro e nuovo livello di intelligenza sociale ed emotiva.


L'intelligenza emotiva è la componente di un nucleo che comprende anche l'intelligenza sociale e spirituale. Essa fa riferimento alla capacità di monitorare le emozioni ed i sentimenti propri e altrui.
Il bisogno di raccontare e raccontarsi è centrale nella vita di ogni individuo, rappresentando così uno strumento utile per l'interpretazione della realtà, per sollecitare il recupero del senso esistenziale, spirituale, relazionale, cognitivo ed affettivo della propria storia di vita.
L'intelligenza sociale si concentra invece sulla capacità di riconoscere e rispondere a tutti quei segnali che definiscono un contesto sociale ed in cui rientrano sia il linguaggio corporeo che i messaggi secondari.
L'intelligenza spirituale è l'iterazione della “Mente superiore” dell'intelligenza emotiva, definita primariamente dal riconoscere l'esistenza di uno “spazio” in cui sono presenti le relazioni immediate che stabiliamo con gli altri, oltre che dall'esercitare una più ampia compassione globale.
Quando iniziamo a mettere in discussione la qualità dei rapporti e di ciò che forniscono, abbiamo l'opportunità di allontanarci dalle narrazioni e aspettative interiori che ci hanno limitato, spostandoci verso qualcosa di più di questa prospettiva della “mente superiore”.
Trasformare una relazione da sana a tossica ovviamente non è così semplice, perchè dipende anche dal grado di investimento e coinvolgimento in quest'ultima.
Esistono alcune relazioni, forse quelle con un genitore o un fratello, che non possono essere facilmente abbandonate.
Ci sono anche quelle che, in virtù della loro influenza negativa, dovrebbero essere evitate, con l'obiettivo di preservare noi stessi.
Se scegliamo di “affrontare il discorso”, non significa che dobbiamo continuare a sopportare.
Esercitare un'intelligenza sociale ed emotiva più sviluppata in questo scenario significa riconoscere che, qualunque cosa stiamo vivendo, appartiene all'altra persona nella relazione.
Questo cambiamento di prospettiva rappresenta una piattaforma per la nostra crescita. Uscire completamente da una relazione significa stabilire un limite; ciò può essere difficile, ma a volte è consigliabile, se non necessario.


Spesso, questa scelta diventa evidente quando si tratta di qualcuno che procura danni sociali, fisici e psicologici.
Potrebbe essere un dipendente che sta drenando le nostre finanze, un soggetto che crea un caos morbosamente distruttivo per le nostre vite e per altre relazioni, o qualcuno che ri-attiva un trauma del passato.
Qualunque sia il caso, il rimuovere qualcuno dalla propria vita che provoca una sofferenza, ci consente di cogliere un'opportunità per guarire le ferite che sono state fatte o rivelate.
Il mezzo centrale nella trasformazione delle relazioni sta nel cambiare il nostro modo di rapportarci alle relazioni stesse.
Non possiamo cambiare un'altra persona, ma possiamo cambiare il tenore delle nostre interazioni con l'altra persona.
Quando si arriva ad un punto in cui il carico emotivo e la sopportazione ci schiacciano, e decidiamo in modo istintivo che non vogliamo che quella persona faccia ancora parte della nostra vita, non dobbiamo necessariamente eliminare quella persone per uscire da tale dinamica.
Piuttosto, possiamo modificare le nostre modalità relazionali rispetto a quella dinamica cambiando il modo con cui ci impegnano con lui/lei.
Fondamentalmente possiamo riconoscere tali aspetti e andare avanti, scegliendo di modificare quelle modalità che si sono rivelate dannose.
Pertanto, la capacità di creare e mantenere la nostra realtà ed esperienza, dipende dal grado in cui esercitiamo l'intelligenza sociale, emotiva e spirituale.
Mettendo a confronto le tre intelligenze che popolano il nostro mondo, riusciamo ad accedere ad una quantità di risorse maggiori da sfruttare a nostro vantaggio.
Tutto questo può cosi consentirci di scegliere di avere persone intorno a noi che non ci trattano per come ci aspettiamo di essere trattati, ma per come meritiamo di essere trattati.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)