Invecchiare e dormire meno: c’è un rimedio all’insonnia?
Approfondiamo il rapporto tra insonnia ed età, cercando di definire i rimedi (realmente) utili a questo fenomeno.
L’insonnia è come un ladro che, nella notte, ci priva del sonno ristoratore tanto necessario.
Ciò è vero, in particolare, per le persone con un’età superiore a 60 anni.
E, così, possiamo dire addio al riposo, anche in quei momenti della vita in cui ne avremmo bisogno assoluto!
Le cause dell’insonnia sono molte ed aumentano di numero e gravità man mano che le persone invecchiano.
Eppure, il problema è, spesso, trascurato durante i controlli di routine, il che si ripercuote non solo sulla qualità della vita di una persona anziana, ma può anche causare, o aggravare, disturbi fisici ed emotivi, compresi i sintomi di decadimento cognitivo.
Cosa sappiamo sull’insonnia?
Quali sono le sue cause?
Esistono dei rimedi efficaci per prevenirla o sconfiggerla?
Cosa sappiamo sull’insonnia? Quali sono le sue cause?
La maggior parte di noi esperisce un’insonnia episodica, cioè non riusciamo a dormire un certo numero di ore, o tutte, ma solo per quella singola notte.
Per quanto possa sembrare penoso al momento, questo disagio impallidisce in confronto a ciò che subiscono quelle persone che la vivono quotidianamente.
In più, come ha affermato il Dottor Alon Y. Avidan, direttore della Clinica del sonno presso la University of California, Los Angeles, l’insonnia “è un sintomo, non una diagnosi”, che può essere indice di un problema di salute di base, spesso curabile, che, quando persiste, dovrebbe essere preso sul serio.
Si parla, dunque, di insonnia transitoria, se essa dura meno di un mese.
È quella che, per capirci, può derivare da un problema momentaneo sul posto di lavoro, o da una malattia acuta.
Esiste, poi, l’insonnia a breve termine, che dura da uno a sei mesi e può derivare da una crisi finanziaria personale, o dalla perdita di una persona cara.
Quando, però, l’insonnia diventa cronica, cioè persiste per sei mesi o più, essa può causare, a sua volta, seri problemi fisici, emotivi e sociali: oltre all’eccessiva sonnolenza diurna, già pericolosa in sé per sé, si possono verificare, infatti, una funzione intellettiva disturbata, cognizione alterata, confusione, ritardo psicomotorio, o maggior rischio di lesioni, nonché Depressione.
Inoltre, è stato constatato che ci sono due tipi di insonnia.
Il primo, chiamato Insonnia primaria, deriva da un problema che si verifica solo, o prevalentemente, durante il sonno, come l’Apnea ostruttiva del sonno, la Sindrome delle gambe senza riposo, i Movimenti periodici degli arti, o la tendenza ad agire i propri sogni fisicamente.
I soggetti che ne sono colpiti non sono consapevoli delle loro problematiche, le quali vengono riferite, per lo più, da chi dorme con loro, e da una diagnosi accurata in laboratorio.
L’altra tipologia, più comune, è quella dell’Insonnia secondaria, la quale è, per l’appunto, conseguente ad un problema medico o psichiatrico sottostante, agli effetti collaterali dei farmaci, a fattori comportamentali, come l’esposizione inopportuna a caffeina, alcol o nicotina, ed i sonnellini diurni, o disturbi ambientali, come il jet lag, il rumore o la luce eccessivi nella camera da letto.
Tra le molte condizioni mediche che possono causare l’insonnia ci sono l’insufficienza cardiaca, il reflusso gastroesofageo (GERD), le malattie polmonari, l’artrite, il Morbo di Alzheimer e l’incontinenza.
Trattare la condizione di base, se possibile, spesso allevia l’insonnia.
Indipendentemente dalla sua motivazione di base, essa può diventare, tuttavia, anche una risposta appresa, ovvero le persone potrebbero preoccuparsi in anticipo di avere delle difficoltà ad addormentarsi, o nel riprendere sonno dopo i risvegli notturni, per cui quest’ansia altera effettivamente la loro capacità di riuscirvi.
Quali sono i rimedi per l’insonnia?
Le cause non mediche dell’insonnia sono, spesso, trattate con successo mettendo in pratica “una buona igiene del sonno”, un concetto sviluppato dal Dott. Peter J. Hauri, specialista del sonno presso la Mayo Clinic.
Questo significa:
- limitare i sonnellini a meno di 30 minuti al giorno, preferibilmente nelle prime ore del pomeriggio,
- evitare stimolanti e sedativi,
- evitare pasti pesanti e ridurre i liquidi al minimo entro le due, o tre, ore prima di coricarsi,
- fare esercizio fisico moderato ogni giorno, preferibilmente al mattino o nel primo pomeriggio,
- massimizzare l’esposizione alla luce di giorno e minimizzarla di notte,
- creare condizioni favorevoli per il sonno,
- andare a letto solo quando ci si sente assonnati.
Molte persone ricorrono erroneamente all’alcol come aiuto per dormire. Anche se, inizialmente, ciò può aiutarle ad addormentarsi, in realtà esso induce un sonno frammentato ed interferisce con la fase REM.
I sonniferi, compresi i farmaci con azione a breve durata, possono essere problematici, soprattutto per le persone anziane, che sono più sensibili ai loro effetti collaterali.
Le alternative includono rimedi senza prescrizione, come la melatonina e la valeriana, i quali, però, basano la loro efficacia più su racconti aneddotici, che su risultati di ricerca, così come accade anche per alcuni alimenti comunemente ritenuti utili, come banane, ciliegie, kiwi, farina d’avena, latte e, soprattutto, camomilla.
Insomma, per coloro che hanno bisogno di un aiuto per combattere l’insonnia, la Terapia Cognitivo-Comportamentale si è dimostrata, negli studi clinici, una delle tecniche più efficaci.
Quindi, il consiglio è sempre quello di parlarne con il proprio medico, accertare le cause sottostanti la vostra problematica, e chiedere il supporto di un professionista, che possa sostenervi nel vostro processo di risoluzione.
Fonte: New York Times
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)