L'effetto Credenza
Tutti conosciamo l’effetto placebo. Esso sicuramente è molto noto in campo medico: se una persona è convinta di assumere una medicina, anche se ciò che assume non è un farmaco,ma una sostanza neutra, la sua sofferenza diminuisce. Ciò dimostra che basta credere per influenzare il nostro corpo.
Queste guarigioni che hanno del miracoloso sono prodotte dalla mente, ossia abbiamo grandi risorse interiori di cui siamo per lo più ignari.
Il biologo cellulare Bruce Lipton, parla a questo proposito di “effetto credenza”.
Studi hanno dimostrato che tale effetto vale anche per l’esatto opposto del placebo, detto quindi effetto nocebo. La convinzione che qualcosa non faccia bene, finisce con il nuocere davvero alla salute.
Se ci si sposta dal campo farmacologico alla nostra salute psicofisica generale, comprendiamo che placebo e nocebo si estendono all’effetto che possono avere i pensieri nella nostra realtà quotidiana.
Le credenze positive e negative hanno impatto sulla nostra vita in generale, non solo sulla nostra salute.
Proviamo a considerare, ad esempio le relazioni: cosa accade se ci convinciamo, più o meno inconsciamente, che una determinata persona è per noi benefica? E se al contrario siamo convinti che sia negativa? Sono profezie che si auto avverano. I rapporti sono molto più condizionati da ciò che crediamo che da ciò che realmente accade tra due persone.

Penso che, quando veniamo esortati a pensare positivo, al di là di facili sciocchezze new age, ci sia la reale possibilità che la positività modifichi profondamente la nostra vita.
Come la neuroscienza ha dimostrato, le convinzioni possono essere modificate. Il processo non è semplice.
Sappiamo che si creano circuiti neuronali per i quali due elementi sono collegati, come una strada maestra che conduce dall’elemento A a quello B. Questo è assai utile per la sopravvivenza, per esempio il collegamento tra il fuoco e l’esperienza di dolore se lo si tocca è vitale, così come centinaia di altri.
Cosa accade, però, se ad essere collegati sono due fatti frutto di false credenze ( come l’associare una persona appartenente ad una etnia con il furto)? Succede che la percezione della realtà è viziata da questo collegamento con gravi conseguenze.
Andiamo oltre. Il nostro cervello è pieno di connessioni neuronali frutto dell’educazione ricevuta, di premi o punizioni avuti, delle esperienze fatte in tenera età. Tutto ciò condiziona pesantemente la vita.
Gli esempi potrebbero essere migliaia.
Pensiamo ad una donna che abbia vissuto in una famiglia disfunzionale, che si sia convinta che la femminilità implichi sottomissione.
Pensiamo ad un bambino che abbia assistito al padre violento, che idea può essersi fatto del rapporto uomo-donna? Pensiamo, ancora, ad una bambina a cui sia stato insegnato che l’essere femmina le preclude parte dell’universo lavorativo, cosa che peraltro accade ancora spesso in questa cosiddetta società progredita!
Queste sono situazioni forse un po’ estreme, ma ognuno di noi possiede clichè nella mente: collegamenti tra un evento ed un altro in realtà affatto necessario, nient’affatto vero.
Torniamo alla scoperte della neuroscienza: la plasticità del cervello. Cosa significa? Significa che le connessioni tra gruppi di neuroni non sono immutabili, non sono fissate per sempre, indipendentemente dal numero di anni in cui le cose sono state così.

Faccio un esempio pratico, supponiamo di aver sempre creduto, perché l’abbiamo appreso a scuola, che nel medioevo vigesse il modello feudale, gli storici hanno scoperto di recente che non è vero, che le cose non sono andate davvero così. Gli storici portano prove, che succede? Succede che il collegamento medioevo-feudalesimo nel nostro cervello si scinde e viene sostituito dalla nuova scoperta. Se ci pensate, questo è accaduto già decine di volte da che siete al mondo e se questo accade in ambito nozionistico, accade in ogni ambito.
Da anni credevamo che…, bene da ora possiamo cambiare convincimento.
Per adesso termino con il suggerimento: plasticità cerebrale. In una prossima occasione, a breve, approfondirò l’argomento.
(articolo a cura della Dottoressa Mina Rienzo psicoterapeuta)