L'importanza del contesto sociale nell'insorgenza del disagio mentale
Secondo il Dottor Peter Kinderman e la Dottoressa Kate Allsopp bisognerebbe prendere in considerazione le circostanze sociali che hanno dato origine a situazioni di sofferenza, le quali, a loro volta, dovrebbero essere formalmente 'registrate' accanto alla sofferenza stessa.
Il ricercatore ed ex presidente della British Psychological Society, il Dottor Peter Kinderman, insieme alla Dottoressa Kate Allsopp, hanno recentemente pubblicato due lettere nella rivista “The Lancet Psychiatry”.
Entrambe le lettere, scritte a distanza di un anno, esortano i clinici ed i responsabili delle politiche ad utilizzare i codici diagnostici dell'ICD che contestualizzano il disagio degli individui in termini sociali piuttosto che i codici che inquadrano il disagio come “disordini” all'interno della persona.
Kinderman e Allsopp scrivono:
“E' noto che la povertà e l'iniquità sociale sono i principali fattori determinanti per la salute mentale, e la United Nations Special Rapporteur caratterizza l'assistenza sanitaria mentale non come una crisi delle condizioni individuali, ma come una crisi di ostacoli sociali, che ostacola i diritti individuali. È importante, quindi, che le circostanze che hanno dato origine a situazioni di sofferenza dovrebbero essere formalmente registrate accanto alla sofferenza stessa”.
Nel Settembre 2017, Kinderman e Allsopp pubblicarono la loro prima lettera: una proposta per clinici e politici a utilizzare i codici diagnostici che includono informazioni descrittive circa i contesti di sofferenza delle persone.
Ad esempio, all'interno dell'ICD-10 e del DSM-5, esistono numerosi codici diagnostici che descrivono “problemi legati all'educazione familiare e problemi abitativi ed economici”, sottolineano gli autori.
Tuttavia, questi codici vengono usati raramente a favore di una comprensione della salute più tradizionale e biomedica. Kinderman e Allsopp hanno evidenziato una connessione tra povertà, alloggi inadeguati e accesso insufficiente al cibo, con lo sviluppo successivo di “difficoltà comportamentali socio-emotive”.
Inoltre, la rivalutazione dei sussidi di invalidità da parte dei governi britannici è stata collegata ad un aumento dei suicidi, prescrizioni antidepressive e altri problemi relativi alla salute mentale.
Tuttavia, le diagnosi fornite dai clinici e dai responsabili delle politiche tendono a riflettere i disturbi individuali.

Gli autori illustrano questa contraddizione tra le prove e la pratica mentre scrivono:
“immagina se fosse grave non riuscire a documentare la povertà estrema come sarebbe per un clinico non riuscire ad identificare una grave depressione”.
Kinderman e Allsopp non suggeriscono che i clinici tentano di eliminare e risolvere da soli le complessità della disuguaglianza sociale. Piuttosto, propongono un'alternativa più fattibile che include lo spostamento della pratica diagnostica per riflettere i determinanti sociali della salute.
“Non ci aspettiamo che i clinici debbano risolvere tali difficoltà; non è compito dei professionisti della salute mentale porre fine alla povertà. Ciononostante, la registrazione corretta dei codici psicosociali di ICD e DSM nel contesto delle diagnosi psichiatriche è imperativa a causa della stretta relazione tra i due”.
Nella loro seconda lettera, pubblicata un anno dopo, Kinderman e Allsopp rafforzano la loro proposta originale per evitare la medicalizzazione e la patologizzazione della sofferenza.
Loro scrivono:
“Qualsiasi sistema diagnostico moderno userà la categorizzazione, ma possiamo, e dovremmo, evitare una patologia non necessaria e metodi che contribuiscono al miglioramento dei servizi clinici. Con collegamenti più chiari alle disuguaglianze sociali, questa strategia contribuirebbe a stabilire un approccio all'assistenza basato sui diritti ed il servizio agli utenti non avrebbe bisogno di un'etichetta diagnostica, che molti ritengono non utile”.
I due autori hanno elaborato ulteriormente la loro proposta, affrontando la resistenza che tende a sorgere in risposta all'alternativa raccomandata ai codici diagnostici tradizionali.
“Nonostante le argomentazioni che le tradizionali diagnosi biomediche ignorano, il contesto sociale e le avversità esperite portano le persone a sviluppare problemi di salute mentale; i sostenitori della diagnosi spesso suggeriscono che è l'unico modo per pianificare i servizi di trattamento e accesso”.
Inoltre, a differenza di altre alternative diagnostiche che comportano l'introduzione di un sistema di classificazione nuovo o rivisto, il loro suggerimento è di utilizzare i codici già esistenti all'interno dell'ICD-10 e del DSM-5.
Pertanto, il potenziale per contestualizzare opportunamente la propria sofferenza nel contesto di vita circostante può essere immediatamente efficace.
Kinderman ha approfondito questo punto in un recente post sui social media, dopo l'uscita della seconda lettera:
“La mia collega, Kate Allsopp, ed io, abbiamo appena pubblicato queste breve pezzo in The Lancet Psychiatry. Descrive come, all'interno dell'ICD-11, potremmo allontanarci dalle etichette patologiche e utilizzare invece descrizioni chiare e scientifiche dei nostri problemi. È un complemento di un precedente articolo che spiega come potremmo – e dovremmo – registrare anche le avversità psicosociali che portano a tali problemi”.
“Questo è importante, perchè un'alternativa scientifica non diagnostica, non patologica, non solo è già disponibile, ma è in realtà parte del sistema esistente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità... è così che possiamo produrre il cambiamento oggi!”
Altre alternative sempre più popolari, offrono una partenza più chiara dai tradizionali sistemi di classificazione diagnostica. Questo offre alcuni vantaggi, specialmente considerando che i sistemi tradizionali lottano per ottenere affidabilità e validità.
Kinderman e Allsopp sottolineano che un aumento documentato dei dati nazionali sull'uso dei codici diagnostici psicosociali servirebbe a mettere in luce l'impatto delle avversità psicosociali sulla salute, oltre a chiarire ulteriormente la relazione tra i due.
Concludono la loro seconda lettera con la seguente dichiarazione:
“Per estendere, quindi, la nostra precedente raccomandazione in cui si suggerisce ai clinici di utilizzare i codici sociali ICD, sottolineiamo inoltre che questi codici fenomenologici offrono un modo costruttivo e alternativo di pensare ai trattamenti futuri per la salute mentale”.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro
Bibliografia
- Kinderman, P., & Allsopp, K. (2018). Non-diagnostic recording of mental health difficulties in ICD-11. The Lancet Psychiatry, 5(12), 966.
- Allsopp, K., & Kinderman, P. (2017). A proposal to introduce formal recording of psychosocial adversities associated with mental health using ICD-10 codes. The Lancet Psychiatry, 4(9), 664-665.
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