La povertà ‘marca’ il gene che predice la Depressione.
Un nuovo studio sugli adolescenti a rischio rivela una possibile base biologica della Depressione.
La ricerca ha sempre collegato povertà e Depressione.
Ora, un nuovo studio, a cura degli scienziati della Duke University, mostra come possa esserci una base biologica della Depressione negli adolescenti ad alto rischio, le cui famiglie sono svantaggiate a livello socio-economico.
La ricerca, pubblicata sul giornale “Molecular Psychiatry”, ha combinato la genetica, la diagnostica cerebrale per immagini ed i dati comportamentali, ottenuti dagli adolescenti che partecipavano ad uno studio più ampio.
L’adolescenza, di per sé, non è un periodo facile. Ma crescere in una famiglia con uno stato socioeconomico (SES) – l’insieme del reddito dei genitori e dei livelli educativi – basso, può aggiungere fattori stressanti cronici, come discordia e caos della famiglia, e rischi ambientali, come scarsa nutrizione e fumo.
Questo studio, in particolare, includeva 132 adolescenti del Teen Alcohol Outcomes Study (TAOS), i quali avevano tra gli 11 ed i 15 anni all’inizio dello studio e provenivano da famiglie che avevano un SES da basso ad alto. Circa la metà dei partecipanti aveva una storia familiare di Depressione.
“Il fattore di rischio più grande che abbiamo attualmente per la Depressione è una storia familiare del disturbo”, ha detto il co-autore dello studio il Dr. Douglas Williamson, ricercatore principale del TAOS e professore di Psichiatria e Scienze comportamentali alla Duke University. “Il nostro nuovo lavoro rivela uno dei meccanismi, attraverso il quale questo rischio a livello familiare potrebbe essere manifestato o espresso in un particolare gruppo di individui vulnerabili durante l’adolescenza”.
Nello studio, inoltre, furono presi in considerazione i dati ottenuti nel Duke Neurogenetics Study (DNS) di Hariri, il quale aveva lo scopo di collegare geni, attività cerebrale ed altri marcatori biologici al rischio di malattia mentale, e che indagava se un’attività più alta nella stessa area cerebrale (l’amigdala) poteva prevedere l’insorgenza della Depressione nei soggetti a rischio, inclusi nel TAOS. La maggior parte del lavoro si è concentrata, quindi, sulle mutazioni chimiche sul gene SLC6A4, perché, come già dimostrato in ricerche precedenti, esso aiuta a controllare i livelli cerebrali di serotonina, un neurotrasmettitore coinvolto nella Depressione e negli altri Disturbi dell’Umore, e perché esso è anche responsabile della risposta dell’amigdala, l’area cerebrale che coordina le reazioni del corpo di fronte ad un pericolo.
I risultati della ricerca hanno mostrato che gli adolescenti, che crescono in famiglie con uno stato socioeconomico più basso, accumulavano, lungo il corso di due anni, un numero maggiore di mutazioni chimiche sul gene SLC6A4. Queste modifiche “epigenetiche” rendevano più reattiva la loro amigdala, il che significava avere più possibilità di manifestare, successivamente, i sintomi della Depressione.
“Questa è una delle prime ricerche a dimostrare che lo stato socioeconomico basso può portare a cambiamenti nel modo in cui i geni sono espressi e modificare lo sviluppo cerebrale in direzione di una futura manifestazione dei sintomi della Depressione”, ha spiegato la Dr. essa Johnna Swartz, autore dello studio.
La studiosa ha poi aggiunto che questo studio esaminava una serie di stati socioeconomici e non si focalizzava, nello specifico, sulle famiglie influenzate da un’estrema povertà o negligenza, tanto che emerse che anche uno stato socioeconomico di poco più basso poteva essere associato con quelle differenze biologiche, che aumentano il rischio di Depressione negli adolescenti.
I risultati sono parte di un corpo di lavoro in crescita, il quale, individuando i fattori biologici che ne aumentano il rischio, potrebbe aiutare ad elaborare delle strategie individualizzate per la prevenzione della Depressione.
I ricercatori, in particolare, sperano di espandere le fasce d’età analizzate nello studio per includere individui più giovani e continuare a seguire i partecipanti del TAOS nella prima età adulta.
“Nel momento in cui diventano adulti, costoro potrebbero esperire diversi problemi legati a Depressione ed Ansia, o, forse, abuso di sostanze”, ha detto Hariri. “Bisogna continuare a studiare cosa accade, a livello genetico e cerebrale, in questi soggetti a rischio ed anche a partire da un’età più precoce”.
Fonte: ScienceDaily.com
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)