La prima impressione è quella che conta?
Perchè ci preoccupiamo di fare una buona impressione agli altri? È governata da meccanismi evolutivi e innati? Quali sono gli indicatori “facciali” a cui prestiamo attenzione nella formazione del giudizio dell'altro?
Sappiamo tutti quanto sia importante fare una buona prima impressione.
Allo stesso tempo, sappiamo che non dobbiamo giudicare un libro dalla sua copertina, perchè potrebbe ingannarci.
Pertanto, come assegnare un senso a questi due “stati” contraddittori?
Ecco lo smarrimento da dove proviene: sappiamo che altre persone emetteranno giudizi su di noi, ma noi diciamo che non dobbiamo giudicare gli altri.
Quel “non dobbiamo” diviene quindi fondamentale, dal momento che le ingiunzioni morali ci dissuadono sempre dal seguire le nostre inclinazioni naturali.
Lo psicologo Leslie Zebrowitz dell'Università di Brandesi, si occupa delle modalità con cui utilizziamo le informazioni facciali per giudicare altre persone.
Anche se le prime impressioni sono notevolmente inclini all'errore non riusciamo a fermarci, tanto che occorre solo un decimo di secondo per formare un giudizio sul carattere di un'altra persona, anche osservandola in foto.
Siamo anche molto coerenti nei giudizi che facciamo sugli altri; quando i ricercatori chiedono ai partecipanti di valutare le facce raffigurate rispetto a tratti di personalità come dominanza e calore, la maggior parte delle persone giudica le immagini allo stesso modo, e tali risultati si riscontrano in culture differente, suggerendo che i processi che utilizziamo per creare le prime impressioni siano innati.
Ci sono anche prove rispetto al fatto che, sia i neonati che i bambini più piccoli, giudicano i volti allo stesso modo degli adulti, rafforzando l'ipotesi di un meccanismo evolutivo sottostante.
Ma se abbiamo un meccanismo innato per emettere giudizi sul carattere a partire dal volto delle persone, quanto è preciso?
Dopo tutto, la selezione naturale doveva aver eliminato questo comportamento se non fosse stato utile.
Quando confrontiamo i giudizi delle persone attraverso forme di misurazione oggettive, come i test di personalità, troviamo che l'esattezza delle nostre prime impressioni è migliore della possibilità.
In altre parole, spesso giudichiamo correttamente, ma ci sono altri momenti in cui lo facciamo in modo completamente sbagliato.
Come indica Zebrowitz, le prime impressioni erronee possono avere conseguenze sociali significative.
Le persone con il “giusto” tipo di volto sono giudicate più gradevoli, ben informate e capaci.


Al contrario, coloro che hanno la faccia “sbagliata” sono considerati inaccessibili, incompetenti e non affidabili.
Quindi il volto può avere un grande impatto sulla vita sociale, il successo, la carriera e anche le decisioni legali.
Nella sua ricerca, Zebrowitz ha identificato quattro segni facciali che la gente usa per giudicare le caratteristiche di altre persone.
La prima indicazione facciale è il “babyfaceness”, ossia avere un volto simile a quello di un bambino.
Diverse ricerche dimostrano che esiste una tendenza innata nel trovare i volti del bambino come attraenti.
Dal punto di vista evolutivo la predilezione per visi più infantili potrebbe essere connessa al senso di cura e protezione.
La ricerca ha mostrato che gli uomini tendono a preferire le donne con qualità di Baby-face come partner sessuali, presumibilmente perchè queste caratteristiche segnano la giovinezza e la fertilità.
Tendiamo inoltre a trattare con gentilezza gli adulti con tratti da bambini, ma pensiamo anche che siano “deboli” e che necessitino di cure.
Ad esempio, gli anziani spesso assumono un aspetto del viso simile a quello dei bambini, e per questo, probabilmente, tendiamo a trattarli come neonati, soprattutto se necessitano di una cura particolare.
In breve, se si ha un volto simile a quello di un bambino, le persone tendono a trattarlo gentilmente, ma potrebbero anche pensare che non sia all'altezza del compito.
La seconda indicazione facciale è la familiarità; teniamo a giudicare le persone sulla base della loro somiglianza facciale con altre persone che conosciamo.
Quindo, se incontrate qualcuno che assomiglia al simpatico Zio John, per esempio, penseremo che sia anche una persona amichevole.
In parte, ciò deriva dal fatto che i nostri meccanismi innati di processamento facciale ci portano a credere che esista una correlazione tra caratteristiche del viso e caratteristiche della personalità.
Tuttavia, la maggior parte delle persone che giudichiamo familiari non ci ricorda nessuno in particolare.
Piuttosto, è solo un senso vago che assomigliano alle altre persone di cui siamo circondati, come ad esempio i membri della stessa famiglia, razza, etnia e così via.


In sintesi, ci piace quello che richiama un senso di familiarità, di già conosciuto.
Il terso indicatore è il fitness; vi è un accordo generale su ciò che rende un volto attraente.
L'attrattività facciale riguarda tutte quelle caratteristiche che sono disposte in simmetria e proporzione adeguata tale per cui riescono a catturare lo sguardo.
Più le facce si discostano da tali proporzioni simmetriche e corrette, tanto più si viene giudicati poco attraenti.
Le persone con tali caratteristiche sembrano molto attraenti; inoltre, supponiamo che siano anche simpatiche, intelligenti e capaci. Questo ci spinge ulteriormente a confermare la buona prima impressione che si è avuta di loro.
Le persone che invece vivono una condizione di scarsa salute appaiono come poco attraenti e richiamano un senso di cautela e protezione.
Qualunque malattia abbia, la tendenza maggiormente espressa è quella di allontanarsene. Questa è la logica evolutiva che guida le intuizioni primarie nei confronti di altre persone.
L'aspetto finale riguarda la somiglianza emotiva. Siamo molto bravi a leggere le espressioni emozionali di altre persone.
Tuttavia, alcune persone hanno caratteristiche facciali che assomigliano alle espressioni emotive. Ad esempio, le persone con sopracciglia molto basse possono apparire come arrabbiate, anche quando non lo sono.
Allo stesso modo, coloro le cui labbra agli angoli sembrano rivolgersi verso l'alto sembrano essere felici a prescindere da come si sentono.
Le intuizioni che guidano le nostre intenzioni sociali sembrerebbero pertanto essere in gran parte innate, ma ciò non significa che non siamo in grado di superarle.
Se capiamo come funzionano le nostre intuizioni, possiamo evitare delle insidie e guidarle a nostro vantaggio.
Ciò significa che possiamo essere in grado di manipolare abilmente i nostri tratti facciali per fare una buona prima impressione agli altri, proteggendoci, allo stesso modo, dai giudizi intuitivi che possono farci commettere un errore.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)