L'influenza dell'immagine corporea nei disturbi del comportamento alimentare
Articolo a cura della Dottoressa Maria Pia Cavalieri
L’immagine corporea è un costrutto multidimensionale caratterizzato dalle percezioni e dalle valutazioni dell’individuo in merito al proprio aspetto fisico; il primo a definirla fu Schilder che nel 1935 la denomina come “l’immagine del proprio corpo nella propria mente”, in seguito nel 1988 Slade la descrive come “l’immagine che abbiamo nella nostra mente di forma, dimensione, taglia del corpo e i sentimenti provati rispetto a queste caratteristiche e alle singole parti del corpo”: da ciò risulta che l’immagine corporea ha una componente percettiva, cioè come la persona visualizza taglia e forma del proprio corpo, una affettiva, i sentimenti provati, una cognitiva, cioè cosa la persona pensa a riguardo e una comportamentale, cioè cosa fa a riguardo tipo dieta e attività fisica. Da queste componenti si può capire come l’immagine che ognuno ha del proprio corpo comprenda la persona nella sua globalità; Cash nel 2002 mette in risalto come questa immagine sia “l’insieme di percezioni e atteggiamenti di ciascuno collegati al proprio corpo, vale a dire pensieri, convinzioni, sentimenti e comportamenti.”
Hilde Bruch nel 1962 per la prima volta elaborò una teoria sistematica sul ruolo dell’immagine corporea nella fenomenologia dei DCA e in particolare nell’anoressia definendola “un disturbo dell’immagine corporea di proporzioni deliranti” e asserendo che qualsiasi miglioramento nella sintomatologia sarebbe stato temporaneo “senza un cambiamento correttivo dell’immagine corporea”.
Lei affermò che soggetti affetti da disturbi alimentari cercano frequentemente il controllo perché non si sentono capaci di controllare i rapporti personali, le reazioni interne e gli eventi in generale e sono disposti a confinare le loro vite focalizzazndosi sull’alimentazione e sulle dimensioni corporee. Per esempio negli scritti della Bruch (1973,1982) la ragazza anoressica è sia l’agente che detiene il controllo e sia vittima di un altro agente controllante, spesso la madre; la dieta rappresenta uno strumento importante che può essere concettualizzato come una credenza di coping per controllare gli eventi imprevedibili e le minacce del mondo esterno.
Sandra Sassaroli infatti riconduce la sintomatologia ad un eccessiva preoccupazione per i temi della perfezione, dell’autostima e del controllo. Controllo, bassa autostima e perfezionismo sono correlati con l’ansia e il rimuginio; ricercatori (Kaye et al. 2000;Strober 2004) hanno ipotizzato che ad elevati livelli di serotonina corrisponderebbero elevati livelli di ansia e controllo, riscontrabili in persone anoressiche.
Ansia, controllo e perfezionismo sono correlati: un pensiero rivolto verso il futuro si concentra sulla valutazione dell’entità di una minaccia e sulle proprie capacità di gestirla e associati a uno stile di vita perfezionistico e uno scarso controllo personale degli eventi può contribuire all’insorgere di un disturbo alimentare; anche uno stile di elaborazione orientato al dettaglio può contribuire alla distorsione dell’immagine corporea e può attingere dalla percezione personale di avere controllo sugli eventi ottenuto tramite una restrizione del regime alimentare.
Spesso il senso di controllo è ottenuto tramite il monitoraggio di un determinato parametro, quale la preoccupazione per l’alimentazione , il peso e le forme corporee (Fairburn, Harrison 2003).
La maggior parte delle persone con DCA è molto preoccupata del proprio peso, molte si pesano frequentemente e si preoccupano anche delle più piccole variazioni, altre evitano di conoscerlo per allontanarne la preoccupazione che permane; alcune pazienti controllano e scrutano ripetutamente il proprio corpo focalizzandosi sugli aspetti che non amano, altre evitano di guardarsi ritenendosi grasse e disgustose: questi continui controlli ed evitamenti mantengono l’attenzione sul corpo e sul peso, ottenuta mediante anche un continuo confronto con gli altri; la sensazione di essere grasse le porta a pensare di essere realmente grasse, nonostante la loro oggettiva magrezza. Queste preoccupazioni sull’aspetto hanno un effetto sulle relazioni sociali e intime che vengono evitate o almeno limitate.
Fin’ora abbiamo presentato 2 dei principali contributi nella teorizzazione e nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare, il terzo è di Dettore e si rifà alla teorizzazione di Cash del 2002 sullo sviluppo dell’immagine corporea nell’individuo: questo contributo risulta essere valido anche per il disturbo da Dismorfismo corporeo e per tutti quei disturbi nei quali l’immagine corporea risulta alterata.
Cash parte dalla socializzazione culturale, mediata da genitori, pari e mass media, che produce messaggi sull’aspetto fisico relativamente a quali caratteristiche vengano considerate di valore e cosa significhi possederle; anche le caratteristiche fisiche di una persona influenzano l’immmagine corporea in quanto hanno un forte impatto sul modo in cui viene percepita e trattata da se stesso e altri. Il modo in cui l’aspetto fisico di una persona si adegua agli standard sociali di bellezza risulta fondamentale per l’autovalutazione dell’individuo.
Tra gli aspetti di personalità valore hanno l’autostima, il perfezionismo, un’attenzione sul proprio aspetto e i propri comportamenti, il bisogno di approvazione sociale, l’attaccamento e valori/atteggiamenti legati al genere. Questi fattori interagiscono con l’importanza che ognuno dà al proprio aspetto ei giudizi e le convinzioni che ciascuno ha su di sè. Ogni persona in più nel corso della vita elabora degli schemi di sè frutto dell’elaborazione di passate esperienze nel porsi a contatto con altri, che insieme alle emozioni associate guidano l’attenzione che il soggetto pone su eventi interni o esterni che possono attivare giudizi sulla propria immagine e dialoghi interni, e fanno in modo che l’individuo metta in atto determinati comportamenti di evitamento di certe situazioni, mascheramento del corpo, correzione di presunti difetti corporei ricerca di rassicurazione sociale ecc. Altre persone riescono a mettere in atto una positiva accettazione razionale prendendosi cura di sè.
Ogni autore, Dettore, Sassaroli e Fairburn, ha elaborato in ambito cognitivista diversi trattamenti per i disturbi alimentari partendo da concettualizzazioni, qui esposte, diverse ma con molto in comune.
Ho scelto di focalizzare la mia attenzione su questi 3 contributi teorici per interesse e perché giudico piacevole confrontarmi con le varie teorie esistenti sul tema.
Riferimenti bibliografici:
- Dettore (2009) I disturbi dell’immagine corporea. Diagnosi e trattamento.Edizione Mc-Graw-Hill, Milano
- Sassaroli, Ruggiero (2010) I disturbi alimentari. Edizione laterza, Roma
- Fairburn (2010) la terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione. Edizione Eclipsy, Firenze.
Dottoressa Maria Pia Cavalieri
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