Mindfulness e nevroticismo
Le persone con un elevato livello di nevroticismo non sono solo cronicamente ansiose, preoccupate ed infelici, ma possono facilmente spingersi oltre questa linea quando nella loro vita subentrano situazioni stressanti, e sviluppare disturbi clinici significativi.
All’interno dei sistemi di classificazione attuali inerenti la malattia mentale, non esiste più una diagnosi psicologia di “nevroticismo” ma, allo stesso tempo, gli psicologi esaminano spesso i tratti di personalità collegati a tale aspetto.
Uno dei cinque fattori fondamentali della personalità è appunto il nevroticismo; elevati livelli di tale tratto fanno riferimento ad una tendenza cronica, sviluppata dall’individuo, a preoccuparsi, guardare al futuro con timore, debolezze personali e, più in generale, non riuscire a godere al massimo della propria vita.
Anche se i tratti di personalità sono teoricamente immutabili, in quanto si pensa prendano parte del “tessuto della psiche” di un individuo, nuove ricerche suggeriscono che esistono dei modi attraverso cui le persone, con elevati tratti di nevroticismo, possano sentirsi più felici di sé stessi e della loro vita.
Mark Moriarty Drake e i suoi colleghi dell’Australia Charles Darwin University, hanno esaminato il ruolo del nevroticismo in funzione della possibilità di sperimentare un disagio psicologico generale e non specifico.
In linea con quanto espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rispetto al disagio psicologico non specifico (Non-specific Psychological Distress, NPD), gli autori hanno osservato che le persone che esperimentano questo stato mostrano “livelli elevati di sofferenze cognitive, comportamentali ed emotive che sono anche condivise con un’ampia gamma di disturbi psicologici, ma che non sono specifiche di un singolo disturbo”.
Pertanto, il Disagio psicologico non specifico, continuano i ricercatori, può essere pensato come “predittivo di una serie di problemi mentali e fisici che impattano sulla capacità di un individuo di poterli fronteggiare”.
In altre parole, le persone con un elevato livello di nevroticismo non sono solo cronicamente ansiose, preoccupate ed infelici, ma possono facilmente spingersi oltre questa linea quando nella loro vita subentrano situazioni stressanti.

Poiché questo è uno stato cronico di reattività a eventi impegnativi, i ricercatori australiani hanno pensato che un intervento più specifico potrebbe essere di supporto per quegli individui che presentano alti tratti di nevrotisicmo.
Paradossalmente, suggeriscono che la presa di consapevolezza o il soffermarsi più intensamente sulle proprie esperienze, possa aiutare questa popolazione specifica di utenti.
All’interno di pratiche come la Mindfulness, la concentrazione è orientata sull’accettazione dei propri pensieri e sentimenti, al fine di elaborarli coscientemente nel momento presente.
Si potrebbe pensare che tale aspetto sia poco adattivo per gli individui altamente nevrotici, perché focalizza la sua attenzione su quelle modalità di pensiero disadattivo.
Tuttavia, parte di questa consapevolezza “orientata” consente di prendere atto dell’esperienza che si sta vivendo, imparando così a guardarla con accettazione e curiosità.
Piuttosto che combattere la sensazione, è importante chiedersi da dove proviene e ridefinire la situazione al fine di renderla più “digeribile”.
Se consideriamo un soggetto che commette un errore nella valutazione del proprio credito all’interno del conto corrente ed effettua una spesa maggiore di quella che può permettersi, ovviamente a questo può seguire un avviso della banca che richiede di “sanare” il debito; in tal senso l’errore commesso diventa non solo fastidioso ma anche costoso.
Se si è altamente nevrotici, potrebbe svilupparsi la tendenza ad utilizzare l’esperienza come conferma delle proprie debolezze e valutando sé stessi negativamente, ossia come un soggetto incapace di gestire la tua vita.
Mediante un approccio basato sulla consapevolezza, si riesce ad ammettere di aver commesso un errore e di riconoscere che è questo che sta causando una sensazione negativa.
Da ciò ne scaturisce una riflessione su come poter evitare una sensazione simile in futuro e considerarla un’importante esperienza di apprendimento; in tal modo, anche i sentimenti di ansia forniranno informazioni preziose sulle diverse tipologie di situazioni che creano turbamento.
Ottenere la comprensione di ciò che provoca quella specifica reazione, favorisce una maggiore comprensione di sé.
La consapevolezza è quindi una qualità che, come sottolineano Drake e colleghi, può inscriversi come caratteristica di personalità stabile o come un attributo che può cambiare da situazione a situazione.
La ricerca che hanno condotto ha dimostrato che dando alle persone esercizi pratici basati sulla consapevolezza aiuta ad apprendere come contare su sé stessi nella propria quotidianità.
I ricercatori australiani hanno predetto che, come qualità stabile, la consapevolezza contribuirebbe a compensare il ruolo del nevroticismo nell’aumentare i sentimenti di sofferenza delle persone.
In altre parole, persino il più nevrotico di noi potrebbe riuscire a far fronte a situazioni di vita impegnative basandosi sulle strategie di copertura rappresentate dalla consapevolezza.

Per testare tale previsione, Drake e colleghi hanno somministrato una serie di questionari ad un campione composto da 165 partecipanti, di cui 135 donne, con un’età compresa tra i 18 e i 72 anni (età media 39 anni).
L’inventario basato sulla consapevolezza si componeva di 14 elementi e comprendeva item come “sono aperto all’esperienza del momento presente”, “vedo i miei sentimenti senza perdermi in essi”, e “vedo i miei errori e difficoltà senza giudicarmi”.
Il nevroticismo e l’ansia psicologica sono stati misurati con inventari standard. I risultati prodotti hanno sostenuto l’ipotesi che le persone con elevati livelli di nevroticismo, che erano anche alte nel tratto della consapevolezza, mostravano anche nu minor disagio psicologico rispetto a quegli individui alti solo nella scala del nevroticismo.
È interessante notare che altri tratti di personalità, come l’estroversione, che in teoria dovrebbe essere correlato alla sofferenza psicologica, non ha mostrato un modello simile.
Nel complesso, le persone più alte nella consapevolezza, indipendentemente dai livelli di nevroticismo, mostravano meno disturbi di quelli con punteggi inferiori di consapevolezza.
In sintesi, essere consapevoli dei propri sentimenti positivi e negativi sembra fornire un importante strumento per combattere il nevroticismo.
Poiché la consapevolezza è un’abilità che può essere appresa, i risultati della ricerca australiana suggeriscono che, se questi risultati dovessero essere considerati nel corso del tempo, i soggetti altamente nevrotici hanno la possibilità di trovare un modo per diminuire le loro emozioni negative e la loro sofferenza psicologica.
Praticando la mindfulness, ci si può quindi muovere verso l’accettazione di sé e dei propri limiti, in un modo che consente di raggiungere un maggior impegno e benessere.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)