Minority stress e minoranze gruppali
Lo stigma, il pregiudizio e la discriminazione crea un ambiente sociale stressante che può sfociare in problemi di salute mentale in soggetti che appartengono a minoranze gruppali stigmatizzate.
Un’elaborazione della teoria dello stress sociale può essere definita come Minority Stress con l’intento di distinguere l’eccessivo stress a cui sono esposti individui appartenenti a categorie sociali stigmatizzate, come risultato della loro posizione sociale, ossia una minoranza.
Il modello del minority stress non può essere riscontrato all’interno di una teoria specifica, in quanto dedotto da teorie sociologiche e psico-sociologiche.
Le teorie più rilevanti hanno indagato gli effetti avversi delle condizioni sociali, come lo stigma e il pregiudizio, sulla vita di individui e gruppi.
I teorici sociali hanno indirizzato così il proprio interesse sui processi alienanti messi in atto da parte delle strutture sociali e istituzionali.
Per esempio, l’importanza dello sviluppo sociale era di centrale importanza nello studio dell’anomia di Durkheim, ossia uno stato di dissonanza cognitiva tra le aspettative normative e la realtà vissuta, come causa diretta di suicidio.
Secondo Durkheim, le persone hanno bisogno di una regolamentazione morale da parte della società al fine di riuscire a gestire i propri bisogni e aspirazioni.
L’anomia, ossia un senso di perdita di tali norme, perdita del controllo sociale e alienazione, può sfociare nel suicidio, in quanto i bisogni sociali di base non vengono soddisfatti.
Pearlin ha invece enfatizzato la rilevanza del lavoro di Merton sulla teoria dello stress, sottolineando come “ secondo Merton, la società si pone come un fattore di stress.. stimolando una conflittualità dei valori con le strutture sociali in cui sono inserite.”
Soggetti appartenenti ad una minoranza rischiano pertanto di divenire oggetto di tali conflitti in quanto le norme, le strutture sociali e la cultura dominante non riflettono quelli della minoranza gruppale.
Un esempio di tale conflitto tra gruppi dominanti e minoritari è la mancanza di un’istituzione sociale affine tra il matrimonio eterosessuale e la vita intima e familiare delle popolazioni LGB-T (Lesbiche-Gay-Bisessuale-Transgender).
Più generalmente, Moss ha sottolineato che le interazioni sociali forniscono agli individui informazioni sulla costruzione del mondo; la salute è compromessa quando queste informazioni sono incongruenti rispetto alle esperienze di tali minoranze.
Le teorie psico-sociologiche forniscono inoltre un ricco quadro per la comprensione delle relazioni gruppali nonché l’impatto dell’appartenenza ad una minoranza gruppale sulla salute.
Le teorie inerenti l’identità sociale e la costruzione/categorizzazione di Sé in riferimento all’entourage in cui siamo inseriti consentono una maggiore comprensione di tali relazioni e l’impatto che queste hanno sul Sè.
Queste teorie postulano che il processo di categorizzazione (ad esempio le varie distinzioni tra gruppi sociali), innesca importanti processi intergruppali quali la competizione e la discriminazione che portano allo sviluppo di un ancoraggio al gruppo e ad un auto-definizione.
Seguendo una prospettiva differente, i teorici che hanno indagato il confronto sociale e l’interazione simbolica, vedono l’ambiente sociale come veicolo attraverso cui le persone conferiscono un senso al loro mondo e un’organizzazione delle loro esperienze.
Le interazioni con gli altri sono spesso cruciali per lo sviluppo di un senso di Sé positivo. Cooley a tal proposito riferisce che l’altro si pone come “specchio” di Sé.
Le teorie sull’interazione simbolica suggeriscono invece che una considerazione negativa da parte degli altri determina una considerazione negativa di Sé. Similarmente, il principio di base delle teorie di valutazione sociale è che gli esseri umani apprendono di Sè stessi attraverso il confronto con gli altri.
Entrambe queste prospettive teoriche suggeriscono che una valutazione negativa da parte degli altri – come gli stereotipi o i pregiudizi diretti a minoranze sociali – può compromettere la salute psicologica.
Similarmente, Allport ha descritto il pregiudizio come un ambiente nocivo per le minoranze gruppali che determina una compromissione della salute mentale di esse.
Nel discutere tali effetti, da lui definiti come “tratti vittimizzanti”, Allport suggerisce che la relazione tra considerazioni negative degli altri e il danno alla persona appartenente ad una minoranza, è molto evidente: “la propria reputazione, vera o falsa che sia, non può essere martellata costantemente, senza provocare qualcosa nella propria testa.”
Al di là delle variazioni teoriche, un concetto unificato potrebbe emergere dalla teoria dello stress. Lazarus e Folkman hanno descritto un conflitto tra l’individuo e il suo/sua esperienza nella società come essenza dello stress sociale, e Pearlin ha descritto gli stressor ambientali come associati direttamente con la propria posizione all’interno della società.
Più generalmente Selye ha descritto un senso di armonia con l’ambiente come la base per una vita salutare; la deprivazione di questo senso di armonia potrebbe essere considerato come la fonte del Minority stress.
Certamente, quando un individuo è un membro appartenente ad una minoranza gruppale stigmatizzata, la disarmonia tra questo e la cultura dominante può risultare onerosa e significativamente stressante.
La storia americana è piena di racconti in cui balzano fuori gli effetti negativi del pregiudizio verso i membri di gruppi minoritari e delle loro lotte per ottenere la libertà e l’accettazione.
Tali condizioni si prefigurano pertanto come stressanti e riguardano diverse categorie sociali, in particolare per gruppi definiti in base al genere, la razza o l’etnia.
Tale modello è stato anche applicato a gruppi definiti sulla base di caratteristiche stigmatizzanti, come persone in sovrappeso, persone con malattie fisiche come il cancro o l’AIDS, e persone che presentano “modificazioni fisiche” quali piercing e tatuaggi.
Nello sviluppare il concetto del minority stress, i ricercatori hanno promosso alcuni assunti di base per poterlo spiegare; innanzitutto esso è unico, nel senso che il minority stress va a sommarsi a fattori di stress generali che sono esperiti da tutte le persone, e di conseguenza, le persone stigmatizzate vanno incontro ad uno sforzo maggiore di adattamento rispetto a coloro che non lo sono; è cronico, nel senso che il minority stress è correlato alla relativa stabilità delle strutture sociali e culturali; e infine è promosso dalla società, ossia prende vita da processi sociali, istituzioni e strutture che vanno al di là di eventi o condizioni individuali che caratterizzano gli stressor generali, come ad esempio le caratteristiche biologiche, genetiche, individuali e/o gruppali.
Thoits ha effettuato a tal proposito una revisione della letteratura sullo stress e sull’identità. Applicando un modello di minority stress alle popolazioni LGB-T ha ipotizzato che il pregiudizio sessuale è stressante e può determinare una compromissione della salute mentale.
Il processo del Minority Stress nelle popolazioni LGB-T
Non vi è un consenso unanime rispetto agli specifici processi stressanti che influenzano le popolazioni LGB-T, ma la teoria psicologia, la letteratura inerente lo stress, e la ricerca sulla salute mentale di tali popolazioni fornisce diverse idee per l’articolazione e progettazione di un modello del Minority stress.
È necessario, a tal proposito, una distinzione distale-prossimale basata sulla concettualizzazione dello stress correlata all’appartenenza ad una minoranza, nonché all’impatto che esso ha sugli individui.
Lazarus e Folkman descrivono le strutture sociali come “concetti distali i cui effetti sull’individuo dipendono da come essi manifestano nel contesto i propri pensieri, sentimenti e azioni – ossia l’esperienza sociale prossimale della propria vita”.
Le attitudini sociali distali divengono psicologicamente importanti attraverso la valutazione cognitiva e divengono successivamente concetti prossimali in relazione all’importanza psicologica che esse assumono per l’individuo.
Crocker et al., effettuarono una distinzione simile tra una realtà oggettiva, che include pregiudizi e discriminazione, e “lo stato mentale che l’esperienza dello stigma crea nel soggetto stigmatizzato”.
Essi notarono che “questi stati mentali gettano le loro basi in una realtà fatta di stereotipi, pregiudizi e discriminazione”, trovandosi in accordo con la concettualizzazione della valutazione soggettiva e prossimale come manifestazione della condizione ambientale obiettiva e distale.
Sulla base di queste premesse, verranno descritti i processi del minority stress lungo un continuum che va da stressor distali, tipicamente definiti come eventi e condizioni obiettivi, a processi personali prossimali, derivanti da definizioni soggettive che si basano su valutazioni e percezioni individuali.
Dal distale al prossimale troviamo:
- Condizioni ed eventi stressanti esterni oggettivi (cronici e acuti);
- Aspettative inerenti tali eventi e vigilanza richiesta;
- Interiorizzazione di attitudini sociali negative.
Dall’altra parte, la ricerca psicologica nell’area della scoperta/svelamento, ossia del coming-out, ha suggerito che uno dei processi stressanti più importanti è il nascondere il proprio orientamento sessuale.
Il nascondere il proprio orientamento sessuale può essere inquadrato come uno stressor prossimale in quanto l’influenza dello stress si pensa avvenga attraverso processi psicologici interni, compresi quelli psico-neuro-immunologici.
Gli stressor distali possono invece essere definiti come stressor oggettivi che non dipendono dalla percezione o valutazione individuale e possono apparire come indipendenti dall’identificazione personale con lo stato di minoranza assegnato.
Per esempio, una donna può volere una relazione romantica con un’altra donna, ma non si identifica come lesbica.
Tuttavia, se percepisce l’assegnazione ad una categoria specifica quale “lesbica” da parte degli altri, potrebbe soffrirne a causa dello stress associato al pregiudizio verso le popolazioni LGB.
All’opposto i processi stressanti prossimali sono più soggettivi e connessi alla propria identità o immagine di Sé come lesbica, gay o bisessuale.
Tali identità variano nei significati sociali e personali che sono ad essi connessi e nello stress soggettivo che essi comportano.
L’identità annessa ad una minoranza è altresì legata ad una varietà di processi di stress; alcune persone LGB, per esempio, possono essere vigili nelle interazioni con gli altri (aspettative di rifiuto), nascondono la loro identità per paura di subire un danno (dissimulazione) o interiorizzano lo stigma (omofobia interiorizzata).
Ovviamente, esistono anche dei fattori che possono risultare protettivi per l’individuo, soprattutto se inserito in situazioni particolarmente stressanti.
Volendo concludere, Kitzinger ha suggerito che una visione del fenomeno puramente soggettiva e individualistica può portare ad ignorare il bisogno di importanti cambiamenti politici e strutturali; a tal proposito l’autore si chiede:
“ se gli psicologi si pongono l’obiettivo di diminuire lo stress e incrementare la forza dell’io della vittima, su cosa si concentrano maggiormente? Su una visione del soggetto come vittima o come soggetto potenzialmente resiliente? Su cosa indirizzeranno il loro lavoro terapeutico?”.
Alla luce di tale quesito, non vi è una soluzione più giusta o migliore. Sicuramente l’autore ha voluto semplicemente innescare una riflessione attiva rispetto ad una visione dello stress che può essere tanto oggettiva che soggettiva.
Il non tralasciare entrambi gli aspetti può comunque determinare la messa in atto di interventi non solo ad un livello individuale ma anche sociale e strutturale.
Articolo tratto dalla rivista “Psychol Bull”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)