Misurare la felicità … sui social media!
I ricercatori hanno sviluppato un algoritmo per misurare la felicità su Twitter.
Felicità. È quel qualcosa per cui tutti lottiamo…
Ma come possiamo misurarla?
I ricercatori della University of Iowa hanno analizzato le attività sui social media per rispondere a questa (ed altre) domanda.
In uno studio, pubblicato sul giornale “PLOS One”, gli esperti informatici della UI hanno selezionato due anni di dati presi da Twitter, per misurare la soddisfazione per la vita degli utenti, poiché questa è una componente importante della felicità.
Chao Yang, autore capo, laureato presso il Department of Computer Science, spiega come questo studio sia diverso dalla maggior parte delle ricerche precedenti, perché indaga come gli utenti valutano le loro vite nel tempo, invece di come essi si sentono al momento.
Lo studio.
Yang, insieme alla Dott. essa Padmini Srinivasan, una professoressa d’Informatica alla University of Iowa, ha estratto i dati da circa 3 miliardi di tweet da Ottobre 2012 ad Ottobre 2014, poi hanno circoscritto l’insieme di dati solo a quelli scritti in prima persona, con le parole “io”, “me” e “mio” al loro interno, per aumentare la probabilità di ottenere dei messaggi che indicavano un’autoriflessione nei soggetti.
Con l’assistenza di due studenti del Department of Linguistics, Yang e Srinivasan hanno sviluppato, a questo punto, degli algoritmi per estrapolare le modalità basilari usate dagli utenti nell’esprimere la soddisfazione o l’insoddisfazione per la propria vita. Inoltre, a partire da questi modelli di base, hanno incluso tutte quelle espressioni che si equivalevano. Per esempio, per il modello “La mia vita è grandiosa” sarebbero state incluse anche altre affermazioni, come “La mia vita è meravigliosa”, “La mia vita è favolosa”, ecc.
Essi hanno trovato, così, che i sentimenti delle persone sulla felicità a lungo termine e la soddisfazione per le loro vite rimaneva costante nel tempo e non veniva influenzata da eventi esterni, come un’elezione, gli avvenimenti sportivi o un terremoto in un altro Stato. Anche se essi contrastavano con le precedenti ricerche, che si focalizzavano sulla felicità a breve termine (chiamata “affetto”) e che avevano trovato che gli umori quotidiani delle persone erano altamente influenzati dagli eventi esterni, questi dati erano consistenti con quelli della ricerca tradizionale, nell’ambito delle Scienze Sociali, sul benessere soggettivo (il termine scientifico equivalente a “felicità”).
“I metodi tradizionali per studiare la felicità prevedono interviste ed osservazioni e questo comporta un sacco di fatica”, dice Srinivasan. “Ma se tu riesci ad attingere ai social media e fare delle osservazioni, penso che sarebbe poco saggio ignorare questa opportunità, se essa ti permette di ottenere dei risultati sensibili; e questo studio lo dimostra”.
I risultati dello studio.
Yang e Srinivasan sono stati capaci di dividere gli utenti di Twitter in due gruppi, quelli che esprimevano soddisfazione e quelli con insoddisfazione per le loro vite, individuando delle differenze chiave tra i due. Innanzitutto, hanno trovato che gli utenti “soddisfatti” erano attivi su Twitter per un periodo più lungo di tempo ed usavano più hashtag e punti esclamativi, ma includevano pochi URL nei loro tweet.
Gli utenti “insoddisfatti” avevano più probabilità di usare pronomi personali, congiunzioni ed un linguaggio volgare.
In più, i ricercatori della UI hanno trovato delle differenze anche nei processi psicologici propri degli appartenenti ai due gruppi.
Gli utenti insoddisfatti avevano una probabilità di almeno il 10% maggiore di esprimere emozioni negative, rabbia, tristezza, morte, depressione ed ansia e di usare parole come “dovrei”, “vorrei”, “aspetto”, “spero” e “ho bisogno”, che potrebbero esprimere determinazione ed aspirazioni per il futuro. Essi, inoltre, impiegavano, con maggior frequenza, parole con riferimenti sessuali, soprattutto in senso negativo.
Gli utenti soddisfatti, invece, esprimevano soprattutto emozioni positive – correlate, per lo più, a salute e sessualità – ed avevano una probabilità di almeno il 10% maggiore di usare parole collegate a soldi e religione.
Yang e Srinivasan hanno studiato anche come gli utenti cambiavano le loro valutazioni riguardo la soddisfazione per la vita ed hanno trovato che quelli che passavano dall’esprimere soddisfazione all’insoddisfazione nel tempo, postavano di più su rabbia, ansia, tristezza, morte e depressione, rispetto a chi non lo faceva.
La Dott. essa Srinivasan spiega che una ricerca come questa è significativa perché la soddisfazione della vita è una grande componente della felicità. La docente, inoltre, spera di poter continuare ad indagare in quest’ambito, concentrandosi su altre caratteristiche che potrebbero rivelarsi utili, come l’uso di farmaci e la capacità linguistica, nell’identificare quelle persone che sono più a rischio di cambiare la valutazione della loro vita, quindi di diventare infelici.
“Essere felici è quello per cui tutti combattiamo, alla fine, quindi è un argomento importante”, spiega. “Con questa ricerca, possiamo ottenere una comprensione migliore delle differenze tra quelli che esprimono soddisfazione e quelli che manifestano insoddisfazione per le loro vite. È possibile che, nel futuro, continuando con studi di questo tipo, si potranno progettare anche degli interventi specifici”.
Fonte: ScienceDaily.com
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)