Perché le persone si suicidano?
Il suicidio è un atto multicausale e cercare di individuare le variabili predittive è difficile, soprattutto perché gli stati cognitivi interni possono non essere accessibili nemmeno alla persona che li sta vivendo.
Anthony Bourdain (61anni), Kate Spade (55anni), Robin Williams (63 anni), Aaron Swartz (26 anni), Alexander McQueen (40 anni), Kurt Kobain (27 anni), Sylvia Plath (30 anni), Ernest Hemingway (61 anni), Alan Turing (41 anni), Virginia Woolf (59 anni), Vincent Van Gogh (37 anni).
Il presente elenco di persone importanti sono morte per suicidio; da qualche parte nel mondo un'altra persona avrà fatto lo stesso, circa una ogni 40 secondi (circa 800.000 all'anno), rendendo il suicidio la decima causa di morte negli Stati Uniti.
Perché succede questo?
Secondo il famoso psicologo Jesse Bering dell'Università di Otago in Nuova Zelanda, nel suo autorevole libro “Suicidal: Why We Kill Ourselves”, “le questioni specifiche che portano una persona a diventare suicida sono diverse, naturalmente, poiché il loro DNA coinvolge catene di eventi che un esperto chiama 'vertiginose nella loro varietà'”.
In effetti, la breve lista presentata include persone con una varietà di età, professioni, personalità e genere.
La depressione è comunemente presente in molti casi di suicidio, tuttavia, la maggior parte delle persone che soffre di depressione non si uccide, e non tutte le vittime di suicidio sono depresse.
“Circa il 43% della variabilità del comportamento suicidario tra la popolazione generale può essere spiegato dalla genetica”, secondo Bering, “mentre il restante 57% è attribuibile a fattori ambientali”.
Avere una predisposizione genetica al suicidio, associata a una particolare sequenza di aggressioni ambientali sulla propria volontà di vivere, porta alcune persone a cercare di fermare e placare il dolore.

Nel caso del Dottor Bering, la sua storia può essere presa in considerazione per una riflessione.
Giunto da adolescente in una “piccola e intollerante cittadina del Midwest”, Bering ha dovuto fare i conti sia con l'essere un ragazzo chiuso e omosessuale e sia con l'iniziale impossibilità di trovare un'occupazione.
Successivamente, la sua carriera accademica lo ha portato a riflettere su come spesso “il successo può portare a standard irragionevolmente elevati per la felicità, anche sentendosi contemporaneamente schiacciati dalle vicissitudini della vita”.
Eppure molti omosessuali oppressi e appartenenti al mondo accademico non vogliono uccidersi.
“Nella grande maggioranza dei casi, le persone si uccidono a causa di altre persone”, aggiunge Bering.
“I problemi sociali – in particolare l'ipervigilanza di ciò che gli altri pensano o penseranno di noi se solo sapessero ciò che percepiamo come una verità sgradevole – alimentano un fuoco mortale”.
Come la maggior parte dei comportamenti umani, il suicidio è un atto multicausale.
Cercare di individuare le variabili predittive è difficile, soprattutto perché gli stati cognitivi interni possono non essere accessibili anche alla persona che li sta vivendo.
Non possiamo percepire il funzionamento neurochimico del nostro cervello, quindi i processi interni sono tipicamente attribuiti a fonti esterne.
Anche coloro che sperimentano l'ideazione suicidaria potrebbero non capire perché anche quando l'ideazione potrebbe trasformarsi in azione.
Questa osservazione è rafforzata da Ralph Lewis, uno psichiatra dell'Università di Toronto, che lavora con pazienti affetti da cancro e altre patologie che li pongono in una posizione vicina alla morte.
“Molte persone che sono clinicamente depresse penseranno che la ragione per cui si sentono in quel modo sia a causa di una crisi esistenziale sul significato della vita o che sia a causa di un evento relazionale accaduto”, afferma Lewis.
“Ma questa è l'attribuzione soggettiva delle persone, quando in realtà possono essere depresse per ragioni che non comprendono”.
Nella sua pratica clinica, ad esempio, osserva: “ho visto molti casi in cui queste crisi esistenziali evaporano sotto l'influenza di un antidepressivo”.
Questo errore di attribuzione, dice Lewis, è comune:
“A livello di base, tutti noi attribuiamo erroneamente le cause dei nostri stati mentali, ad esempio, attribuendo la nostra irritabilità a qualcosa che qualcuno ha detto, quanto in realtà è perché siamo stanchi, stressati”.
Nel consultare i tentativi di suicidio dei sopravvissuti, Lewis osserva:
“Dicono 'Non so cosa mi è successo. Non so cosa stavo pensando'”.
Questo è il motivo per cui la prevenzione del suicidio è così importante: perché le persone possono essere molto persuasive nel discutere perché credono che la vita, la loro vita, non sia degna di essere vissuta.
Eppure la situazione sembra radicalmente diversa mesi dopo, a volte a causa di un antidepressivo, a volte a causa di un cambiamento delle circostanze, a volte solo per un misterioso cambiamento di opinione.
Pertanto, la tematica del suicidio oltre a essere multicausale è intrisa di una complessità che non può e non dovrebbe ridursi a spiegazioni riduzioniste e semplicistiche.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro