Quanto sei assorbito dai selfie?
Esistono degli aspetti psicologici che i social media 'sfruttano' per generare un determinato comportamento? La possibilità di usare i filtri per modificare i selfie genera una percezione migliore del proprio corpo? E questa.. quanto è reale o illusoria?
Anche se tutti noi possiamo avere tratti o aspetti fisici attraenti, è bene precisare, che nell'era attuale, i social media hanno generato in molti di noi una sorta di auto-assorbimento, quasi ci avessero, o forse stessero, inglobando.
Le piattaforme digitali offrono infatti agli uomini e alle donne, di tutte le fasce d'età, e appartenenti a tutti i contesti di vita, l'opportunità di pubblicizzare se stessi.
Lo fanno soprattutto attraverso i commenti rilasciati sotto i post, gli aggiornamenti di stato, i messaggi privati, di gruppo e via dicendo.
Tuttavia, il consenso generale che accomuna il modo di comunicare di oggi è sicuramente quello attraverso le immagini; non è più l'immagine che viene catturata al fine di creare il ricordo, ma diviene immagine per scopi di auto-promozione.
Molti si trovano a vivere una vita semplicemente per scattare la foto giusta, compiendo anche uno sforzo (nel trovare poi quella giusta) al fine di aumentare i propri follower, o trovare commenti che supportino la propria immagine ed autostima; o, in altre parole, la loro personalità narcisistica.
Gli attributi del narcisismo riguardano il senso di grandiosità, l'assenza di compassione per gli altri e un desiderio di essere rispettati e lodati dagli altri.
Anche se ci sono diversi gradi di narcisismo, portati avanti da fattori ancora più numerosi, può comunque diffondersi attraverso la cultura, in maniera simile ad un virus.
Mentre gli uomini e le donne pubblicano con molta frequenza post e foto per autopromuoversi, altri, osservandoli, iniziano anche ad assumere tali comportamenti.
Attualmente, all'interno della società si postano foto ad un tasso decisamente elevato, e coloro che non seguono la scia, sono considerati come emarginati, o in alternativa dei veri ribelli.


Alcuni social media offrono inoltre dei filtri per ritoccare la foto, al fine di generare l'opportunità, illusoria, di migliorare l'aspetto fisico. Molti di coloro che oggi usano i social utilizzano questi filtri.
Secondo alcune ricerche, coloro che utilizzano i filtri per ritoccare le foto, si sentirebbero meglio in quanto hanno una percezione di sé e del proprio corpo come migliore; la sensazione di benessere tenderebbe poi ad aumentare quando i commenti di altri confermano tale sensazione.
I social media hanno quindi sfruttato il desiderio culturale, individuale e collettivo, per creaare uno strumento che consentisse a chiunque di sentirsi una celebrità.
Il problema che sorge, è che la promozione di sé attraverso una continua pubblicazione di immagini personali, può determinare una generazione di contatti tale da poter essere considerato un influencer o una celebrità (circa 200.000 follower), ma anche ritrovarsi con una piccola cerchia ti amici (200).
Pubblicare abitualmente foto di sé stessi sui social media, quando si fa il bagno al mare, piuttosto che la foto di una vacanza senza fine, i progressi fatti in palestra, la serata al pub o la giocata a bowling, è il frutto di una combinazione di esigenze di auto-validazione malsane, in quanto vengono declassate le esigenze di affermazioni sane che potrebbero generarsi durante queste attività reali.
I social media hanno pertanto capito come pensi, come senti, come agisci, ma soprattutto conosce il tuo bisogno, ossia quello di sentirti valorizzato.
I social media si concentrano attorno ad un obiettivo primario, ossia la promozione di sé. La pubblicazione di immagini offre infatti la possibilità di sentirsi sempre sopra un piedistallo.
Quando si scattano dei selfie e si iniziano a ricevere like e commenti positivi, c'è una sorta di condizionamento che determina nel soggetto la voglia di rifarlo; in tal senso, il cervello è come se venisse fisicamente condizionato per adottare comportamenti finalizzati alla ricerca di convalide fatte di like e commenti.


Quando però la giornata successiva è piatta rispetto a quella precedente, si potrebbe iniziare a mettere in discussione il proprio livello di autostima. Risulta pertanto facile divenire schiavi della convalida online.
Quando si inizia a contare su messaggi di testo, commenti, messaggi privati, like e tweet per convalidare il proprio valore personale, si può facilmente divenire dipendenti dalla necessità di ricevere o vivere tale sensazione ogni giorno.
Quando subentrano dinamiche di questo tipo le persone iniziano a fotografarsi sia se sono da sole, sia quando si trovano con gli altri, sia se si trovano in una situazione particolare o quotidiana, finendo per fare delle cose ideali al fine di creare un'aura positiva che possa generare consensi.
Anche se il postare continuamente i propri selfie non è ancora contrassegnano come un disturbo, la dipendenza che possono generare è comunque reale.
Molte ricerche sulla dipendenza stanno iniziando a sostenere che tutti quei soggetti che non riescono a distanziarsi dal proprio smartphone, il quale li collega alla loro rete “sociale”, iniziano a mostrare sintomi di ritiro simile a quelli esperiti nel contesto delle droghe, alcool e gioco d'azzardo.
È stato documentato che molti utenti di social media non riescono a temporeggiare più di pochi minuti senza sentire la necessità di fare clic sul pulsante Home del proprio smartphone solo per vedere se hanno ricevuto un aggiornamento sui propri profili social.
Inoltre, una crescente quantità di studi allarmanti sostiene la nozione che gli sviluppatori di applicazione di social media stiano sfruttando il potere del cervello, in particolare l'elaborazione cognitiva, nel tentativo di impedire ulteriormente di uscire dalla rete sociale online quando siamo connessi con lo smartphone.
Gli algoritmi riguarderanno i like e i commenti dei propri selfie per un periodo di tempo predeterminato; al momento giusto, questo algoritmo, basato sul comportamento sociale nei social media, farà scoprire di quanti like e commenti si ha “bisogno” per generare quel necessario rilascio di dopamina nel cervello, tale da rimanere connessi.
Cioè, questo stesso “ormone del piacere” che viene rilasciato durante il sesso, quando si gioca o si usano le droghe, sarà lo stesso associato ai social media.
In tal senso, e se tale visione dovesse essere confermata nel tempo, la vita personale e relazionale di ognuno sarà influenzata negativamente.
Da un punto di vista generale, quando postiamo un'immagine sui social, più e più volte, leggiamo commenti e visualizziamo like, più e più volte, stiamo soddisfacendo la necessità di ricevere una convalida da parte degli altri.


Molte ricerche suggeriscono che questo può alienarci dalle nostre occasioni di affermazione faccia a faccia nei confronti degli altri, in quanto si prende più facilmente in considerazione la possibilità di ricevere una convalida online, catturando così una glorificazione illusoria, piuttosto che impegnarsi per ispirare gli altri all'interno delle relazioni quotidiane.
Quello che si vuole ovviamente sottolineare non è quello di non scattare o scattarsi delle foto per pubblicarle sui social media, ma imparare a partecipare ad eventi o attività del mondo reale senza sentire l'impellenza di pubblicarle sui social media, perchè in tal modo si distorce la percezione della propria realtà.
Quando non si riesce a passare del tempo senza controllare il proprio telefono, per non parlare di poche ore senza postare una foto, ci si sta probabilmente avventurando verso la dipendenza, e in questa dipendenza, al pari di tutte le altre, si danneggia non solo sé stessi ma anche i propri rapporti personali.
Molte ricerche indicano che lo smartphone, i social media e i digital media, spesso, distruggono le relazioni.
In termini pratici, le relazioni sentimentali spesso si incrinano, o sorgono i problemi, proprio a causa dei social media; le relazioni genitore-figlio spesso sono mediate dai social; le relazioni potenziali non si sviluppano correttamente se durante una conversazione entrambi, o uno dei due, è più interessato ad aggiornare il proprio profilo; le amicizie rimangono in gran parte nel cyberspazio, proprio perchè ormai ciò che avviene sui social non viene più distinto da ciò che avviene nel mondo reale.
Volendo concludere, la pubblicazione di immagini sui social non pregiudica la crescita del Sè ma, qualora non sia ben gestita, come con qualsiasi altra cosa, può determinare la distruzione di sé e delle relazioni con gli altri.
Molti hanno bisogno di riesaminare dove si trovano le loro identità, se nella convalida da parte dei propri amici o follower sui social, o attraverso un'affermazione che si può ottenere solo in aree più proficue e sostanziali della vita.
Tratto dalla rivista “Computers and Human Behavior”
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)