Ricordare solo le informazioni positive potrebbe essere un segnale precoce della futura perdita di memoria.
Un gruppo di ricercatori sviluppa un test per misurare i cambiamenti della memoria emotiva nel tempo.
Per uno studio, che sarà pubblicato ad agosto su “Learning & Memory”, il Dr. Michael Yassa e colleghi hanno disegnato ed utilizzato un test, che valuta la capacità dei partecipanti di ricordare storie con diverso contenuto emotivo, per identificare i deficit ed il declino della memoria, con particolare riferimento al periodo dell’invecchiamento ed alla Malattia di Alzheimer.
In questo studio, le persone che ricordavano solo le informazioni positive, piuttosto che quelle neutrali e negative, avevano una prestazione peggiore al test.
I ricercatori della University of California, Irvine, hanno spiegato che questi risultati indicano che tale fenomeno potrebbe essere un segnale precoce della possibilità di perdere la memoria nella vecchiaia.
Lo studio.
Trentadue persone anziane (21 donne e 11 uomini con un’età media di 74,8 anni) presero parte allo studio.
Dopo che ciascuna storia veniva letta ad alta voce, fu chiesto loro di riferire tutti i dettagli che potevano ricordare. Il compito fu ripetuto 20 minuti ed una settimana dopo. Questo permise ai neurobiologi di osservare come il ricordo della storia cambiasse col passare del tempo.
“Eravamo interessati a capire come la memoria emotiva cambiasse nel tempo, così abbiamo sviluppato un test che potesse rilevarne i più piccoli cambiamenti negli anziani”, ha spiegato la Dr. essa Jessica Noche, una dei ricercatori dello studio. “Nello specifico, abbiamo confrontato le risposte a storie positive, negative e neutrali, per apprendere se la valenza emotiva influenzasse il modo in cui le storie venivano ricordate col passare del tempo”.
Inoltre, i soggetti dello studio sono stati sottoposti ad un esame sull’apprendimento verbale per esaminare il funzionamento della memoria in generale. Questa valutazione fu utile per distinguere tra individui che avevano una prestazione alta e quelli con una prestazione bassa (cioè, che mostravano lievi deficit di memoria).
Un dato molto importante fu constatare che nessuno di loro soffriva di chiari problemi di memoria, abbastanza gravi per una diagnosi clinica.
I risultati dello studio.
Analizzando i risultati, i ricercatori hanno trovato che gli anziani con una prestazione bassa esibivano un “effetto della positività” più ampio, a discapito del materiale neutro; viceversa, le persone che avevano una performance più alta riuscivano a ricordare di più i dettagli neutrali a spese di quelli positivi.
“Suggeriamo che questo fenomeno potrebbe essere un meccanismo compensatorio, che maschera gli effetti della perdita di memoria nella vecchiaia, anche se la nostra rimane solo un’ipotesi”, ha spiegato il Dr. Yassa. “E’ possibile che ricordare solo le informazioni positive sia correlato a dei cambiamenti a livello dei circuiti neuronali coinvolti nella memoria, nella valenza emotiva e nel valore della ricompensa.
Sono essenziali ulteriori studi, che si avvalgono delle tecniche di brain imaging, per capire i meccanismi che sottostanno questo effetto”.
Conclusioni.
Poiché tutti i partecipanti allo studio non avevano disturbi della memoria all’epoca della valutazione, i ricercatori ritengono che il test da loro creato, l’“Emotional Logical Memory Test”, potrebbe cogliere tempestivamente i più piccoli cambiamenti nelle capacità inerenti la memoria emotiva, prima che si manifestino i sintomi ovvi del declino cognitivo.
Sarà necessario un ulteriore approfondimento per stabilire se i soggetti che manifestavano il cosiddetto “effetto della positività” hanno più probabilità di sviluppare la Malattia di Alzheimer. Se è così, il test potrebbe rivelarsi uno strumento prezioso nel rilevamento precoce della suscettibilità a tale disturbo e, quindi, per un intervento altrettanto tempestivo.
Fonte: ScienceDaily.com
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)