Salute mentale sul posto di lavoro
I problemi di salute mentale sul posto di lavoro sono stati definiti come uno “tsunami silenzioso”, che potrebbe inghiottire miriadi di organizzazione determinando problemi non solo di produttività ma anche redditività.
Questo articolo si pone l’obiettivo di analizzare la situazione critica di molte aziende degli Stati Uniti e del Canada.
In un articolo del Wall Street Journal, Mellissa Korn sostiene che “sta divenendo problematico per le aziende il sempre e maggior numero crescente di adulti che cercano un trattamento per i disturbi psichiatrici. Secondo lo U.S. National Institute of Mental Health, più di uno su quattro americani adulti ha un disturbo di salute mentale diagnosticabile, e uno su diciassette ha una grave malattia come la schizofrenia e il disturbo bipolare”.
Secondo un rapporto recente degli Stati Uniti, sulla base delle ricerche condotte dalla Harvard University Medical School, la malattia mentale non trattata costa agli Stati Uniti un minimo di 105 miliardi di dollari in termini di perdita della produttività ogni anno.
La maggior parte delle organizzazioni presentano piani di copertura sanitaria, i quali però “coprono” i disturbi fisici, mentre quelli inerenti la salute mentale appaiono come scoperti.
Secondo l’American Journal of Psychiatry la presenza di malattie mentali gravi si traduce in un mancato guadagno ed un costo sociale pari a 200 miliardi di dollari annui.
Ronald Kesller, docente di politica sanitaria presso l’Università di Harvard, sostiene che circa il 60% degli americani con un disturbo mentale non riceve un trattamento adeguato.
Stew Freedman, autore di diversi articoli presso la Harvard Business Review, sostiene che gli imprenditori ricorrono ad un imperativo morale e pratico per affrontare la questione della salute mentale nei luoghi di lavoro:
“Possiamo permettere ai dipendenti di sentirsi liberi di chiedere l’aiuto di cui hanno bisogno nel sostenere le loro famiglie, modificando il modo di parlare, pensare ed agire. A loro volta essi però sono tenuti a rimborsare ciò mediante sforzi straordinari e impegnandosi per raggiungere gli obiettivi dell’azienda”.
Il Dottor Phyllis Gabriel della Cornell University afferma che “l’onere dei disturbi mentali sulla salute e l’influenza che questi producono sulla produttività è stata a lungo profondamente sottovalutata; in tal senso i problemi di salute mentale influenzano fortemente le prestazioni dei dipendenti, i tassi di malattia, l’assenteismo, gli infortuni e i turnover del personale”.
Rispetto a quanto esposto, l’American Disabilities Act impone, oggi, alle aziende di offrire “soluzioni ragionevoli” per i dipendenti affetti da disabilità, le quali potrebbero includere una flessibilità sulle ore di lavoro, la terapia o la riassegnazione dei posti di lavoro.
Molte aziende americane come la Prudential Financial, la Deloitte e la DuPont stanno fornendo programmi di assistenza e di formazione ai propri manager per affrontare i problemi di salute mentale dei lavoratori, ma ciò non rappresenta ovviamente la norma.
Secondo un recente sondaggio, si è osservato che uno su cinque canadesi ritengono che il loro ambiente di lavoro non sia psicologicamente sano. In tal senso, si è stimato che la malattia mentale causi 35 milioni di giorni lavorativi persi ogni anno.
Il Conference Board of Canada’s Study, ha stimato che il 44% dei canadesi afferma di soffrire di un problema di salute mentale come lo stress cronico, abuso di sostanze, schizofrenia, depressione, burnout e dipendenza.
Il rapporto continua dichiarando che quasi il 50% dei manager non aveva alcuna formazione nella gestione dei lavoratori con problemi di salute mentale.
Alla luce di tali risultati lo studioso Wilson Banwell ha dichiarato che “la ricerca sostiene con forza il bisogno e l’esigenza da parte dei manager di lavorare sulla salute mentale, facendo di essa una questione di business ad alta priorità. Non è semplicemente la cosa giusta da fare, ma rende la società più competitiva e redditizia.”
Martin Shain, in un recente rapporto del Mental Health Commission of Canada, sostiene che persone con una resilienza “normale” possono essere portate sull’orlo del disagio mentale e, a volte spinte oltre questo bordo dalle estreme condizioni di lavoro.
Shain sostiene che le malattie mentali possono strutturarsi a partire da un ambiente di lavoro psicologicamente insano, e prendere svariate forme come un’ansia debilitante, la depressione, il burnout o anche malattie cardiovascolari, maggiore consumo di alcool e maggiore suscettibilità verso le malattie infettive.
Tali problemi possono subentrare anche quando le richieste e le pressanti esigenze aziendali superano i livelli di abilità dei lavoratori, e quando i dipendenti non hanno il controllo del mezzo o delle modalità tipiche del loro lavoro.
Un altro rapporto enunciato dalla Commissione della Salute mentale del Canada, intitolato “Lo Stress sui luoghi di lavoro”, delinea il crescente numero di casi giurisprudenziali, modifiche legislative e delibere giuridiche che sostengono una tendenza verso il dover fornire un ambiente di lavoro psicologicamente sicuro come un termine implicito del contratto di lavoro.
A tal proposito è dal 2010 che negli Stati Uniti e nel Canada si sta svolgendo una tempesta legale e politica nel campo della tutela della salute mentale sul posto di lavoro.
Il rapporto Canadese chiarisce quanto sul posto di lavoro siano comuni delle condizioni patologiche di salute mentale come la depressione, l’ansia e il burnout, i quali possono essere aggravati da azioni manageriali croniche come l’imposizione di richieste irragionevoli, il mancato riconoscimento di crediti o contributi ai dipendenti, o il mancato riconoscimenti dei diritti legittimi dei lavoratori.
Si assiste pertanto ad uno scollamento tra le pratiche di gestione tradizionali e la nostra conoscenza della psicologia e delle neuroscienze.
La consapevolezza delle dinamiche psicologiche umane e la ricerca scientifica in relazione al luogo di lavoro si è evoluta lentamente, mentre i progressi nel marketing, le vendite, i sistemi e la tecnologia si sono spostati alla velocità della luce.
I punti di vista miopi spesso si riflettono nei programmi di formazione della leadership e di formazione aziendale, i quali si concentrano principalmente su cose come il problem-solving, analisi, strategia, obiettivi, responsabilità e misura.
Eppure è chiaro che entrambi, sia i leader che i dipendenti, esperiscono spesso delle problematiche non legate ad una carenza di competenze, ma a causa di problemi comportamentali, psicologici ed emotivi.
Una difficoltà che i dipendenti devono spesso affrontare è l’ammettere apertamente di essere affetti da un problema di salute mentale. Molti reclutatori potranno quindi rispondere che l’ammettere una problematica di questo tipo solleva la cosiddetta “bandiera rossa”, e che pertanto è un fattore che potrà influenzare negativamente il processo decisionale del datore di lavoro.
Vi è però una luce alla fine del tunnel, almeno in Canada; la Mental Health Commission of Canada ha infatti avviato un progetto con l’obiettivo di creare una norma nazionale di volontariato per la progettazione di luoghi di lavoro psicologicamente sani. Il Canada è il primo paese al mondo a sviluppare un tale standard.
Tra una serie di importanti conclusioni il Consiglio di Vancouver ha emesso un rapporto dichiarando:
“il mantenimento di un ambiente di lavoro psicologicamente sano è economicamente vantaggioso attraverso un maggiore impegno dei dipendenti, della motivazione, la riduzione dell’assenteismo e riduzione dei costi di assistenza sanitaria; proteggere il benessere psicologico è un elemento fondamentale e la chiave per divenire un datore di lavoro responsabile; il mancato conferimento di un posto di lavoro psicologicamente sicuro può portare i dipendenti a impegnarsi in azioni legali contro l’azienda stessa.”
Si sta pertanto prefigurando un nuovo tempo in cui i datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori iniziano a riconoscere l’importanza di considerare la salute mentale come non separata dai problemi di salute fisica sul luogo di lavoro, in termini di condizioni di lavoro, formazione adeguata dei dirigenti, e la fornitura di una copertura finanziaria per i problemi mentali calcolata in termini di benefici per la salute.
In caso contrario, non si andrà soltanto ad evitare un imperativo morale, ma si andrà ad ignorare volontariamente l’impatto pratico sulla produttività e redditività delle organizzazioni.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)