Si può curare l’autolesionismo attraverso la psicoterapia?
Un nuovo studio ha scoperto che la psicoterapia può aiutare le persone che soffrono di autolesionismo.
L’autolesionismo è un disturbo, che consiste nel farsi del male, intenzionalmente, e con gravità diverse.
È una patologia molto frequente in tutto il mondo e comporta alti livelli di disagio per i pazienti, le loro famiglie ed i loro amici.
Esso ha, quindi, importanti ricadute sui servizi per la salute mentale, perché le persone che ne sono affette presentano anche un rischio elevato di autolesionarsi ancora o di suicidarsi.
In questa Review, pubblicata su “Cochrane Library”, è stata valutata la validità di una serie di interventi psicosociali, rivolti agli adulti che si autolesionano. Lo studio includeva 55 prove, dove un totale di 17.699 partecipanti fu selezionato a caso per ricevere un intervento psicosociale o la cura che avrebbero ricevuto normalmente.
A tal fine, è stata usata una serie di interventi, tra i quali erano compresi sia specifiche psicoterapie, che altre strategie, come mantenere il supporto ed il contatto con i pazienti.
Fu valutata, in particolare, la Psicoterapia ad indirizzo Cognitivo Comportamentale (CBT), la quale si focalizza su come le credenze e le attitudini di un paziente influenzino i suoi sentimenti ed il suo comportamento, e che ha lo scopo di aiutarlo a rispondere e ad affrontare i suoi problemi.
Dopo aver valutato i dati raccolti dagli studi sulla CBT prima, e quelli emersi nel follow-up poi, è stato dimostrato che quelle persone, che erano state trattate proprio con la Psicoterapia ad indirizzo Cognitivo Comportamentale, avevano meno probabilità di autolesionarsi di nuovo (- 6%), rispetto a coloro che ricevevano un altro tipo di intervento.
I benefici di questa specifica psicoterapia si estendevano, inoltre, all’umore depresso, alla mancanza di speranza per il futuro ed ai pensieri suicidi.
L’autrice principale della Review, Keith Hawton, Prof. essa di Psichiatria del Centre for Suicide Research (Warneford Hospital, Oxford), ha detto: “La maggior parte degli studi presi insieme, dimostrava che la Psicoterapia ad indirizzo Cognitivo Comportamentale potrebbe aver portato ad una riduzione nel numero di pazienti che ripetono i comportamenti legati all’autolesionismo.
Abbiamo trovato, però, una certa variazione tra i risultati degli studi.
Un’altra problematicità riscontrata era rappresentata dal fatto che i pazienti fossero consapevoli (al contrario di quanto accade, per esempio, con il placebo, nelle prove di controllo dei farmaci) del tipo di intervento che stavano ricevendo (cioè, se si trattava di un intervento psicosociale o della cura normalmente prevista), quindi l’aspettativa può aver influenzato i risultati.
È importante tener presenti questi punti quando si considerano le implicazioni dei dati ottenuti. Comunque, ci sono le prove che la Psicoterapia ad indirizzo Cognitivo Comportamentale abbia influenzato positivamente anche il benessere emotivo dei pazienti”.
Keith Hawton ha aggiunto: “Gli effetti degli altri approcci terapeutici sono meno chiari perché erano valutati, per lo più, in piccole prove singole. Gli studi futuri ci aiuteranno a capire quali pazienti hanno probabilità di beneficiare da essi.
È importante che le persone che si autolesionano siano consapevoli di tutto questo, così che possano fare scelte più informate riguardo il trattamento per loro più appropriato”.
Fonte: PsyPost.org
(Traduzione ed adattamento a cura della Dottoressa Alice Fusella)