Sognare è giocare!
Una nuova teoria psicologica sottolinea come il sognare possa essere assimilabile al gioco, ossia un’attività in cui l’immaginazione è libera di regnare per vagare dove vuole.
Lo studio scientifico dei sogni sta attraversando tempi difficili!
In un’epoca dominata dalla terapia cognitivo-comportamentale, dai farmaci psicoattivi e dai modelli informatici della mente, sognare sembra meno rilevante oggi per la psicologia che in qualsiasi momento del 1900, quando Freud pubblicò la sua opera “L’interpretazione dei sogni”.
Ironicamente, il problema, non è una mancanza di prove empiriche sulla natura e la funzione dei sogni; piuttosto, il problema è che tante prove non sembrano identificarsi in una teoria coerente o delineare una guida utile per la pratica terapeutica.
Gli psicoanalisti successivi a Freud hanno sempre cercato di dimostrare, attraverso i propri casi clinici, come i sogni, nonostante il loro simbolismo criptico, siano comunque significativi ed estremamente utili durante il percorso terapeutico.
Negli anni ’50, tuttavia, i neuroscienziati scoprirono che il sogno era correlato a processi automatici nel cervello durante il sonno, suggerendo così che questi fossero il prodotto dell’attività fisiologica neuronale.
Allo stesso tempo, le ricerche quantitative hanno iniziato ad utilizzare dei metodi statistici per analizzare decine di migliaia di report sui sogni.
Invece di bizzarri simboli o di sciocchezze casuali, questi ricercatori hanno trovato un gran numero di chiare e semplici continuità tra i contenuti dei sogni e le preoccupazioni emotive delle persone annesse alla loro vita quotidiana.
I risultati di ciascuna di queste aree di ricerche appaiono però contraddire gli altri due, rendendo così ancora più difficile la ricerca di un terreno comune.
I nuovi sviluppi nelle scienze cognitive offrono un modo migliore di avanzare, mediante l’assunzione delle caratteristiche evolutive della mente in quanto correlate alle esigenze di sopravvivenza e le sfide adattive che la nostra specie deve affrontare.


Quando osserviamo l’attività del sognare da una prospettiva più ampia, emerge una tesi semplice ma allo stesso tempo potente: il sogno è una sorta di gioco, il gioco dell’immaginazione nel sonno.
Gli zoologi hanno trovato prove di comportamenti di gioco in tutti i mammiferi, specialmente tra i membri più piccoli di ogni specie.
Il gioco si svolge in uno spazio temporaneo di pretesa e fiducia, dove le azioni non sono collegate dagli stessi vincoli che governano il mondo normale.
Una grande funzione del gioco, secondo la maggior parte dei ricercatori, è quella di esercitare le risposte alle situazioni legate alla sopravvivenza in un ambiente sicuro, in modo che i giovani saranno meglio preparati quando diventeranno adulti per affrontare quelle situazioni di veglia nella realtà.
La creatività, la flessibilità e la libertà istintuale rappresentano i segni distintivi del gioco, sia negli esseri umani che in altri animali.
Tutte queste qualità del gioco sono prominenti anche durante il sogno; quest’ultimo si verifica nel sonno, uno stato di temporaneo ritiro dal mondo, in cui l’immaginazione è libera di regnare per vagare dove vuole.
L’attività del sognare tende ad essere più frequente e impegnativa nell’infanzia; i giovani sperimentano sogni in cui vengono inseguiti, dove volano, o provano paura.


Il contenuto dei sogni ha spesso riferimenti diretti a tematiche legate alla sopravvivenza come la sessualità, l’aggressività, la salute personale, le relazioni sociali e la minaccia della morte.
Anche se i sogni in generale non sono così selvaggiamente bizzarri come spesso si crede, hanno le qualità della creatività spontanea e una variazione ricca che stimola la mente a guardare al di là di quello che immagina cosa potrebbe essere.
Pensare al sogno come una sorta di gioco ha molti vantaggi, soprattutto perché supera i diversi conflitti tra le diverse aree di ricerca sui sogni.
Il sogno è infatti radicato nei cicli naturali dell’attività del cervello, come hanno sostenuto i neuroscienziati, ma non ha più senso trattare i sogni come sottoprodotti di una mente addomesticata.
Dobbiamo pertanto riconoscere le qualità giocose del sogno come parte integrante del sano funzionamento psichico e cognitivo.
Nel linguaggio della programmazione informatica, il sogno deve essere apprezzato come una caratteristica vitale della mente, come un bug da risolvere o da eliminare.
Seguendo una prospettiva che inquadra il sogno come un’attività di gioco, possiamo anche estrapolarne alcuni vantaggi per la pratica psicoterapeutica.
Anziché lavorare per scoprire i messaggi nascosti profondi, i terapeuti possono esplorare la dinamica creativa dei sogni dei propri clienti come utile indizio per le loro preoccupazioni emotive e le sfide quotidiane, pur continuando a perseguire livelli più significativi simbolici.
Ciò può essere particolarmente utile nella cura dei pazienti traumatici. La ricerca sul Disturbo da Stress Post-Traumatico (DSPT), ha dimostrato che durante un trattamento efficace gli incubi ricorrenti diventano gradualmente meno fissati al trauma e più aperti verso una crescente varietà di temi, personaggi e scenari del sogno.
In altre parole, più i sogni diventano giocosi, più progressi i pazienti stanno compiendo per la propria salute psicologica.


A tal proposito, il Dottor Kelly Bulkeley, direttore del Sleep and Dream Database dell’Università della California, racconta di un suo progetto di ricerca con una donna che era stata quasi uccisa in un incidente d’auto e che aveva trascorso diversi giorni in terapia intensiva con gravi lesioni spinali.
I suoi sogni dopo l’incidente erano pieni di paura, aggressività e disgrazia – esattamente quello che ci aspetteremmo da qualcuno affetto da un Disturbo da Stress Post-traumatico acuto.
La donna però riferì al Dottore di aver riposto le sue speranze in un sogno insolito, comparso circa quattro mesi dopo l’incidente.
In quel sogno c’era un pennello magico che le permise di dipingere i colori dell’arcobaleno, proprio come il personaggio amato che aveva accompagnato la sua infanzia.
Questa era la prima volta dal suo incidente che uno dei suoi sogni aveva tanti riferimenti ai colori, alle emozioni positive e alle fortune.
I germogli verdi della giocosità che emersero da quel sogno “hanno anticipato, e forse anche stimolato, il suo percorso di cura e recupero”, dichiara il Dottor Bulkley.
Pertanto, il successo evolutivo della nostra specie è in gran parte dovuto alla straordinaria flessibilità e creatività adattiva delle nostre menti.
Le attuali prove scientifiche ci indicano che il sogno è un processo potente e neurologicamente rigido che rafforza proprio quelle abilità psicologiche umane.
Conclude il Dottor Bulkeley:
“le nostre attività giocose durante il sonno non fanno altro che ‘rafforzare’ le nostre abilità cognitive in nuove direzioni, esplorando i confini, le potenzialità della consapevolezza e preparandoci a qualunque sia il mondo una volta svegli!”
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)