Sonno e regolazione emotiva
Il sonno REM sembrerebbe associato ad una riduzione del tono noradrenergico nei centri proencefalici e potrebbe facilitare i processi di regolazione emotiva
In un interessante studio pubblicato di recente sulla rivista Current Biology, i ricercatori del Sleep and Neuroimaging Laboratory, della University of California, hanno sostenuto e presentato prove coerenti rispetto al fatto che le funzioni del sonno REM in parte facilitino la regolazione emotiva.
Gli autori hanno sottolineato che il sonno REM è associato ad una drastica riduzione del tono noradrenergico nei centri proencefalici, compresa l’amigdala.
L’amigdala è nota per il ruolo svolto nell’elaborazione delle memorie emozionali, soprattutto le emozioni negative come la paura e lo stress.
Inoltre, l’elaborazione delle memorie emozionali tramite l’interazione tra amigdala e ippocampo si svolgerebbe durante il sonno REM.
Secondo i ricercatori due sono gli eventi che si svolgono durante il sonno REM, e che sarebbero cruciali per la regolazione emotiva diurna: in primo luogo la reattività dell’amigdala è sotto-regolata a causa della soppressione del tono noradrenergico centrale, e secondariamente le memorie emotive vengono a riattivarsi nella rete amigdala-ippocampo durante il sonno REM.
In breve, il sonno REM sembrerebbe depotenziare la reattività dell’amigdala e ri-processare le memorie emotive in uno stato in cui l’attività noradrenergica è soppressa facendo così diminuire l’intensità complessiva delle memorie emotive negative.
Nello studio Van der Helm e collaboratori hanno eseguito due risonanze magnetiche funzionali (fMRI) su 34 volontari, separati da intervalli di 12 ore ciascuno, effettuate una di notte e una durante il giorno.
Durante ciascuna prova, i partecipanti hanno visionato e valutato il proprio stato di intensità emotiva rispetto a 150 immagini emotive standardizzate.
È importante sottolineare che i partecipanti hanno visionato gli stessi stimoli in entrambe le sessioni, offrendo una misura della variazione della reattività emotiva a stimoli affettivi esperiti precedentemente.
I risultati hanno mostrato che coloro che dormivano durante la visualizzazione delle immagini segnalavano una significativa diminuzione dei loro punteggi rispetto all’intensità delle immagini emotive, così come una diminuzione della reattività dell’amigdala, mentre i partecipanti che erano svegli mostravano un aumento dei punteggi rispetto all’intensità delle immagini, nonché una migliore reattività dell’amigdala.
È interessante notare che l’entità della diminuzione durante la notte sia nella reattività dell’amigdala che nei punteggi è risultata significativamente correlata con una riduzione prefrontale delle onde Gamma, registrate con elettroencefalogramma, durante il sonno REM e quelli con i livelli più bassi presentavano anche una diminuzione della reattività emotiva.
Così gli autori hanno dimostrato che l’attività dell’amigdala diminuisce nel sonno REM e che questo è associato sia ad una riduzione delle valutazioni comportamentali dell’intensità delle immagini emotive, nonché una riduzione delle onde gamma nella corteccia prefrontale.
L’attività prefrontale durante e dopo il sonno REM suggerisce che la riduzione della reattività emotiva associata al sonno può essere un sottoprodotto di altri processi che si verificano durante la fase REM.
Gli autori hanno inoltre riportato che l’amigdala interagisce con l’area prefrontale ventro-mediale, indicando un aumento di tale connettività funzionale durante la notte, e una corrispondente diminuzione della connettività funzionale quando si dorme durante il giorno.
Questi dati suggeriscono che la riduzione dell’attività dell’amigdala durante la notte sia dovuta o correlata ad un aumento della connettività nell’area prefrontale ventro-mediale.
Pertanto, è la funzione REM a incrementare la connettività funzionale dell’area prefrontale ventro-mediale con le altri parti del cervello?
Decenni fa gli scienziati hanno notato che il sonno REM è associato con una riduzione complessiva dell’attività categolaminergica e che una delle sue funzioni potrebbe essere quella di effettuare una riparazione metabolica o risintonizzare tali circuiti.
La corteccia pre-frontale è invece fondamentale per una vasta gamma di funzioni cognitive più elevate, e la sua disfunzione è il fattore più comunemente implicato in patologie complesse quali la schizofrenia.
Forse il segreto della funzione del sonno REM sarà risolto quando impareremo di più sulle funzioni evolutive della corteccia pre-frontale.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)