Stalking e teenagers
Che cosa succede se lo "stalker" è un ragazzo adolescente seduto dietro lo schermo di un computer? O se una ragazza adolescente installa un dispositivo di tracciamento sul cellulare del proprio partner?
Lo stalking è caratterizzato dall’adozione di comportamenti persecutori ripetitivi e intrusivi da parte di un soggetto nel tentativo di ledere emotivamente e fisicamente la propria vittima.
Nell’immaginario comune, lo stalker è spesso identificato nel maschio adulto, il quale, il più delle volte, mette in atto comportamenti “raccapriccianti” nei confronti di una determinata persona.
Ci si chiede, però, quanto sia reale questa identificazione!? Che cosa succede se lo stalker è un ragazzo adolescente seduto dietro lo schermo di un computer? O se una ragazza adolescente installa un dispositivo di tracciamento sul cellulare del proprio partner?
Con l’emergere di tecnologie sempre più raffinate, nonché la loro rapida adozione tra gli adolescenti, è importante non solo considerare che gli adolescenti potrebbero impegnarsi in comportamenti simili allo stalking, ma anche che questo potrebbe accadere attraverso i mezzi digitali.
Si è cercato infatti di valutare quanto, in ragazzi Americani con età compresa tra i 14 e i 21 anni, questo comportamento sia presente; è stato chiesto ai giovani se avessero mai effettuato alcune delle seguenti attività che hanno il potenziale di riflettere il comportamento di stalking:
- Iper-intimità: ho cercato di attirare l’attenzione di qualcuno facendo qualcosa che va “sopra le righe”;
- Spiare: ho seguito o spiato qualcuno a sua insaputa;
- Intrusività: ho cercato di “parlare” con qualcuno anche se in quel momento non ne aveva voglia;
- Aggressività: ho danneggiato o distrutto cose a cui l’altra persona teneva particolarmente;
- Minacciare: ho minacciato di ferirmi o di ferire qualcuno se non mi veniva data attenzione;
- Sorveglianza: ho scaricato un programma di monitoraggio del cellulare a loro insaputa;
Dall’analisi dei risultati è emerso che i comportamenti simil-stalking sono abbastanza comuni tra i giovani: oltre un terzo ha confermato di aver agito almeno uno di questi comportamenti; uno su sei ha dichiarato di averne messi in atto due o più nella loro vita; tra coloro che hanno agito tali comportamenti, il 12% lo ha manifestato verso più di una persona nel corso dell’ultimo anno.
Il comportamento più comune riguarda il primo punto, ossia il voler a tutti i costi parlare con quella persona, anche se questa non voleva.
Dall’altra parte, il comportamento meno comune riguardava l’installazione di un programma di monitoraggio sul cellulare dell’altro.
Nonostante lo stereotipo vigente che vede lo stalker come personificato dal maschio, anche le giovani donne hanno riferito di impegnarsi in questi comportamenti, altrettanto spesso come i maschi.
Nonostante il 70% dei giovani che hanno riportato comportamenti di stalking hanno agito uno o più di questi comportamenti di persona, altri hanno invece utilizzato le tecnologie digitali, come telefono, cellulare, o internet, per promuovere comportamenti di questo tipo.
Quasi la metà dei giovani ha infatti dichiarato di attuare tali comportamenti attraverso messaggi di testo; internet rappresentava la via digitale elettiva per mettere in atto un comportamento di questo tipo.
In altre parole, la maggior parte delle persone ricorre ad uno stalking di tipo vis-a-vis, ma allo stesso tempo, l’accrescere dell’uso della tecnologia si mostra alquanto significativo, soprattutto tra i giovani
Nonostante il potenziale impatto che questi comportamenti possono avere sulla vittima, non tutti i giovani hanno ammesso di voler realmente spaventare, sconvolgere, infastidire o produrre un danno reale per l’altra persona.
Infatti, solo un adolescente su cinque ha perpetrato in maniera prolungata questi comportamenti, sostenendo di voler raggiungere l’intento specifico di ledere emotivamente o fisicamente l’altro.
È possibile che gli adolescenti, così come i giovani adulti non abbiano una pieta consapevolezza di come potrebbe essere vissuto il loro comportamento, così come non sono coscienti delle ipotetiche conseguenze che tali azioni potrebbero produrre.
Potrebbero magari pensare che queste azioni rientrino nella normalità di tutti quei comportamenti che sanciscono una relazione con un’altra persona.
Se così fosse, i giovani potrebbero sicuramente beneficiare di un dialogo con i genitori, o anche all’interno del contesto scolastico, per comprendere come si stabiliscono delle relazioni sane.
Parlare con i propri figli o alunni è il modo migliore per capire cosa sta succedendo e per aprire nuove opportunità di sviluppo comunicativo, che andrà così riversandosi in quello relazionale.
Considerando i risultati presentati, è quindi auspicabile un maggior sforzo di sensibilizzazione e prevenzione da parte delle istituzioni competenti.
Tratto da PsychologyToday
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)