Una difficoltà attuale della Psicoanalisi
Più di un lettore mi fa osservare che nella pagina tendo spesso a condividere argomenti sociologici più che non schiettamente psicoanalitici, e me ne chiede il motivo. L'argomento è complesso, ma tenterò di rispondere alla domanda nel modo più chiaro e sintetico possibile.
Come tutti sanno, la funzione analitica consiste nell'aiutare le persone a chiarire le proprie emozioni, i propri sentimenti e a disvelare ed elaborare quei conflitti interiori responsabili di una parte così significativa della nostra umana infelicità.
In qualche modo, ai tempi di Freud la cosa era più semplice: i ruoli erano chiari, le gerarchie non si discutevano, i padri erano chiaramente padri e le madri fortemente madri, la cultura era una cosa seria e la religione, condivisa o meno che fosse, aveva una funzione di organizzazione sociale potente e definita.
Una società di certo profondamente imperfetta, ma se non altro strutturata e strutturante, talchè, quando l'analista ed il suo paziente puntavano la loro attenzione su un'emozione o su un conflitto, era chiaro ad ambedue di cosa si stesse parlando. L'attività analitica trovava un solido riferimento nella cultura e nella sociologia del tempo, e su queste poteva lavorare dando per scontati alcuni aspetti di fondo chiaramente condivisi.
Cosa cambia in una società liquida dove le verità, se ce ne sono, sono sempre dati relativi, dove i ruoli sono confusi, dove il desiderio tende a prevalere sulla realtà possibile nei miti del consumo e nell'assenza di solide linee guida condivise?
Io credo che questo sia il vero problema con cui la psicoanalisi del terzo millennio deve necessariamente confrontarsi, ed anche una delle sue più gravi difficoltà.
Noi lavoriamo sulle emozioni: ma come affrontarle, se ognuno si sente libero di interpretarle a modo suo? Lavoriamo sulle relazioni: ma come gestirle, in un'epoca in cui sono affidate solo alla libera mutevolezza dei desideri? Ancora, lavoriamo sui sentimenti: ma come riconoscerli ed interpretarli, quando in realtà un'educazione ai sentimenti è praticamente assente, e ci vogliono il sociologo ed il filosofo per denunciarlo?
Sintetizziamo: la psicoanalisi deve anch'essa confrontarsi con la confusione ed il relativismo scettico imperanti, e rischia di diventare un'operazione ancora più elitaria ed esoterica di quanto già non sia. Ciò che ha detto Freud, con buona pace dei suoi soliti detrattori (spesso dalle idee molto confuse) in sé è vero; ma quello che è cambiato è la realtà cui si rivolge, e il rischio che corriamo è quello di non poter più utilizzare uno strumento prezioso e potentissimo per la mancanza di persone cui proporlo.
Per la mia generazione, si tratta in fondo solo di resistere un'altra decina di anni, perché esistono ancora persone consapevoli della propria sofferenza. Ma confesso che non vorrei vestire i panni dello psicologo, e men che meno dello psicoanalista in un futuro un po’ più lontano, quando, come confesso di temere, quel po’ di amore per l'umano che ancora resta sarà del tutto consumato in nome del profitto.
Articolo a cura del Dottor Claudio Nudi